)*(Stazione Celeste)

 

www.enterprise.com

 

 

 

 

 

 

3 Giugno 2004

 

Un

 “The Day After Tomorrow”

Interplanetario?

2° Parte

Un Rapporto Iperdimensionale di Enterprise Mission

Richard C. Hoagland
David Wilcock

Copyright © 2004

 

Panoramica

I significativi, o meglio, senza precedenti cambiamenti climatici, che stanno attualmente allarmando milioni di persone sulla Terra, sono, alla fine, parte di una generale, misteriosa trasformazione che sta colpendo il Sole, un numero di altri pianeti e molti dei loro satelliti… in tutto il sistema solare.

 

Come notato nella 1° Parte, in questo Rapporto citeremo specifici documenti scientifici ricostruendo questi cambiamenti apparentemente sistematici che riguardano tutto il sistema, la cui evidenza deriva da fonti ufficiali pubblicate, compilate da ricercatori delle più importanti istituzioni, che ovviamente (dai commenti degli autori stessi) non hanno afferrato completamente la magnitudine (per non dire niente delle cause) di quanto stanno osservando…o del perché lo stiano osservando proprio adesso.

 

La “causa ed effetto” di queste notevoli trasformazioni planetarie, crediamo, si spiegano appellandoci ad una nuova forma di Fisica, non ancora abbracciata dalla gran parte della scienza ufficiale. Di fatto, questa è una “vecchia Fisica”, ancora una volta il pezzo centrale della realtà pre-quantistica del 19° secolo.

 

Questa descrizione “dimensionale/iperdimensionale superiore” non è solo un concetto astratto, realizzato da pochi matematici un centinaio di anni fa, ma è un serio nuovo modello quantificabile, che riguarda il vero regno delle energie che scorrono invisibili dentro e fuori della nostra realtà “tridimensionale”… letteralmente creando nel processo tutta la materia fisica… così come le sue osservate, tridimensionali, ed altamente complesse interazioni.

 

In aggiunta al suo fondamentale componente iperdimensionale, questa “nuova Fisica” è intimamente accoppiata ad un concetto modificato di “etere” spaziale. Questo “etere”, tuttavia, è distintamente diverso da un altro vecchio concetto del 19° secolo: un “etere elettromagnetico”, proposto poi come medium (analogo ad aria ed acqua) necessario per trasportare luci ritmiche e vibrazioni radio attraverso lo “spazio vuoto”. Questo “nuovo etere” inoltre non ha nessuna relazione con il termine attualmente popolare di “energia del punto zero”: l’attuale descrizione della meccanica quantica dei processi del vuoto proposta dai fisici ufficiali per generare materia ed energia dallo spazio vuoto.

 

Questo nuovo, modificato, “etere” è, di fatto, un “etere non elettromagnetico e privo di massa”: un medium di trasferimento senza carica che pervade tutto lo spazio, e che trasferisce “energia iperdimensionale” da dimensioni superiori, più complesse… nella “nostra”dimensione”.

 

Nel modello della Fisica Iperdimensionale proposta da uno di noi (Hoagland), è l’innata rotazione di massa in tre dimensioni (o, la rivoluzione gravitazionale di “una massa intorno ad un’altra massa, per mezzo dell’orbita”) che apre una letterale “crepa”, o “porta”, tra le dimensioni. “l’energia HD” [=Hyper-Dimensional, n.d.t.] scorre attraverso questa porta, modificando l’etere libero da massa in questa dimensione, creando una varietà di effetti fisici misurabili ed osservabili, compresa la ciclica comparsa di materia ed energia nella nostra dimensione. La quantità generale di energia “portata” in questa dimensione è direttamente proporzionale alla “quantità totale del momento angolare” dei sistemi rotatori o gravitazionali coinvolti…

 

In un sistema orbitale, questa quantità totale è anche “modulata”, dalle relazioni geometriche in costante cambiamento tra le varie masse nelle loro orbite; certi angoli “tetraedrici” (60° e 120°) consentono la massima trasmissione di energia tra le dimensioni; mentre altri angoli (90° e 180°) interferiscono con tale trasmissione e la restringono… Questi effetti geometrici sono dovuti agli inevitabili “effetti di risonanza e dissonanza” degli schemi d’interferenza d’onda nella sottostante “matrice” eterica.

 

L’analogia più semplice per il sistema solare potrebbe essere: “increspature multiple in uno stagno”, con le “increspature energetiche”, che si sovrappongono e che sono la vasta gamma di alterazioni di frequenze del sottostante etere privo di massa, causate dall’ingresso di energia iperdimensionale nella nostra dimensione attraverso il sole che ruota, le rotazioni e le orbite dei suoi pianeti… e le rotazioni e le orbite delle lune (vedere l’illustrazione qui di seguito).

 

In altre parole, l’intero “sistema solare” funziona come un vero, iperdimensionale, interconnesso, sistema risonante (o, a volte, dissonante)…

 

Gli effetti del drammatico cambiamento planetario di cui stiamo per rendere conto in questo Rapporto, crediamo, sono il risultato diretto (nel modello di Hoagland) di queste complesse rotazioni e delle orbite geometricamente variabili dei membri planetari attualmente conosciuti del sistema solare e dei loro quantificabili effetti sul sottostante schema di etere risonante… aumentato (in questo Modello) degli addizionali pianeti, non ancora scoperti, che influiscono, ma che stanno orbitando molto oltre i confini del sistema solare attualmente conosciuto…

 

Figura 1 – Sistema Solare iperdimensionalmente risonante (Hoagland)

 

Il lavoro di laboratorio di gran lunga più completo riguardo alle proprietà di questo sottostante, critico “trasferimento ID (IperDimensionale) di etere”, necessario nel modello di Hoagland per trasmettere l’informazione iperdimensionale nella nostra dimensione, è stato condotto dai dott. Paulo ed Alexandra Correa. Un’ampia panoramica delle loro documentate ricerche e sperimentazioni può essere consultata su aetherometry.com. Il dott. Eugene Malove, ex Scrittore Scientifico Capo del MIT, ed ex presidente della New Energy Foundation, nonché Editore Capo della sua rivista scientifica, Infinite Energy, la descrive così:

 

“Che cos’è l’Eterometria e come cominciare a comprenderla? Essa comprende lo studio e la misurazione dell’etere, non lo statico, elettromagnetico “etere luminifero” del 19° secolo, ma un dinamico etere non elettromagnetico che è soggetto a misurazione attraverso la deviazione di foglie di un elettroscopio, termometri al mercurio, tubi di Geiger-Muller, oscilloscopi, Tesla coils, gabbie di Faraday ed altri strumenti ed elementi di circuito comunemente disponibili. Ovviamente, chiunque creda a mente cieca nella relatività Einsteiniana, le teorie Generali o Speciali, troverà poche o nessuna ragione per indagare sull’Eterometria…”

 

Sebbene il lavoro dei Correa sia completamente separato dal nostro, entrambi gli autori credono fermamente che ci sia una relazione fondamentale tra l’“etere senza  massa” e le energie iperdimensionali ugualmente dimostrabili che esso sta trasferendo nel nostro spazio tridimensionale. Ulteriore lavoro sperimentale, comprese alcune uniche “misurazioni di etere ID” che la Enterprise Mission intende condurre durante il prossimo transito di Venere del Sole l’8 Giugno 2004, avanzerà sforzi per provare o negare definitivamente una relazione tanto critica.

