Ogni anno
la terra trema sul nostro pianeta circa 600.000 volte per cui si può capire
facilmente che il nostro è un pianeta vivo, con una dinamica geologica in
evoluzione.
Il terremoto da sempre nella memoria dell’Uomo è come un mostro che
compare all’improvviso per portarsi via non sappiamo quante vite umane
innocenti, perché di fronte alla catastrofica manifestazione delle forze
della Natura gli uomini sono davvero tutti uguali.
La sensazione che si prova da un po’ di tempo a questa parte è che si stia verificando, per cause sconosciute, un certo incremento dell’attività sismica su scala mondiale che coinvolge tutte le zone più a rischio ma anche zone che generalmente non sono colpite da terremoti da decine e centinaia di anni. Per poter affrontare questo delicato argomento cerchiamo di chiarire alcuni concetti fondamentali che ci permettano di comprendere la natura di un terremoto e la struttura della terra.
La struttura della Terra
Lo sviluppo delle scienze geologiche, da due secoli a questa parte, ha
permesso di comprendere quale sia la struttura geofisica del pianeta, anche
se occorre ancora fare molti passi in avanti prima di poter avere la
certezza di quale sia la struttura effettiva dell’interno della terra.
Infatti i metodi di scavo e trivellazione del suolo terrestre hanno permesso
di giungere ad una profondità di circa 20 km, ben poca cosa rispetto ai
circa 6.378 km del raggio terrestre.
Sono state comunque elaborate diverse teorie
e modelli geofisici della struttura interna del pianeta sviluppati sulla
base dei metodi di indagine fondati sullo studio delle onde sismiche. Tra
tutti i modelli realizzati quello prevalso prevede la struttura della terra
fondata su tre "strati" o settori:
Procedendo dall’interno della terra abbiamo il Nucleo, che è la parte più interna, con un raggio di circa 3.450 km; si suppone che sia costituito da leghe di ferro allo stato liquido o semiliquido con una temperatura compresa fra i 3.000 e i 6.000 °C. Si ritiene che il nucleo possa contenere un più piccolo nucleo solido.
Il secondo strato sarebbe rappresentato dal
Mantello, con un raggio di circa 2.900 km probabilmente composto da silicati
ricchi di ferro e magnesio. Dopo anni di studi gli scienziati sono giunti
alla conclusione che il Mantello sia allo stato solido anche se soggetto a
lente deformazioni dovute alle sue proprietà plastiche. Non essendo
uniforme è possibile distinguere una zona esterna, più rigida, una
intermedia, più plastica ed una interna più fluida.
Il terzo strato sarebbe formato dalla Crosta terrestre che ha uno spessore
compreso fra i 35 e i 50 km (da 5 a 8 km per la crosta oceanica). La crosta
terrestre poggia dunque sullo strato più esterno del Mantello che fino in
profondità appare rigido. L’insieme della crosta terrestre e dello strato
più rigido del Mantello viene chiamata Litosfera, mentre il resto del
Mantello viene definito Astenosfera.
La Litosfera secondo la teoria della tettonica a zolle è suddivisa in 6 zolle più grandi e da circa una decina di zolle più piccole che si muovono ad una velocità media di circa 1-10 cm l’anno (per esempio quella eurasiatica circa 10-13 cm l’anno).
Queste sono
costituite dalla crosta terrestre e da parte del Mantello, hanno forma
sferica ed una profondità di circa 100 km. Tutte le zolle sono in movimento
a causa dei moti convettivi esistenti all’interno del Mantello, che hanno
permesso anche di spiegare, oltre alla natura dei terremoti, anche il
meccanismo di evoluzione della crosta e dei fondali oceanici.
Che cos'è un terremoto
I terremoti sono definiti come movimenti rapidi della crosta terrestre
dovuti alla propagazione di onde sismiche che vengono generate
dall’improvvisa liberazione dell’energia meccanica accumulata nelle
rocce.
Il punto del sottosuolo in cui vengono
generate le onde sismiche viene definito ipocentro mentre la sua proiezione
sulla superficie terrestre viene definito epicentro.
Gli eventi sismici vengono classificati come
superficiali, intermedi o profondi a seconda della profondità
dell’ipocentro, variabile, generalmente tra pochi km fino a oltre 700 km.
Le onde sismiche generate dal terremoto sono
state distinte in Primarie,Secondarie e Superficiali.
