E se
improvvisamente smettessimo di lavorare?
di Davide Ragozzini
Questo tempo è
il tempo che impone cambiamenti radicali del pensiero, del
costume, delle abitudini. Impone lo sviluppo di capacità che
ci consentano di avere una visione allargata, quanto meno in
termini di possibilità, dell’universo e della sua
multidimensionalità, delle nostre latenti capacità
intellettive e spirituali. È il tempo che impone una
rivisitazione degli schemi sociali, economici ma soprattutto
è il tempo in cui urge la nascita di una potente pretesa
della nostra libertà.
L’evoluzione, nella sua manifestazione, contraddistingue un
individuo (o un piccolo numero) dalla moltitudine.
Non è mai il contrario. Tutte le volte che accade, questo
individuo è costretto a lottare con le idee e il costume
diffuso e la moltitudine pretende da lui che si conformi e
che soprattutto non comprometta, con le sue azioni o
propagande, le loro”verità “ sulle quali arroccano le loro
false certezze e le loro “comodità”, fatte spesso di
ingiustizie. Ma in lui fermenta e si agita una forza oscura
che lo spinge inesorabilmente in avanti, talora procurandosi
terribili sofferenze ma alla fine accade qualcosa che sembra
sospinto da una forza soprannaturale: l’individuo riesce in
qualche modo a stimolare l’attenzione della massa che
lentamente passa da un torpore caratterizzato da scetticismo
e incredulità, divenendo infine capace di innalzare la
percezione necessaria a comprendere e ad accogliere la nuova
visione.
Il folle, l’eretico, l’anticonformista, il ribelle e il
rivoluzionario, improvvisamente viene considerato un eroe,
un apripista, molto spesso solo dopo la sua morte. La storia
è zeppa di simili esempi ma, nonostante questo, mi chiedo
come faccia ancora la moltitudine a non ascoltare, quanto
meno, chi canta fuori dal coro.
Da qualche tempo si sta facendo strada un pensiero che
insinua un contenuto che è lungi dall’essere anche solo
avvicinato dalle masse. Soprattutto, incredibilmente, fa
fatica tra quelli che più di tutti soffrono l’oggetto in
questione. Il lavoro.
In Italia, credo, il più grande esponente di tale pensiero
sia
Silvano Agosti con la sua teoria delle “3 ore
lavorative” e il suo libro: “Lettere dalla Kirghisia”.
Qui suggerisco un mio punto di vista e un’analisi di questa
realtà:
Se improvvisamente smettessimo di lavorare, cosa accadrebbe?
il lavoro è diviso in due grandi parti:
nella prima vengono prodotti beni e servizi utili
nella seconda vengono prodotti beni e servizi inutili.
Nella prima annoveriamo cibo, vestiti, abitazioni, utensili
ecc. però dobbiamo specificare che non tutto ciò che è cibo,
vestiti, abitazioni e utensili, è veramente utile. Molto fra
queste cose è concepito in modo e in numero che diventa
superfluo.
Beni e servizi inutili sono tutto il resto.
Certo che per arrivare a fare questa distinzione a livello
unanime, in tutto il pianeta, è necessario che l’intera
coscienza collettiva si innalzi al punto da capire davvero,
nel suo profondo, il valore
spirituale ed esoterico della materia.
È chiaro che ad una umanità così evoluta nascerebbero
bisogni e desideri che prima, quando era meno evoluta, non
sentiva o fingeva di non sentire o peggio ancora li
classificava secondari o poco importanti.
Questi valori sono: la solidarietà, lo scambio, la
condivisione, lo stare insieme, imparare, costruire,
scoprire, inventare, creare, giocare e fare l’amore. Tutto
nel rispetto della natura, di sé e degli altri.
All’interno di una coscienza simile, molti dei beni
materiali che oggi consideriamo utili e indispensabili,
automaticamente diventerebbero inutili, superflui e
addirittura potremmo accorgerci che potrebbero essere
dannosi, perché per produrli si inquina e si toglie tempo,
energie e risorse sia a chi materialmente li produce che al
pianeta stesso.