 

Figura 2 – I nuovi esperimenti sull’ “etere senza massa” (Correa&Correa)

 

L’“opera magna” di Hoagland , I Monumenti di Marte: Una Città Al Confine Del Tempo (North Atlantic Books, Berkeley, 1987), ha proposto la prima riaffermazione del 20° secolo del vecchio Modello Eterico e Iperdimensionale del 19° secolo, accompagnato con la specifica scoperta delle caratteristiche iperdimensionali dei pianeti identificate tramite la contemporanea osservazione al telescopio e con le sonde. Hoagland ha mostrato che “campi d’energia risonante geometrica” interni a questi pianeti vicini influiscono direttamente sulle “caratteristiche atmosferiche” osservabili, nonché sulla localizzazione critica dei più importanti lineamenti della superficie, come la latitudine dei coni vulcanici più grandi.

 

Specificatamente, l’attenzione era sul semplice solido geometrico noto come “tetraedro”, un oggetto a quattro facce, avente un triangolo equilatero per ogni faccia. Come gli altri quattro “Solidi Platonici”, l’ottaedro, il cubo, il dodecaedro e l’icosadedro”, il tetraedro si inscrive perfettamente in una sfera. Se uno dei suoi vertici è allineato col polo nord di un pianeta sferico rotante, allora gli altri tre punti emergeranno tutti a 19,5° a sud dell’equatore. Similmente se un tetraedro è ipoteticamente posizionato all’interno con un vertice che punta verso il polo sud, gli altri tre vertici emergeranno a 19,5° a nord dell’equatore:

 

Figura 3 – Geometria tetraedrica dentro una sfera rotante (Hoagland)

 

Come spiegato in una serie di documenti sulla Fisica Iperdimensionale (www.enterprisemission.com) scritti da Hoagland ed altri, si è visto che su svariati pianeti molti fenomeni energetici planetari emergono direttamente a questa latitudine critica di 19,5°. Mondi gassosi rivelano unicamente a queste latitudini “fasci di nuvole” energetiche e giganteschi vortici spiraliformi agli esatti vertici della geometria tetraedrica, come il Grande Punto Rosso su Giove e il Grande Punto Oscuro di Nettuno. I pianeti solidi tendono a manifestare a queste latitudini le più grandi “attività di punti caldi e rilievi” vulcanici, come la Big Island delle Hawaii sulla Terra e il Monte Olimpo su Marte…

 

Figura 4 – “Schema energetico tetraedrico” risonante all’interno di Giove, che produce il Grande Punto Rosso (Hoagland)

 

In questo Rapporto, combineremo il Modello di Fisica Iperdimensionale di Richard C. Hoagland (pubblicato su http://www.enterprisemission.com/hyper1.html, in inglese), con il Modello della Convergenza di David Wilcock, espresso nel suo terzo libro, The Divine Cosmos, pubblicato su http://ascension2000.com/DivineCosmos (e tradotto su Stazione Celeste, The Divine Cosmos). Crediamo che questa sintesi possa spiegare nel modo più facile i “misteriosi” cambiamenti che stanno attualmente avvenendo nel sistema solare. Quando questo documento si riferisce al “Modello di Fisica Iperdimensionale”, in quella definizione si includono entrambe queste fonti. E’ fuori dagli scopi di questa presentazione identificare e provare esattamente tutti i postulati di questi due Modelli ID sovrapposti (o le loro singole variazioni), pertanto per una comprensione più completa del lavoro di entrambi gli autori si dovrebbero consultare i documenti sopra citati. Per coloro che tra i lettori di questo articolo tendono di più verso il non-tecnico, ecco un paio di analogie addizionali.

 

Il magnetismo non è un’energia direttamente visibile… ma noi sappiamo che c’è, per via dei sui effetti sulle altre cose. Con lo stesso metro, sotto la superficie di una quantità d’acqua non si può dire in quale direzione scorrano le correnti… tranne che osservando le cose fisiche che l’acqua sta spostando, come granelli di sabbia o foglie sommerse. Neanche l’energia Iperdimensionale è visibile, ma possiamo vederne gli effetti in tutto il sistema solare, come attraverso l’emersione di polvere anomala, gas e particelle ionizzate, nonché fenomeni geometrici inspiegabili in altro modo in certi sistemi fluidi (atmosferici planetari), che sembrano essere il risultato di correnti di pressione causate da vibrazioni risonanti in qualche “fluido” iperdimensionale/senza-massa. (Vedere "Matrix" è una Realtà di Wilcock su Stazione Celeste per una breve panoramica).

 

Quindi, avanti con i nostri esempi.

 

 

*     *     *

 

Il Sole

Almeno dagli ultimi anni ’70, le normali emissioni di radiazione del Sole (misurate da satelliti sempre più sofisticati) sono aumentate dello 0,5% ogni decade, cosa che, ha detto uno scienziato della NASA, “può causare notevoli cambiamenti climatici” se tali effetti dovessero continuare per altre decadi [14]. Un altro scienziato della NASA ha scoperto che tra il 1901 ed il 2000 il campo magnetico del Sole ha aumentato la sua forza del 230% [15]. Nel 1999, un terzo sperimentatore della NASA ha osservato forti aumenti nella quantità di elio ed altre particelle più pesantemente caricate, rilasciate durante eventi solari, dimostrando che un reale cambiamento si sta verificando nella componente del vento solare dell’emissione energetica del Sole, seguendo in modo ordinatamente parallelo agli altri cambiamenti osservati [16].

Prima del 2003 I due brillamenti solari più forti mai registrati furono stimati all’inaudito valore di X20, e sono avvenuti nel 1989 e nel 2001. Poi, nel Novembre del 2003 si è verificato un brillamento che alcuni hanno stimato essere almeno il 200% più potente di qualsiasi altro mai visto prima, ad un enorme X40… o più [17] . Come ci si aspetta in tali eventi, è immediatamente seguita una eruzione della corona, che ha rilasciato nel sistema solare una enorme bolla in espansione di miliardi di tonnellate di gas elettrificato. Questi ed altri eventi verso la fine del 2003 hanno costretto gli scienziati della NASA a dire che il Sole è ora nel suo momento più attivo che si ricordi, e che “non c’è stato mai niente di simile prima” [18].