Quelle Primarie (velocità di propagazione tra 5,5 e 13,6 km/s) e Secondarie
(tra 3,5 e 7,3 km/s) vengono prodotte dall’ipocentro, mentre quelle
Superficiali (3,5 km/s) si generano dall’epicentro.
Gli studiosi hanno scoperto che le onde
primarie e secondarie sono generatrici dei movimenti sussultori, mentre
quelle superficiali provocano i movimenti orizzontali o ondulatori.
Lo studio dei terremoti ha portato alla loro
classificazione in base all’intensità del fenomeno registrato e alla
quantità di energia liberata; si sono così definite delle scale di
misurazione di cui le più famose sono quella Mercalli, che esprime la
violenza apparente del terremoto e quella Richter, che esprime la quantità
di energia prodotta nel suo epicentro.
Quanto detto ci permette di comprendere quali siano i meccanismi geofisici
che stanno alla base, secondo le più consolidate tesi sulla geologia del
pianeta, dell’attività sismica.
Occorre riflettere su una serie di
considerazioni importanti che si possono fare e che possibilmente devono
essere sempre suffragate da prove sperimentali o quantomeno fondate su dati
reali di cui possiamo disporre.
Da alcuni anni si fa sempre più viva la
sensazione che l’attività sismica sia in aumento, sia in termini di
frequenza degli eventi sismici, sia in termini di energia prodotta, sia in
termini di localizzazione in luoghi non
classicamente colpiti da questa calamità.
Si può citare il fatto che nel 2002 e nel
2003 si sono verificati forti terremoti (di Magnitudo 4,8 Richter, le più
forti da oltre 10 anni) in paesi come la Gran Bretagna, che generalmente non
sono colpiti da sismi o che
comunque non sono ricordati per una forte attività sismica.
Il senso di smarrimento e di angoscia per le recenti tragedie che hanno
colpito molti popoli si somma a mille domande alle quali gli scienziati
stentano a fornire una risposta. Perché così tanti terremoti e con questa
sequenza spaventosa?
In passato si aveva notizia di terremoti
molto forti, devastanti, che provocavano anche migliaia di morti, ma a
distanza di molti anni l’uno dall’altro. Adesso abbiamo una sequenza che
sembra aver subito un’accelerazione dall’agosto del 1999, quando si
verificò il terremoto di Izmit in Turchia che provocò la morte di oltre
17.000 persone.
In sequenza si verificarono, in settembre,
quello in Grecia (141 morti) e quello di Taiwan (oltre 2.500 morti), ancora
in Messico a settembre (35 morti), ancora in Turchia in novembre (894
morti), poi ancora in Algeria in dicembre (24 morti); nel 2000 l’anno
iniziò con un forte terremoto che in gennaio devastò oltre 3600 abitazioni
nella regione dello Yunnan in Cina (7 morti). A marzo una forte attività
sismica nella zona del vulcano Usu in Giappone obbligò le autorità ad
evacuare oltre 15.000 persone per i rischi connessi all’eruzione dello
stesso.
Anche in Italia non si scherza perché il 1° aprile del 2000 un forte
terremoto nella zona dei Monti Tiburtini comportò lo sfollamento di 600
persone con danni alle case (chi sa che fine ha fatto quella gente, i media
tendono a dimenticare facilmente).
Il 4 maggio, giorno antecedente alla famosa
congiunzione di cinque pianeti attesa da 6.000 anni, si verificò un forte
terremoto nella provincia del Banggai, in Indonesia, che provocò la morte
di 46 persone e la distruzione
del 95% dei villaggi costieri della zona. Poi ancora il 4 giugno un forte
terremoto al largo delle coste di Sumatra (Indonesia) provocò la morte di
103 persone.
Negli stessi
giorni di giugno 2000 la terra tremò ancora a Taiwan (2 morti e 36 feriti),
a Kankiri in Turchia, in tutto il nord Italia (Magnitudo 4,7 con danni nella
zona di Reggio Emilia), mentre in luglio un forte terremoto uccise 7 persone
in Nicaragua; nello stesso mese la terra tornò a tremare in Giappone (400
sfollati per danni materiali) dove la terra
tremò ancora il 6 ottobre proprio mentre si teneva il Gran Premio di
Formula 1. Alla fine di novembre un sisma di magnitudo 6,0 Richter colpì
l’Azerbaijan con oltre 30 morti e centinaia di feriti. Così pure in
dicembre il Turkmenistan fu colpito da un terremoto di Magnitudo 7,2 che
provocò 11 morti.