Quindi, supponiamo che a lavorare siano 3 miliardi di
persone e che di queste soltanto 1 milione al mondo sia
impegnato nella produzione di beni e servizi veramente
utili.
A smettere di lavorare, ovviamente, non dovrebbero essere
questi ultimi ma la moltitudine impegnata alla produzione di
beni e servizi inutili e dannosi.
Se allo stato attuale, questo milione di persone, impiega 8
ore al giorno per produrre ciò che è davvero necessario
all’umanità intera (in una visione molto più spirituale)
quando e se la moltitudine di lavoratori smettesse di
lavorare, potrebbe affiancare e aiutare il primo milione
ottenendo il fantastico risultato che ogni individuo
potrebbe lavorare un’ora sola alla settimana e non si
intaccherebbe la produzione del fabbisogno mondiale. (non ho
fatto calcoli, i parametri potrebbero essere sproporzionati
anche perché la visione è ovviamente molto semplificata:
quello che conta è il concetto).
È chiaro che a tutto questo discorso si affiancano
inevitabilmente altri argomenti come l’etica, l’ecologia,
l’evoluzione intesa in termini spirituali, la pace, l’amore
incondizionato per la terra e gli animali, la capacita e lo
sforzo di dissolvere l’ego e la competizione, limacciose
fermentazione nelle quali germina l’odio, l’intolleranza e
infine la guerra.
Spesso, a chi rivolgo questi pensieri, si insinua la paura
di una vita priva di tecnologia perché probabilmente è
facile per loro associare una visione così semplice del
mondo al ricordo arcaico dello stile di vita nei secoli
passati fatto di candele, acqua ghiacciata per lavarsi e
carri trainati da animali e quindi ristrettezze, limitazioni
e sofferenze.
Ma voglio ricordare a tutti quanti che verso la fine del
1800, un certo
Nikola Tesla scoprì un modo per produrre
energia elettrica pulita ed illimitata dal…nulla o vuoto.
(che poi sembra appunto che proprio “vuoto” non sia.) Certo,
i suoi studi e i suoi lavori sono stati ripresi con fatiche
e scarsissimi mezzi da altri scienziati in seguito e, ad
oggi, sembra che la tecnica sia ampiamente disponibile, ma
allora perché, vi chiederete voi, continuiamo ad usare il
petrolio, a pagarlo caro e soprattutto ad inquinare e forse
ancora di più continuiamo a sopportare l’odiosa presenza
della guerra che è strettamente legata al petrolio?
Semplicemente perché chi detiene il potere ha tutto
l’interesse ad occultare il più possibile tali tecnologie
per poter continuare a sfruttare l’umanità, come? aprire
fabbriche, produrre prodotti inutili e rivenderceli.
Ma un’umanità LIBERA ha tutte le possibilità di rendersi
ancora più libera anche dalle fatiche potendo usare energia
pulita e tecnologia quando questa migliora la vita senza
inquinare. Approverebbe anche una tecnologia utile a
permettere agli individui di viaggiare.
Se solo fossimo tanto coraggiosi da pretenderla dai nostri
governanti e pretendere che lascino liberi e che vengano
peraltro finanziati quegli scienziati, ispirati ed
illuminati, che sono pronti a varcare i confini delle
utopie.
Chissà quali sorprese ci riserverebbe una realtà simile.
Come anticipato da messaggi canalizzati, un’umanità così
liberata, avrebbe tempo per continuare ad evolvere
spiritualmente, attraverso un’introspezione che porterebbe a
sviluppare tecniche come l’intuizione e la telepatia (dal
film “Il pianeta verde”).
Un altro punto importante da sviluppare è la possibilità che
verrebbe data ad ogni individuo di esprimere totalmente e
profondamente le sue naturali capacità e talenti. Come
taluni fortunati ragazzini che, privi di forti influenze
esterne, che sovente hanno la pretesa di educare e
instradare il giovane ad un modello considerato sano e
giusto dalla società, si ritrovano così liberi di esercitare
la loro intelligenza e capacità in qualche campo della
scienza o della tecnologia e diventano già da giovanissimi
molto competenti se non addirittura capaci di apportare
innovazioni e scoperte al punto da permettere un balzo in
avanti alla scienza stessa.
