)*(Stazione Celeste)
Se vuoi lanciare
petali di rose sulla gente, non puoi farlo dalla strada; bisogna salire ad un
piano di un palazzo ed affacciarsi da una finestra; che sia un piano non molto
in alto o che sia l’ultimo, ha la sua importanza: dall’attico puoi comprendere
nel tuo lancio un maggior numero di persone, dal primo piano i "bersagli"
dei tuoi lanci saranno in numero minore.
Comunque, non stare a dar retta ai commenti di quelli che riceveranno su di
loro i tuoi fiori: sono posati coi piedi sulla terra e la maggior parte di essi,
camminando, rivolge lo sguardo al marciapiede o dritto davanti a sé;
quindi, poco può vedere e capire ciò che c’è più
su, ai vari piani del palazzo. Meno che mai penseranno che la malta che unisce
i mattoni della costruzione è stata impastata con le lacrime di tanti
esseri.
Ma tu, per contro, ricordati che, se sei entrato nel palazzo, non è stato
per tuo esclusivo merito, ma sei stato portato per mano.
A parte questo richiamo all’umiltà, ciò che mi preme dirti oggi
è di non ascoltare le parole della gente sulla strada, ma solo ciò
che viene detto all’interno della casa.
Forse qualcuno ti inviterà a scendere, ma non farti venire dubbi: devi
osservare la terra, devi lanciare su di essa i tuoi pensieri con lo scopo di
renderla più bella, colorata e profumata.
I fiori della tua pianta non crescono sull’asfalto, ma sul terrazzo del tuo
appartamento.
Lavorerai per la terra, osserverai la terra e l’amerai, ma non dovrai più
sentirne il richiamo: le luci, le vetrine, le insegne non possono più
avere importanza per te perché sai, ormai, che sono solo illusioni, richiami
per le allodole e che, dietro il richiamo, c’è il pericolo del cacciatore.
Non rinuncia, non timore, non disprezzo, ma amore per qualcosa che è
stato tuo, ma che ora non ti appartiene più, non fa più per te.
Proprio per questo tuo distacco, puoi osservare con maggiore lucidità
la terra ed agire serenamente.
Scegli i fiori più belli e non temere: non finiranno mai perché
vengono da un terreno inesauribile: il tuo cuore. Vengono da me.