 

Figura 5 – Il più grande e luminoso brillamento solare X40 di sempre (s), 11.5.03,

e conseguente Eruzione di Massa dalla Corona [=CME] (d). (NASA-ESA) 

Malgrado tutte le prove di cui sopra, la questione di un fondamentale cambiamento solare non è mai stata veramente completa fino al termine dello scorso anno, con uno studio che è emerso per coincidenza proprio tre giorni prima di questa imponente esplosione solare. Ilya Usoskin, un geofisico convenzionale, ha utilizzato i campioni del cuore del ghiaccio polare per provare che il Sole è stato più attivo dal 1940 in poi che non in tutti i 1.150 anni precedenti messi insieme [19]. La successiva furia del Sole, nei giorni subito successivi, è servita solo a sottolineare ed enfatizzare la questione. Considerando che il Sole contiene ben il 99,86% della massa del sistema solare, facendo sembrare i pianeti dei granelli di sabbia in confronto, questi continui cambiamenti influiranno indubbiamente su ogni cosa si trovi nella formidabile presa magnetica, radioattiva e gravitazionale del Sole…

Mercurio

Malgrado le elevate temperature superficiali, Mercurio sembra avere ghiaccio nelle sue regioni polari. Di questo viene incolpato il ghiaccio basato sulle comete che sono cadute in “crateri permanentemente in ombra”, cosa che gli scienziati della NASA ammettono essere una ipotesi “problematica” da sostenere; il ghiaccio presumibilmente è sopravvissuto per millenni, mentre ci si aspetta che una sonda della NASA che atterri sul polo sopravviva una settimana nel caldo [20]. Mercurio ha anche un cuore di ferro inaspettatamente denso, che rappresenta quasi la metà della sua intera massa [21], ed anche un forte campo magnetico dipolare. Gli scienziati vorrebbero sapere come siano possibili tali anomalie [22].

Venere

Si è scoperto che la quantità di solfuro nell’atmosfera di Venere è “drasticamente” diminuita tra il 1978 ed il 1983 [23]. Sfortunatamente, non abbiamo ancora localizzato alcuno studio che abbia assegnato una percentuale alla portata di questo cambiamento. Ma al fine di guadagnarsi la parola “drastico”, potrebbe aver ben superato il 1000% (o più) di diminuzione di composti di solfuro… in soli cinque anni.

Per questo enorme “cambiamento atmosferico globale” si dà attualmente colpa ad un ipotetica “eruzione vulcanica gigante”, che avrebbe rilasciato, tutti in una volta, questi composti di solfuro nell’atmosfera di Venere, poco tempo prima del 1978 (quando una flotta di sonde americane è arrivata sincronicamente per misurare gli effetti immediatamente successivi). Questo anomalo solfuro poi è misteriosamente andato via dall’atmosfera di Venere ad una velocità molto alta. Cosa importante, questo modello “vulcanico” non può essere provato, dato che questa presunta eruzione non è mai stata vista, né dalle osservazioni dai telescopi di Terra, in questo periodo di tempo, né da sonde spaziali appena giunte nell’orbita di Venere. Malgrado questa impressionante mancanza di conferme osservazionali di un tale evento planetario, la NASA semplicemente non avanza nessun’altra possibile causa per una trasformazione globale tanto massiccia e misteriosa dell’intera atmosfera di Venere in solo mezzo decennio… [24]

In modo ancor più interessante, la luminosità generale dell’aria del lato notturno di Venere è aumentata di un impressionante 2500% esattamente nello stesso periodo, tra il 1975 ed il 2001 [25]. La nuova brillantezza dell’aria è di colore verde, che indica atomi di ossigeno, e queste emissioni di ossigeno sono forti su Venere quanto quelle dell’aurora ricca di ossigeno della Terra(!); quindi una possibile spiegazione è che ci sia stato un massiccio aumento del contenuto di ossigeno nella atmosfera di Venere [26].

Dobbiamo anche trovare ancora un singolo studio che menzioni questa “drastica” diminuzione di solfuro atmosferico nel 1978-83, menzionando simultaneamente  l’aumento della luminosità dell’aria, anche se lo studio sul solfuro è stato pubblicato su Scientific American e su altre fonti scientifiche ufficiali, mentre non c’è nessun “modello ufficiale” attuale che possa spiegare entrambi questi cambiamenti come parte di un unico fenomeno.

L’ultima delle sei immagini di Venere presentate qui (sotto), in basso a destra, mostra un curioso schema geometrico associato con questo aumento generale del 2500% della luminosità dell’aria, una figura lineare che raggiunge quasi la metà dell’atmosfera visibile del pianeta. Questa anomala “geometria” ci suggerisce che i “cambiamenti fluidi” forzati iperdimensionalmente nell’atmosfera di Venere possono essere in qualche modo associati con questa drastica luminosità, basata sul modello ID descritto precedentemente e nei nostri precedenti lavori.

Figura 6 – Luminosità notturna verde di Venere, ANU 2.3m CASPIR, 20-26 Sett. 2002 (Jeremy Bailey / AAO)

URL: http://www.ausgo.unsw.edu.au/JBailey-talk.ppt

 

Uno studio accurato di questa immagine del 2002 rivela che la formazione geometrica dell’atmosfera osservata nella parte inferiore destra può essere causata da un “campo energetico” a forma tetraedrica. Un figura è meglio di 1000 parole, e la Figura 7 dice tutto. (La posizione e le relazioni angolari della formazione lineare combaciano precisamente con il bordo di un ipotetico tetraedro “inscritto nella sfera” di Venere).

 

Figura 7 – Luminosità verde di Venere (s) e Geometria Tetraedrica (d). (Bailey/AAO/Wilcock)

(Se si torna indietro e si osserva la Figura 5 si può vedere che il brillamento solare di X40 senza precedenti è anch’esso su un perfetto punto “tetraedrico”, come l’area bianca e rossa nel vertice (nodo) in basso a sinistra del tetraedro di questa immagine; solo che il brillamento solare è a destra e non a sinistra. Molte “emissioni di energia nei  nodi tetraedrici” di questo tipo sono visibili in tutto il sistema solare, come il Grande Punto Rosso che dura da 300 anni su Giove e il Grande Punto Oscuro su Nettuno, e sono stati portati all’attenzione del pubblico per la prima volta tramite il modello ID di Hoagland)

Gli scienziati planetari non sanno spiegare questo notevole e totalmente inspiegabile cambio recente nella intrinseca luminosità atmosferica di Venere, essi onestamente ammettono che è “una sorpresa totale” con “nessuna spiegazione semplice”  [27] [28]. Uno scienziato della NASA/Caltech si è spinto anche tanto oltre da dire che “qualcosa di strano sta accadendo nell’atmosfera superiore di Venere”, aggiungendo che “la cosa peggiore è che non sappiamo proprio cosa sta accadendo”  [29].