Questi ragazzini devono farci da esempio, non sono solo dei
geni, ma dobbiamo felicemente accettare che ognuno di noi ha
le stesse possibilità, quanto meno di divenire altamente
competente in quegli ambiti nei quali la natura ci farebbe
scoprire profondamente inclini.
Quando proviamo un immenso piacere in quello che facciamo,
quando anche a beneficiarne sia la collettività, non abbiamo
bisogno di essere pagati con il denaro per farlo. Lo faremmo
gratuitamente. Il problema del denaro è una condizione che
tristemente affianca la dimensione delle espressioni umane
ma la relazione tra le due realtà è oltremodo sorpassabile e
dissolvibile. Tanto più se la nostra sopravvivenza e
sostentamento non sono legate alla nostra produttività ma
ritorna ad essere un diritto sacrosanto di ogni individuo,
indipendentemente dal ruolo che riveste nella collettività.
In un mondo così delineato, il denaro sarebbe
vittoriosamente e felicemente sorpassato.
In quel mondo, ad ogni bambino che nasce, si potrebbe dire:
“Non ti dovrai mai preoccupare di nulla. La nostra civiltà
prospera, è ricca e ovunque c’è abbondanza. Tu sarai amato,
rispettato e aiutato da tutti e non ti mancherà mai il
sostentamento. Come tutti noi anche tu hai dei talenti che
sono per te fonte di grande piacere e per la collettività
una grande ricchezza. Prenditi tutto il tempo necessario per
cercarli e svilupparli, affinché presto anche tu possa avere
la gioia di cooperare e condividere con noi la nostra
meravigliosa esistenza.
Hai a disposizione i migliori maestri e tutta la sapienza
delle nostre biblioteche. Va e sperimenta te stesso.”
Credete che questo bimbo possa crescere con dei traumi che
molto presto riverserebbe nella società sotto forma di
arroganza, aggressività e violenza?
NO!!!
Questo bimbo sperimenterebbe da subito gioia, felicità e
soprattutto fiducia nei suoi simili e in se stesso. Tutte le
sue azioni sarebbero tradotte nella pura energia
dell’amore.
Dunque, smettere di lavorare, tutti e tutti nello stesso
momento, rappresenterebbe di fatto la prima vera rivoluzione
pacifica nella storia dell’umanità. La terra (humus) non
bisogno di soldi per dare i suoi frutti. La terra ha bisogno
di acqua, sole e una vanga di buona volontà. Smettere di
lavorare segnerebbe senza dubbio la caduta del sistema
finanziario, ma la terra i suoi frutti li darebbe
indipendentemente dalla presenza o meno dell’economia e i
cervelli si esprimerebbero ugualmente e più liberamente. La
parola “lavoro” verrebbe definitivamente sostituita con:
“cooperazione”.
La differenza la faremo quando capiremo che un’utopia è
l’unica strada possibile.
Davide
Ragozzini
Davide Ragozzini
Scrittore e poeta.
Tra il 2007
e il 2011 scrive una piccola raccolta di poesie,
brevissimi racconti inediti, e aforismi che
saranno raggruppati in un'unica raccolta.
Scaricabile gratuitamente
Qui.
Nel 2009 entra in contatto con
Cut-up Edizioni, nasce
quindi un progetto editoriale per una raccolta
di racconti dal titolo: “La
vita chiama a gran voce”
e l’incarico di creare e dirigere una collana di
letteratura erotica per la casa editrice.
Nel 2011 scrive: “La schiavitù nel
pregiudizio sul sesso”. Un saggio sulla
sessualità nel quale traccia un parallelo tra il
bisogno di abbattere i tabù e i pregiudizi che
ancora ingombrano le convinzioni, di conseguenza
i comportamenti, l’interazione tra gli individui
e tra il bisogno più che mai attuale di un
risveglio collettivo nei confronti del potere e
delle energie oscure che sovrastano e
controllano la volontà e la coscienza
collettiva, in una forte influenza spirituale ed
esoterica. Scaricabile gratuitamente
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