Il 2001 iniziò subito tragicamente con il terremoto che colpì El Salvador
il 13 gennaio provocando 2.800 morti e oltre 5.000 feriti. Il 26 gennaio un
terremoto catastrofico si abbatté sulla zona di Bhuj in India provocando la
morte di oltre 30.000 persone e la distruzione totale dei villaggi della
zona, con oltre 200.000 feriti. La terra tornò a tremare in El Salvador il
13 febbraio provocando la morte di oltre 300 persone, mentre risultarono
disperse oltre 3.000 persone. A fine febbraio la terra tremò a Seattle
negli Usa provocando un morto e danni alle strutture per 1 miliardo di
dollari.
Altri terremoti forti fra febbraio e maggio
si verificarono in Indonesia, Afghanistan e in Asia centrale, mentre in
giugno un terremoto di Magnitudo 8,4 Richter colpì il Perù provocando la
morte di oltre 100 persone e il ferimento di 2.700 persone danneggiando
oltre 17.000 edifici. Tale sisma, uno dei più forti da un secolo a questa
parte, fu registrato perfino dall’Istituto delle Scienze della Terra di
Strasburgo, mentre negli stessi giorni venivano evacuate oltre 10.000
persone nelle Filippine a causa dell’eruzione del vulcano Mayon.
In luglio
riprese l’attività sismica ed eruttiva dell’ Etna e proprio in quei
giorni la terra tremò nel nord Italia provocando la morte di 4 persone. Da
più parti si fece l’ipotesi che vi fosse una relazione tra l’attività
eruttiva dell’Etna ed i terremoti che colpirono l’Italia in quel
periodo, cosa che fu categoricamente smentita dagli studiosi
che si affrettarono a tranquillizzare l’opinione pubblica sulla non
esistenza di un rapporto di causa-effetto tra tali eventi calamitosi.
All’inizio di agosto un forte terremoto nell’isola di Nias, Indonesia,
provocò una frana che uccise 62 persone. Verso la fine del 2001 si
verificarono altri terremoti di Magnitudo superiore a 6,5-7 Richter in
Giappone,
Indonesia, Papua Nuova Guinea senza provocare morti.
Questa sequenza di morte è continuata anche nel 2002 che iniziò con un
forte terremoto a gennaio nel Tajikistan provocando la morte di 3 persone e
il ferimento di oltre 50 persone. A metà gennaio vi fu un forte terremoto
che colpì la zona del lago Tanganica con l’eruzione del vulcano Nyragongo
che provocò la morte di 47 persone e la distruzione totale di alcuni
villaggi della zona epicentrale. Testimoni, tra cui anche missionari
cattolici residenti in Congo, dissero di aver visto colate di fango spazzare
via interi villaggi e le persone scappare in mezzo alla melma. All’inizio
di febbraio un nuovo terremoto colpì la zona di Isparta in Turchia
uccidendo 45 persone e ferendone centinaia.
All’inizio di marzo 2002 l’Afghanistan fu colpito da un sisma di
Magnitudo 7,4 nella zona della catena dell’Hindu Kush, con la morte di 150
persone e un bilancio di alcune decine di feriti. Neanche il tempo di
contare i morti di
quest’ultima catastrofe che il 25 marzo la terra tremò di nuovo sempre in
Afghanistan, provocando oltre 1.000 morti e 3.000 feriti, e un bilancio di
10.000 persone senza tetto.
Qualche
giorno dopo la terra tremò, Magnitudo 7,1 a Taiwan provocando la morte di
circa una ventina di persone e
danneggiando gli edifici. Appena il tempo di piangere i morti del terremoto
in Afghanistan e in aprile la terra tremò ancora nella zona di Kunduz,
catena dell’Hindukush, con 50 morti e 200 feriti.
In aprile la terra trema anche nel New England, negli Usa, e nell’isola di
Guam, a circa 5000 km dalle Hawaii, danneggiando le infrastrutture. In
giugno un forte terremoto colpisce la zona di Qazvin, nell’Iran
settentrionale, provocando 261 morti e 1.300 feriti, con danni ingenti; il
31 luglio la terra trema in Costa Rica, provocando decine di feriti e crolli
di edifici.