Eppure nel 1997 è stato rilevato un altro segno di un massiccio aumento generale nel comportamento energetico di Venere. Una coda di plasma carico tracciata dietro Venere è stata misurata essere 60.000% più lunga nel 1997 - allungandosi quasi fino alla Terra - rispetto a quando è stata scoperta nei tardi anni ’70. Secondo uno scienziato NASA/JPL, questa cosa è “un segnale veramente forte, e non c’è dubbio che sia reale” [30].

Figura 8 – Enorme coda di plasma carico che da Venere si estende verso la Terra (New Scientist, 1997)

 

Tutti questi cambiamenti nell’ambiente di Venere possono essere visti come parte di un più grande sovraccarico iperdimensionale che colpisce l’intero sistema solare, cosa che diverrà sempre più chiara mentre continuiamo con maggiori dati.

Marte

Tra la metà degli anni ’70 ed il 1995, Marte ha sviluppato un’importante nuova copertura nuvolosa, ha avuto una generale riduzione nel contenuto di polveri atmosferiche, e ha rivelato una “sorprendente … abbondanza” di ozono nella sua atmosfera [31]. Il Mars Global Surveyor della NASA, una navicella spaziale senza equipaggio è stata danneggiata nel 1997 da un inatteso aumento locale del 200% nella densità atmosferica di Marte [32]. Nel 1999 su Marte è apparso un uragano per la prima volta in oltre vent’anni (Figura 9), ed era il 300% più grande di ogni altro visto in precedenza. Per compararlo alla Terra, l’uragano era il 400% più grande dello stato del Texas [33]. 

Figura 9 – Uragano Gigante su Marte (NASA/HST 1999)

Sebbene a molti piacerebbe credere che una veloce “supertempesta globale” sia fantascienza, una potente tempesta di polvere globale ha ingolfato Marte in soli tre mesi del 2001, come dimostra chiaramente la figura 10 (qui sotto). Il sito ufficiale del Telescopio Spaziale Hubble ha descritto questo evento come la “più grande tempesta di polvere mai vista su Marte in parecchi decenni”, con un comportamento energetico insolito, compresa una velocità di spostamento attraverso l’equatore di Marte che era “praticamente inaudita in precedenti esperienze”. La descrizione “in parecchi decenni” implica che questa è la tempesta più grande in almeno 40 anni, se non di più. Particolarmente interessante è l’affermazione che descrive questa come una parte di un “inatteso inizio di un riscaldamento nella sottile atmosfera marziana”, lo studio del quale è stato descritto da uno scienziato della NASA di Cornell come “l’opportunità della vita” [34]. 

Figura 10 – Tempesta di povere grande quanto il pianeta su Marte

26 Giugno 2001 (s) e 4 Settembre 2001 (d). (NASA/HST/WFPC2)

 

Nel 2001, i media ufficiali gridarono al “Riscaldamento Globale” su Marte, includendo paurose perdite anno dopo anno della copertura nevosa del polo sud, con rapida erosione di specifiche parti di ghiaccio [35]. E’ interessante come la NASA abbia ammesso presto che nel ritiro della calotta polare era in qualche modo coinvolta una sottostante struttura geometrica. Nel centro dell’immagine del Gennaio 1997 si poteva chiaramente evidenziare uno schema esagonale nel ghiaccio, ed è anche visibile (anche se leggermente ruotato in senso antiorario) nell’immagine di sinistra dell’Ottobre 1996.

Figura 11 – Ritiro Della Calotta del Polo Nord di Marte, Che Mostra Una “Struttura D’Onda” Esagonale

Ottobre 1996-Marzo 1997. (NASA/HST/WFPC2)

 

Altrettanto interessante è che questa geometria Marziana è comparsa almeno in altre due occasioni, nel 1995 e nel 1972. Secondo la NASA c’è una “marcata forma esagonale della calotta polare in questa stagione, notata prima dall’HST nel 1995 e dalla Mariner 9 nel 1972; questo potrebbe essere dovuto alla topografia [la forma della crosta litosferica di Marte], che non è molto conosciuta, o alla struttura d’onda nella circolazione” [36].

In questo caso, noi concordiamo con tutto il cuore con la NASA.

In effetti sembra proprio esserci una struttura d’onda geometrica che influenza il ritiro delle calotte polari di Marte mentre il pianeta in generale si sta scaldando. Molti scienziati non hanno confidenza con le strutture d’onda tridimensionali, ma queste si formano quando un qualsiasi fluido viene fatto vibrare [37]. Ricordate, nel Modello Iperdimensionale, il “fluido” che stiamo cercando non è normalmente rintracciabile, è una forza iperdimensionale che “scorre come sangue attraverso” la nostra realtà attraverso il tridimensionale, privo di massa, etere…il “fluido” invisibile che permea tutto lo spazio e che, a sua volta, riorganizza poi strutture visibili di materia ed energia in questa dimensione. In questo caso, il percorso di trasferimento ID è abbastanza forte da riorganizzare il “freddo” schema di trasformazione nelle calotte polari di Marte lungo le linee geometriche/risonanti, proprio come può essere che la stessa geometria ID stia riorganizzando le “calde” emissioni di ossigeno verde in rapido aumento nell’atmosfera di Venere.

In generale, Marte soddisfa piuttosto bene il nostro modello, L’ozono cresce e le polveri decrescono, indicando entrambi che si sta verificando una crescente ionizzazione, una firma dello scorrimento della linfa energetica nel modello ID. L’atmosfera è notevolmente più nuvolosa e più densa, un gigantesco uragano ed una tempesta di polvere sorprendentemente veloce in tutto il pianeta hanno abbagliato gli scienziati della NASA, e da più di un importante studio ufficiale su Marte è stato annunciato un “Riscaldamento Globale”. Si è visto il ritiro della superficie delle calotte polari marziane letteralmente in forma di una forma mai vista di “struttura d’onda” geometrica. Inoltre, questi cambiamenti non sono peculiari di Marte, stanno avvenendo simultaneamente in tutto il sistema solare; i formidabili dati su Giove rendono questo crescente andamento enfaticamente evidente.

GIOVE

Effetti geometrici altrettanto misteriosi sono stati scoperti nell’atmosfera di Giove, e relazionati con un po’ di fanfara dalla NASA. Sebbene gli scienziati si riferiscano alla struttura atmosferica della Figura 12 come un “quasi-esagono”, è anche possibile nei limiti dei dati attuali percepire un pentagono a cinque facce nelle strutture nebulose dei poli di Giove. Ciò che rende tutto questo tanto sbalorditivo è che questa stabile caratteristica in lenta rotazione della regione polare nord di Giove crea una “sottile caduta di temperatura” nei suoi netti confini geometrici, mantenendo “l’atmosfera polare e la foschia della stratosfera isolate dal resto dell’atmosfera”. (Uno di noi, Wilcock, crede che sia possibile che si stia osservando una faccia di un’altra intrinseca forma geometrica 3D risonante, conosciuta come “dodecaedro”, che è un oggetto a dodici facce, simile ad un pallone da calcio, dove ogni faccia è un pentagono perfetto). Utilizzando Photoshop, egli ha aggiunto il “pentagono esposto” geometricamente perfetto come riferimento nell’immagine di sinistra:

 

Figura 12 -  Vortice Polare Artico di Giove (NASA/JPL/HST/University of
Hawaii 1999) con il Pentagono aggiunto sulla Sinistra (Wilcock 2004)

 

La NASA ha discusso apertamente di questa formazione, ed ha anche menzionato la geometria, ma si è spinta solo fino a suggerire che fosse una “forma quasi-esagonale” anziché fare qualsiasi accenno della altrettanto possibile struttura pentagonale [38].