Il terremoto
colpisce anche la città di Palermo il 6 settembre, con epicentro in mare,
provocando 3 morti e danni agli edifici; inizia una sequenza sismica che
durerà alcune settimane. A settembre un forte terremoto, di Magnitudo 7,6
Richter, colpisce Papua Nuova Guinea provocando 3 morti e danni ingenti. Il
31 ottobre un violento sisma di Magnitudo 5,9
colpisce la zona di San Giuliano di Puglia in provincia di Campobasso
facendo crollare parti di una scuola elementare mentre i bambini erano in
classe. In tutto 29 vittime. Le indagini aperte dalla magistratura hanno
accertato che una parte dei locali forse non era a norma di legge ma la
verità forse non la sapremo mai.
In novembre la terra trema in Indonesia, provocando un maremoto che si
abbatte sulle coste provocando 35 feriti. Negli stessi giorni la terra trema
in Pakistan provocando 8 morti.
Infine il 2003 si è aperto con un forte
terremoto nella zona di Shiraz, in Iran, provocando decine di feriti e danni
agli edifici. Il 21 e 22 gennaio la terra trema in Guatemala e Messico
causando oltre 30 morti e centinaia di feriti. In febbraio la terra trema
nella zona dello Xinjang in Cina causando 263 morti e oltre 4.000 feriti. Il
1° maggio altro terremoto nella Turchia orientale, di magnitudo 6,4 causa
200 morti e migliaia di feriti. La sera del 21 maggio la terra trema in
Algeria, con epicentro in mare a 7 km da Boumerdes, causando 2.000 morti e
migliaia di feriti. Come conseguenza un’ onda anomala ha colpito le coste
spagnole e le isole Baleari.
In giugno un forte terremoto, magnitudo 7,1 colpisce una zona per fortuna disabitata della foresta dell’Amazzonia in Brasile. Il 25 settembre terremoto di magnitudo 8,3 nell’isola di Hokkaido in Giappone con oltre 100 feriti. Due giorni più tardi la terra trema nella Russia orientale provocando danni ingenti e obbligando le autorità a evacuare dei villaggi. Ancora in Cina la terra trema due volte in ottobre provocando una ventina di vittime e danni ingenti. Ancora fortissimi terremoti si verificano in questo periodo e fino a novembre in Giappone, in Asia centrale e in Alaska.
Il 2003 si conclude con una sequenza impressionante di eventi sismici in dicembre che colpiscono l’America centrale, 3 morti e centinaia di feriti, a cui fa seguito lo spaventoso terremoto del 26 dicembre di magnitudo 6,7 che ha colpito la città e l’antico sito di Bam, in Iran, provocando la morte accertata di 30.000 persone e oltre 50.000 feriti.
Quest’ultimo
spaventoso sisma ha distrutto l’antico sito archeologico di Bam che
resisteva da duemila anni. Ancora il bilancio ufficiale non è stato fornito
ma si parla di oltre 50.000 morti. Nei giorni successivi un’altra
incredibile sequenza di terremoti di magnitudo superiore a 6-7° Richter
colpisce la zona delle isole Loyalty.
Vedremo quello che accadrà nel 2004; per ora possiamo dire che il bilancio
degli ultimi 5 anni (1999-2003) è spaventoso; fra morti e dispersi vi sono
oltre 112.000 vittime in tutto il mondo con danni economici per oltre 10
miliardi di dollari.
Queste sono
le cifre nude e crude su cui occorre riflettere attentamente per capire
l’entità del fenomeno che abbiamo
davanti.
Da parte loro gli scienziati cosa rispondono?
Gli studiosi che non si riconoscono in tesi catastrofiste tendono a tranquillizzare l’opinione pubblica affermando che si tratta di fenomeni normali legati all’attività sismica delle zone classiche del pianeta, tra cui la "Cintura di fuoco" del Pacifico e tutti i terremoti avvengono in prossimità delle zone di scorrimento delle zolle e dove sono attive delle faglie.
Alcuni eminenti studiosi italiani, che
ricoprono cariche importanti, hanno affermato nel 1999 che ogni anno si
verificano circa una dozzina di eventi sismici di magnitudo superiore a 7°
Richter; successivamente hanno corretto
il tiro affermando che ogni anno vi sono circa una ventina di terremoti di
magnitudo superiore a 7, quindi la stima è al rialzo.