Ricordate quando stavamo discutendo la misteriosa comparsa di ghiaccio alle regioni polari di un Mercurio tostato dal Sole? In quel momento, abbiamo suggerito che ci potesse essere un “effetto di schermatura” iperdimensionale che sta proteggendo questa regione dal naturale riscaldamento del sole, introducendo il proprio misterioso meccanismo “refrigerante”. Nell’interpretazione di Wilcockdelle nuvole di Giove, “la geometria d’onda” pentagonale sembrerebbe essere un altro segno di un altrettanto anomalo raffreddamento nelle regioni polari di Giove, mentre abbiamo visto le aree polari già a bassa temperatura di Marte contenute in uno schema di superficie esagonale. Sembra ragionevole concludere da queste crescenti prove che lo schema di riscaldamento di una superficie o di un’atmosferica planetaria possa essere influenzata a volte, più dalla “geometria” del suo risonante etere interno, che dalla radiazione solare esterna.

Se Giove sta realmente vivendo un “caricamento” iperdimensionale, nel modello ID potremmo aspettarci di vedere letteralmente un fenomeno vorticoso apparire qualche volta vicino ad uno dei nodi (punti) di questo pentagono settentrionale. Un filmato composto da circa 1200 immagini di Giove riprese dalla sonda Cassini della NASA al termine del 2000 rivela esattamente questo, un vortice scuro grande quanto il Grande Punto Rosso di Giove, alla stessa latitudine (60° Nord) dei punti del pentagono! Questo nodo ha sviluppato un brillante punto nel centro e poi si è allungato lungo un percorso lineare, concorde per dimensione ed angolo col pentagono, con ancora un’altra linea retta che compare più vicina al polo di Giove. Un articolo dello Space Daily riferisce di questo come “schemi meteorologici polari inaspettatamente persistenti sul pianeta gigante”, dove “il filmato mostra che i piccoli punti durano per un lungo periodo e si muovono secondo percorsi organizzati” [39]. Nessun commento, tuttavia, su quanto queste linee che si sono formate siano insolitamente dritte e parallele, anziché seguire i percorsi usualmente curvi dei tipici movimenti della nuvole (vedi Figura 9).

Figura 13 – Formazioni rettilinee nell’emisfero nord di Giove. (NASA/JPL/SwRI, 2002)

 

Il testo della NASA per il filmato stesso descrive “la nascita ed il movimento di un vortice scuro più grande della Terra”, dove “compare una pezza scura e in due settimane diventa un ovale ben definito della stessa forma e grandezza del Grande Punto Rosso dell’emisfero meridionale di Giove. Mentre il vortice scuro si è accoccolato dentro l’ovale dell’aurora, il suo bordo esterno comincia a circolare in senso orario, mentre sviluppa contemporaneamente un piccolo luminoso centro interno. Alla fine si muove fuori della regione dell’aurora e si deforma appiattendosi in latitudine e crescendo in longitudine. Verso la fine del filmato, un secondo, più piccolo, ovale scuro appare più vicino al polo e si deforma nella cesoia del vento” [40].

Uno studio su questo evento pubblicato dalla d.sa. Carolyn Porco e altri ha notato, “Un’altra prova suggerisce che la grande formazione ovale nelle regioni polari è un fenomeno ricorrente… che potrebbe essere quasi-periodico, o raro ma ricorrente, e innescato da un inusuale evento di aurora… Tuttavia, l’evoluzione dell’ovale scuro è attualmente inspiegato" [41] [grassetti aggiunti].

Così, abbiamo la crescita di un gigantesco fenomeno vorticoso, che mostra chiari segni di geometria intrinseca, in una regione che la NASA ha già ammesso che ospita una forma “quasi esagonale”, cioè pentagonale, nelle nuvole dei livelli superiori. Sebbene alcuni possono chiaramente desiderare di arguire che questa sia una insensata “ricerca di schema”, ancora una volta abbiamo una chiara prova di un aumento nell’attività energetica dell’atmosfera di Giove, che si verifica lungo percorsi intrinseci, geometricamente definiti (onde “stazionarie risonanti”)…

Noi non siamo gli unici autori a suggerire che i cambiamenti nei fenomeni vorticosi di Giove potrebbero essere correlati ad un generale aumento energetico. Un nuovo importante studio su Giove in realtà lo ha fatto nell’edizione del 22 Aprile 2004 di USA TODAY, annunciando la sorprendente scomparsa di molte importanti formazioni ovali nell’atmosfera di Giove (Figura 14) tra il Settembre 1997 ed il Settembre 2000. Lo studio ha dimostrato che senza questi vortici in atto, il calore interno di Giove non sarebbe rilasciato così efficientemente quanto prima… e Giove probabilmente vivrebbe un sostanziale “riscaldamento globale” entro i successivi 10 anni, con un’impressionante proiezione dell’aumento della temperatura di 18°F, o 10°C [42].

Figura 14 – Scomparsa dei vortici bianchi alle medie latitudini di Giove (NASA/HST 2004)

 

Il  planetologo dietro a questo studio ha anche notato che il Grande Punto Rosso è cambiato dal suo tradizionale rosso in “qualcosa di più simile al salmone”, e ritiene che questo cambio di colore possa anche essere dovuto ad un generale aumento della temperatura di Giove [43].  Si teorizza che questi cambiamenti siano parte di un ciclo di 70 anni, che si crede sia cominciato quando i tre ovali più grandi sono apparsi per la prima volta nel 1939. Quello che vediamo adesso potrebbe ben essere solo l’inizio La scomparsa dei vortici tra il Settembre 1997 ed il Settembre 2000 può essere direttamente collegata alla comparsa di un vortice polare ancora più grande nell’emisfero nord di Giove pochi giorni dopo, che è stata filmata dal 1° Ottobre al 31 Dicembre 2000 (Figura 13).

Lo spostamento nell’attività dei vortici dalle medie latitudini di Giove verso le latitudini polari è solo uno dei vari cambiamenti chiaramente misurabili che si stanno verificando nel pianeta più grande che si conosca nel sistema solare. La Figura 15 mostra una nube a forma di tubo di plasma caldo che è stato scoperto per la prima volta intorno a Giove nel 1979. Le sonde della NASA Pioneer 10 ed 11 non hanno rilevato niente del genere nel 1973-1974, il che significa, ancora una volta, che questa importante caratteristica del sistema di Giove è emersa in soli cinque anni di tempo [44].