Gli scienziati che devono fornire delle risposte ad un’opinione pubblica
sempre più preoccupata hanno affermato che l’attività sismica è stata
sempre la stessa negli ultimi anni, ma la sensazione è che vi siano più
terremoti perché il progresso dei mezzi di comunicazione di massa ha
permesso di avere notizie in tempo reale da tutto il mondo. Ci meravigliamo
che persone di così grande intelligenza si perdano dietro a ragionamenti di
siffatta portata.
Se è vero che lo sviluppo tecnologico ci ha
permesso di avere notizie in tempo reale da tutto il mondo, è pur vero che
lo stato della tecnologia ci permetteva di avere notizie dal mondo in poco
tempo anche nel 1920 o nel
1930.
Con l’invenzione delle telescriventi svariate notizie di cronaca dall’Australia come dal Giappone o dall’America latina facevano il giro del mondo in pochi giorni, per cui un disastro naturale era alla portata di tutti i giornalisti di ogni brava redazione che si rispettasse.
Altra argomentazione usata dagli studiosi è
che per coincidenza questi eventi sismici hanno colpito zone densamente
popolate, causando le vittime di cui abbiamo dato le cifre più sopra. Anche
questo è vero solo in parte, poiché alcuni sismi come quello che ha
colpito l’Alaska nel novembre del 2002 con magnitudo 7,9 e altri ancora di
magnitudo elevata sono avvenuti in zone non abitate, perché altrimenti
avremmo contato non centomila vittime ma oltre mezzo milione, e questo
semmai accresce l’allarme per il futuro.
Ciò che spaventa, e che gli studiosi non
sono in grado di spiegare, è l’incremento della frequenza degli eventi
sismici e l’incremento di quelli di magnitudo elevata. Se andiamo a
guardare i dati storici in possesso degli archivi degli istituti di
geofisica come quello degli USA e registrati nei bollettini sismici, è
possibile notare un incremento sicuro dell’attività sismica almeno dal
1994.
Compito degli scienziati sarebbe quello di studiare il fenomeno e fare delle
previsioni per il futuro, possibilmente attendibili, ma qui si vogliono
chiudere gli occhi di fronte alla realtà di un fenomeno in evoluzione. Da
un lato abbiamo gli scienziati meramente attualisti, per i quali tutti i
cambiamenti sono avvenuti nel corso di milioni di anni e quindi non c’è
niente di cui preoccuparsi, mentre dall’altro abbiamo i catastrofisti che
espongono in modo agguerrito le loro ragioni, legate al verificarsi di
eventi improvvisi come terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni,
inondazioni che possono alterare la vita sulla terra e portare alla fine
della civiltà.
Per il bene comune dell’umanità sarebbe
bello che tutte le intelligenze si unissero per risolvere i problemi di
diversa natura che attanagliano l’uomo di fronte all’incognita del
disastro naturale.
Che cosa ci nasconde il silenzio degli
scienziati?
Per capire l’entità del fenomeno che
abbiamo davanti occorre fare una serie di brevi considerazioni che saranno
utili per poter fornire un giudizio sul modo in cui sia stata affrontata la
questione da un punto di vista scientifico.
Quando il 17 agosto 1999 si verificò il terremoto di Izmit in Turchia, la
notizia fece il giro del mondo colpendo l’opinione pubblica per il numero
dei morti, ma pochi fecero attenzione al fatto che tale evento determinò la
frattura della faglia che attraversa l’Anatolia nord-occidentale;
l’effetto fu quello di provocare lo "scivolamento" delle coste
della Turchia di 2 metri in direzione della Grecia (dico 2 metri non 2
centimetri).
Inoltre alcuni villaggi della zona furono invasi dalle acque e i rilievi circostanti alla zona dell’epicentro si alzarono di 50 cm; uno scenario apocalittico.
Analogamente si può dire che il terremoto
che colpì il Perù nel giugno del 2001 provocò un innalzamento del livello
delle acque di circa 2 metri nella zona di Hilo.
Il terremoto di 7,9° Richter che colpì
l’Alaska il 3 novembre 2002 provocò la rottura della faglia Denali, per
circa 300 km, una faglia trascorrente destra lunga circa 700 km in tutto. Ciò
che impressiona è che tale rottura determinò uno spostamento superficiale
dei due lati della faglia di circa 10-15 metri.
Il terremoto di Bhuj in India del 26 gennaio
2001 provocò nella zona desertica a nord dell’epicentro il fenomeno della
liquefazione che fece tornare in superficie falde acquifere o corsi
d’acqua sommersi da molti anni. Fenomeni analoghi possono essersi
verificati anche negli altri casi.
Qual è la forza scatenante di questi fenomeni?
Abbiamo visto che lo spostamento delle zolle
in cui è divisa la litosfera determina l’accumulo di energia nelle rocce
presenti nella crosta terrestre, energia che quando raggiunge un punto di
rottura viene liberata sotto forma
di onde sismiche.
Ma perché questo fenomeno sembra in aumento?
È questo che gli scienziati debbono cercare di chiarire, così come sono da chiarire molti aspetti delle teorie attualiste che sono completamente disattese dai dati che sono a nostra disposizione.
La civiltà umana è sopravvissuta abbastanza
a lungo per arrivare a capire che le teorie puramente attualiste non sono
soddisfacenti per spiegare l’evoluzione della storia geologica del
pianeta.
Vi possono essere improvvisi fenomeni disastrosi che modificano letteralmente il paesaggio determinando quella rimodellazione che fino a qualche tempo fa sarebbe stata impensabile agli occhi degli studiosi di queste discipline.
Quanto detto valga per una riflessione
attenta sul fenomeno che abbiamo di fronte e sul giudizio che si può
fornire sulla validità dei metodi scientifici adottati per capire
l’evoluzione futura.
Recenti scoperte relative alla concentrazione di gas e sulla conduttività
elettrica delle acque delle zone epicentrali prima del verificarsi
dell’evento sismico, hanno riacceso la speranza di poter prevedere i
terremoti, anche se attualmente lo studio di previsione si fonda
sull’analisi storica dei dati disponibili e sulle previsioni relative
all’accumulo medio di energia che possa scatenare l’attività sismica.
Se per esempio si valuta che occorrano circa
30 anni per accumulare l’energia che scatena il sisma nella zona
interessata, allora a parità di altre condizioni si prevede che nei
prossimi 30 anni si verifichi un terremoto di quella intensità e magnitudo
prevista. Ma purtroppo questa previsione non dice quando ciò avverrà.
Questo è esattamente ciò che hanno
fatto gli scienziati per il famoso Big One che dovrebbe radere al suolo
diverse zone della California nei prossimi 20 anni.
Allo stesso modo nell’ottobre del 2001 la Commissione Grandi Rischi del
governo giapponese si è riunita per stabilire il piano di emergenza per i
terremoti dei prossimi 30 anni. Da questo rapporto si deduce che nei
prossimi 20-30 anni i sismologi giapponesi si aspettano di vedere un
incremento dell’attività sismica nelle zone costiere sia occidentali che
orientali con eventi di magnitudo superiore a 8° Richter con effetti
devastanti per eventi sismici con epicentro nell’oceano pacifico.
Si dimostra così come gli scienziati giapponesi abbiano fiutato qualcosa. Ma che cosa? Di quali informazioni dispongono gli scienziati, al punto da essere allarmati dall’attività sismica prossima futura e tali da dover essere tenute riservate e non di dominio pubblico?
Il sospetto fondato che si può esprimere è
che il nostro pianeta, in un futuro prossimo, possa andare incontro a grandi
cambiamenti che riguardano non solo il clima e gli oceani ma anche la
struttura del suo campo magnetico, con effetti che non sono noti e nemmeno
facilmente prevedibili.
Per avere un’idea dei grandi cambiamenti
che ci attendono basta pensare che l’analisi chimica dei campioni di magma
emessi dall’ultima eruzione dell’ Etna del 2001 ha dimostrato la
presenza di un minerale che non era presente
sulla superficie terrestre da oltre 15.000 anni.
Torneremo su queste argomentazioni con un
altro articolo; per ora possiamo dire che gli echi di antiche profezie sulla
fine del mondo tornano a farsi sentire in questo periodo a cavallo tra i due
millenni facendo rivivere nella memoria dell’Uomo antiche paure che sono
già state vissute, ma che possono avere anche un fondamento, poiché la
memoria storica dell’umanità è fondata su fatti reali che nel corso di
migliaia di anni possono diventare mito o leggenda.