Figura 15 – Tubo di  Plasma (toroide) nell’orbita della luna di Giove, Io. (NASA/HST)

 

Se ricordiamo che questo “tubo” non esisteva fino a tutto il 1974, questo prossimo fatto rende ancor più cristallino che dentro ed intorno a Giove si stanno verificando importanti cambiamenti energetici. Nel 1994 i molteplici frammenti della Cometa Shoemaker-Levy 9 si sono schiantati su Giove, causando uno spettacolo celestiale, dato che sono stati creati molti “buchi” atmosferici scuri dagli effetti dell’impatto straordinariamente energetico nell’atmosfera superiore di Giove. Con l’impatto del frammento “K”, è avvenuta una cosa veramente emozionante: due archi di plasma carico sono scoppiati fuori del pianeta ed hanno mantenuto una struttura visibile per circa un’ora. Sebbene sembri difficile da credere (e, in effetti, si tratta di un’immagine di scarsa risoluzione), la Figura 16 è esattamente come appare sul sito ufficiale JPL [45]:

Figura 16 – Archi di Emissione Auroreale dopo l’impatto con Giove di SL-9 “K”, 19 Giugno 1994. (NASA/HST/WFPC2)

 

In modo ancor più interessante, il rapporto del JPL afferma che “basandosi sul confronto con le immagini a raggi X di Giove del satellite ROSAT riprese anch’esse nel momento dell’impatto di K, gli astronomi sanno che la turbolenza settentrionale era più brillante vicino al momento dell’impatto di K, e che è poi sbiadito. Se le immagini di HST fossero state prese durante l’impatto di K, esse avrebbero probabilmente mostrato archi molto più brillanti di quelli osservati 45 minuti più tardi [nell’immagine]”. “Molto più brillanti” è un’affermazione piuttosto ardita da fare per la NASA. La Figura 17 ci mostra l’immagine del ROSAT al quale il rapporto JPL si riferisce quando fa questa coraggiosa affermazione.

 

Figura 17 – Immagini ai raggi X del ROSAT delle emissioni di energia da Giove durante l’impatto di “K” della Cometa SL). (NASA/JPL 1994)

Il modo in cui è scritto l’articolo indica chiaramente come questi archi (Figura 16) siano stati un fenomeno relativamente nuovo, mai visto prima con una tale intensità, che sembra essere stato osservato la prima volta dal Telescopio Spaziale Hubble nel Maggio 1994. Comunque un singolo anello di questo tipo è divenuto una caratteristica stabile e duratura di Giove dopo l’impatto del 19 Giugno 1994. E’ stato rilevato per la prima volta all’inizio di quel Maggio, e filmato per tutto il tempo, con una risoluzione migliore, tra il Maggio 1994 e Settembre 1995 [46] Questo anello fuoriesce dalle regioni polari di Giove fin sopra le regioni polari della più vicina luna Io, unendo i due, come perline di un braccialetto. Questo tubo di energia è equivalente in forza a tutta la potenza prodotta dall’uomo sulla Terra. Sorprendentemente, questo anello esercita un’influenza sufficientemente forte sulle regioni polari di Giove che curva effettivamente il flusso nuvoloso verso Io. Non abbiamo alterato questa immagine in alcun modo, ciò che vedete è esattamente come appare sul sito di Hubble [47]:

Figura 18 – Le Aurore di Giove e la loro formazione anulare con Io. (NASA/HST 1995)

 

Un altro interessante punto a proposito di questo anello di energia è che la NASA ora sa che gli elettroni stanno scorrendo in entrambe le direzioni: nord-sud e sud-nord. Gli scienziati della NASA li chiamano “elettroni bi-direzionali”. I modelli convenzionali non hanno nessuna spiegazione per questo fenomeno, ma esso concorda perfettamente con il modello base di Wilcock espresso nel suo terzo volume, The Divine Cosmos, una volta che abbiamo compreso l’importanza dei campi di energia controrotazionale in tutta la fisica (http://www.stazioneceleste.it/articoli/wilcock/TheDivineCosmos.htm).

Nel 1995, la sonda Galileo è arrivata su Giove, ed ha iniziato a rilevare vari cambiamenti. Gli Scienziati della NASA hanno scoperto che l’atmosfera di Giove è centinaia di gradi più calda del previsto [48]. La quantità di elementi pesanti (come l’ossigeno) nell’atmosfera di Giove è diminuita di un incredibile 10% tra il 1979 ed il 1995, il che equivale ad una quantità di ossigeno pari a 20 volte la massa della Terra scomparsa “in modo imbarazzante” nel giro di 16 anni [49] [50]. Le emissioni di radiazione da Giove sono contemporaneamente aumentate di circa il 25% tra il 1979 ed il 1995  [51].

La luna più vicina a Giove è Io, il satellite più attivo vulcanicamente del sistema solare. Non dimentichiamo che l’impatto della Cometa SL-9 ha innescato in Giove un enorme aumento energetico, iniziato il 19 Luglio 1994 con l’impatto di “K” e che ha provocato “l’emissione aurorale di archi”, (Figura 17), uno dei quali ha attraversato i poli nord e sud di Io e si è rivelato poi una caratteristica stabile e duratura. Un anno dopo, nel Luglio 1995, Io ha sviluppato un enorme, brillante caratteristica larga 200 miglia… non alle regioni polari, dove l’arco brillante di energia stava entrando, ma direttamente lungo l’equatore! Questo è stato un cambiamento molto più drammatico di ogni altro visto nei precedenti 15 anni [52].

Figura 19 – L’inspiegato “Punto Caldo” largo 200 miglia emerge su Io in un Periodo di 16 Mesi (NASA/HST/WFPC2, 1995)

Questa formazione circolare di improvvisa, inesplicabile lucentezza concorda perfettamente con il modello ID; mostrandoci in questo caso la “pura” geometria di un superiore “schema di risonanza ottaedrico” di energia che emerge da uno dei sui punti lungo l’equatore di Io. L’energia ID è entrata nelle regioni polari della luna, e poi attraverso il momento angolare della rotazione della luna, è esploso fuori all’equatore in un punto geometricamente definito, simile ad uno spruzzatore che spruzza acqua [53].

Figura 20 – Geometria Ottaedrica nell’Aumento di luminosità di Io del 1994-1995. (Wilcock, 2004 con NASA/HST, 1995) 

Il sito Hubble della NASA ha detto che da quando questa caratteristica luminosa è comparsa all’equatore, “la superficie di Io è sottoposta solo a sottili cambiamenti da quando è stata osservata l’ultima volta da vicino dalla sonda Voyager 2 nel 1979.” [54]. Tuttavia, solo un anno più tardi, JPL ha detto che “i cambiamenti che vediamo su Io sono drammatici… I colori dei materiali sul terreno e la loro distribuzione è sostanzialmente cambiata dal passaggio della Voyager del 1979” [55]. Questi cambiamenti sono avvenuti in un solo anno, o sono solo gli scienziati di Hubble e JPL che interpretano i dati in modo diverso? Questo “drammatico” cambio di colore su Io potrebbe indicare che nuovi tipi di materia vengono ora rilasciati dai vulcani stessi, in appena 17 anni.

In modo ancor più interessante, la NASA ha in realtà ammesso nel 2000 che Io si comporta “come se fosse un fluido” [56], cosa che crediamo sia parzialmente responsabile della comparsa di effetti geometrici altrimenti inspiegabili. Come ulteriore supporto al concetto fluido, “In un tempo di 42 ore, ogni punto di Io passa da un’alta marea ad una  bassa marea, con la sua superficie rocciosa che sale e scende fino a 300 piedi (90 metri) o più… Questo continuo moto di marea è ciò che innesca i vulcani eterni” [57].

Un altro suggerimento della geometria iperdimensionale dell’ottaedro all’opera su Io è stato indicato nel 1997. Come si può facilmente vedere nelle immagini dettagliate della superficie di Io, il vulcano Prometeo risiede direttamente sull’equatore, suggerendo (nel modello ID) che sia causato da un’onda geometrica “ottaedrica” interna, simile a come Marte, Venere e la Terra mostrano tutti una sostanziale attività vulcanica alla “tetraedrica” latitudine di 19,5°. Secondo la NASA, su Prometeo compare un’“intrigante differenza” tra il 1979 ed il 1997: il vulcano sta ora eruttando da una posizione di circa 75 chilometri (46,5 miglia) ad ovest da dove era situato il punto caldo nel 1979” [58].

Nei modelli convenzionali non si ritiene che i vulcani siano in grado di alzarsi e galoppare per 75 chilometri sulla superficie di un satellite, (!), ma se Prometeo è il segno di un’attività di vortice ottaedrico, è possibile che l’onda geometrica stia lentamente ruotando dentro la stessa Io. Le isole Hawaii sulla Terra, raggruppate in una lunga catena sulla critica latitudine di 19,5°, potrebbe essere un altro esempio di questo genere di cambiamenti… eccetto che con la più dura, fredda crosta terrestre i vecchi vulcani restano al loro posto, mentre il vortice lentamente si sposta.

L’impatto della cometa, l’anello di energia e la conseguente “pressione geometrica rilasciata” da Io nel 1995, così come le anomalie vulcaniche, sono solo un aspetto di un più grande cambiamento su ed intorno ad Io… sebbene questa catena di eventi può aver segnato un importante punto nella trasformazione energetica di Io. La ionosfera di Io è diventata del 1000% più alta tra il 1973 ed il 1996, da 30-60 miglia fino a 555 miglia di altitudine [59].

La superficie di Io è diventata il 200% più calda tra il 1979 ed il 1998, raggiungendo una temperatura di più di tre volte più calda della superficie soleggiata di Mercurio, e secondo la NASA, “gli scienziati non sanno ancora come spiegare cosa stia succedendo su Io” [60]. Nel 2000, la NASA ha anche ammesso che “la maggior parte del calore proviene dalla stessa Io, anziché assorbito dalla luce solare” [61]. Nel 1998 nelle aurore di Io sono stati visti nuovi colori [prova spettrografia di nuovi ioni nell’ambiente di Io, non presenti in precedenza…] [62]. Ancora altri colori sono stati visti nel 2001 [63][64].

Ai primi di Gennaio 2001, Io ha avuto un inspiegabile “punto brillante” emerso nelle lunghezze d’onda ultraviolette durante un’eruzione del suo vulcano Pele, che è situato a circa 19,5° di latitudine sud. Secondo la NASA, “la lava di silicati non può essere sufficiente per spiegare un punto brillante nell’ultravioletto, così l’origine di questo punto brillante è un mistero” [65]. Questo stesso articolo presenta anche “la prima immagine mai acquisita di un cono [vulcanico] attivo in una regione polare di Io” [66] (vedere Figura 21). “Gli scienziati sono stati sorpresi di scoprire un cono così grande tanto vicino al polo, perché tutti i coni attivi precedentemente rilevati su Io erano in regioni equatoriali e nessun altro si avvicinava in grandezza a Pele” [67]. I vulcani nelle regioni polari non hanno senso per la scienza ufficiale, ma sono un’ovvia conseguenza del modello ID, dato che là ci sono vortici geometricamente definiti.

Il 6 Agosto 2001, “un vulcano non sconosciuto ed ancora senza nome” (leggi: nuovo di zecca), ha rilasciato un pinnacolo alto 310 miglia, “rendendolo il più grande pimmacolo mai rilevato su Io” [68] (vedere Figura 21). Come può, nei modelli convenzionali, un vulcano nuovo di zecca sbucare improvvisamente sulla superficie di un satellite e rilasciare poi il più alto pinnacolo di gas e polvere mai visto là?

Figura 21 – Il Nuovo Vulcano su Io rilascia il Pinnacolo Più Grande Mai Visto, Agosto 2001 (NASA)

 

La posizione geometrica precisamente a 60° nord del nuovo vulcano suggerisce fortemente che potrebbe essere causato dalla stessa geometria pentagonale del polo che abbiamo visto nell’emisfero nord di Giove… una geometria che è entrata in azione a cominciare da Ottobre 2000, subito dopo che i vortici bianchi hanno terminato di scomparire dalla metà del pianeta nel Settembre 2000. Forse c’è voluto poco meno di un anno affinché questo spostamento iperdimensionale di Giove venisse “trasportato” su Io, causandovi un effetto energetico molto simile: l’eruzione vulcanica più massiccia mai osservata.

Come abbiamo visto in Figura 15, un tubo a forma di ciambella di energia di plasma fluido riempie l’intero percorso dell’orbita di Io. Gli scienziati ritengono che questo tubo sia causato da particelle cariche vomitate dai vulcani di Io. Le particelle cariche in questo tubo sono diventate il 50% più dense tra il 1979 ed il 1995 [69]. La densità generale del tubo è aumentata del 200% tra il 1979 ed il 1995 [70], e come abbiamo visto prima, il tubo stesso non esisteva prima del 1979. Tra il 1999 ed il 2000 una porzione ‘fredda’ del tubo si è separata ed è diventata notevolmente più brillante. Quest’ultimo cambiamento ha portato gli scienziati della NASA a concludere che “probabilmente non sono disponibili dati sufficienti per determinare la causa o l’effetto della variabilità del toroide (tubo di plasma)" [71]. Questo è un modo molto gentile per dire: “Scientificamente parlando, non sappiamo proprio cosa diavolo stia succedendo!”.

Figura 22 – Il toroide di plasma di Io (verde) ed il toroide di plasma (blu) di Europa

 recentemente scoperto che circondano Giove. (NASA 2003)

 

A confondere ancor più i modelli ufficiali, un altro tubo di plasma “largo e sorprendentemente denso” è stato scoperto nel 2003 (Figura 22), condividendo, stavolta, l’orbita della luna Europa. In questo caso, non ci sono vulcani sulla superficie di Europa su cui contare per la provenienza delle particelle cariche nel tubo, nonostante il fatto che i modelli convenzionali del sistema di Giove insistono sul fatto che i vulcani devono essere la fonte principale del nuovo plasma [72]. Per sottolineare ancora questi enormi cambiamenti, come quello del 2003, si è osservato che l’aurora di Europa ha  “una regione molto più brillante” di quanto ci si “aspettasse”, basandosi sul modello del 1998 (Figura 22). Ancora, la figura qui sotto dice tutto [73].

Figura 23 – Differenza fra il modello teorico della luminosità di Europa,

 con le attuali osservazioni al telescopio Hubble. (NASA/HST/McGrath et al. 2004)

 

La terza luna di Giove, Ganimede, è diventata oltre il 200% più luminosa nella sua aurora tra il 1979 e la metà degli anni ’90, e certe aree sono ora fino al 700% più luminose di ogni altra vista prima (Figura 24) [74]. Questo aumento in luminosità può essere causato da un aumento del 1000%, osservato dal 1979, nella densità dell’atmosfera di Ganimede  [75]. Ganimede ha anche il proprio campo magnetico, a dispetto di tutte le aspettative convenzionali, portando uno scienziato della NASA a dire, “O c’è qualcosa di sbagliato nella nostra teoria [della dinamo interna], o la nostra comprensione di Ganimede è storia” [76].

Figura 24 – Luminosità verde dell’ossigeno dell’Aurora su Ganimede (NASA/HST/McGrath et al. 2004)

 

Nell’orbita della quarta più importante luna di Giove, Callisto, le misurazioni della densità di elettroni fatta dalla sonda Galileo hanno trovato 1000 volte più elettroni per chilometro cubo di quanto ci si aspettasse nella magnetosfera stessa di Giove a quella grande distanza [77]. Questo indica fortemente che attualmente da Callisto vengono liberati alcuni tipi di materiali (probabilmente acqua), nonostante non ci siano osservazioni di attività vulcaniche associate, eccetera. Quando è ionizzato dalle cinture di radiazione di Giove, questo materiale rilascerebbe gli elettroni in eccesso in diretta vicinanza all’orbita di Callisto: un’altra indicazione, sebbene indiretta, di energia amplificata che viene depositata dentro Callisto da “chissà dove”.

Inoltre, quando la Galileo era sulla strada per Callisto il 12 Agosto 1999, prima di fare il suo passaggio più vicino due giorni dopo, essa ha incontrato quello che la NASA ha chiamato una “spropositata dose di radiazioni inattese”. Uno scienziato ha detto, “Prevedevamo che lo scanner stellare della sonda rilevasse un livello di circa 300-400 di radiazione, quindi immaginate la nostra sorpresa quando gli strumenti hanno mostrato che la Galileo aveva volato attraverso un livello di 1.400!… Quindi ancora, ecco perché stiamo esplorando Giove e le sue lune: per scoprire questi insoliti fenomeni” [78]. La radiazione ha causato quattro differenti avarie alla sonda che si sono potute riparare tramite il software di bordo, che includeva la disabilitazione di un rilevatore di riserva che era stato danneggiato nell’evento.

Questa inattesa esplosione di radiazioni “è avvenuta una settimana dopo la più grande fuoriuscita di calore dal 1986 dalla vulcanica luna di Giove, Io”. Potrebbe significare qualcosa il fatto che tutti questi eventi si sono raggruppati intorno al Grande Incrocio astrologico dell’Agosto 1999, dove molti pianeti si trovavano l’uno con l’altro in angoli iperdimensionalmente dissonanti di 90°/180°.

Mentre ci si allontana ancor di più dal centro di Giove, nel 1998 è stato scoperto un nuovo “anello di polvere” che circonda il pianeta – e senza tener conto di tutta la meccanica celeste attesa, le sue particelle orbitano nella direzione opposta alla stessa rotazione di Giove e la direzione orbitale dei suoi satelliti maggiori. [79]. Ancora, i campi contro-rotazionali sono un aspetto fondamentale del modello iperdimensionale di Wilcock [80].

Nel corso delle nostre ricerche per questo articolo, abbiamo rinvenuto altre due anomalie di Giove a supporto del modello iperdimensionale di Hoagland, basate sulla geometria del tetraedro dentro una sfera, come si vede nella Figura 3 e 4. Abbiamo messo queste due anomalie alla fine di questa sezione perché non mostrano esattamente un cambiamento nell’attività energetica di Giove, ma semplicemente dimostrano la “nuova” fisica implicitamente all’opera.

Primo, in un articolo della rivista Science del Marzo 2003, è stato mostrato un diagramma delle velocità delle fasce nebulose di Giove, basato sulla latitudine. Le velocità delle nubi più veloci e più lente su Giove si trovano esattamente a 19,5° nord e sud, rispettivamente. Queste anomalie nella velocità hanno dimostrato una notevole costanza, c’erano quando la Voyager 2 ha visitato Giove nel 1979, e i dati dell’ultima Cassini del 2003 continuano a mostrare lo stesso fenomeno. Secondo gli scienziati della NASA che ci stanno lavorando, “Questa stabilità dei venti zonali di Giove, data la natura turbolenta dei percorsi delle sue nuvole, è una caratteristica notevole della sua atmosfera” [81].

Figura 25 – Grafico delle Velocità Maggiori e Minori dei Venti su Giove,

 che mostrano attività a latitudini “iperdimensionali” (Porco ed altri 2003) 

 

La geometria “dello scorrimento interno iperdimensionale” del tetraedro pare che stia creando il Grande Punto Rosso nell’emisfero meridionale a 19,5° S e fa rallentare la velocità della rotazione delle nubi a quella latitudine. Se questa formazione esiste veramente, allora dovrebbe anche avere un punto al polo nord geometrico di Giove. In modo interessante, uno studio recente ha scoperto che ad intervalli di circa 45 minuti, flash dell’attività di raggi X stanno emergendo dal polo nord geometrico di Giove… anche se l’aurora di Giove non è centrata sul polo, come possiamo vedere nella Figura 26. L’energia rilasciata da questo punto equivale ad un colossale pulsazione di gigawatt di energia che sfreccia come un razzo per l’intero sistema solare [82].

Un articolo della NASA che discute di questo fenomeno dice quanto segue: “Non siamo stati sorpresi dallo scoprire che da Giove arrivano raggi X”, ha continuato [il dott. Randy Gladstone]. Altri osservatori l’avevano fatto anni fa. La sorpresa è che Chandra ha rivelato per la primissima volta: la posizione del segnale – sorprendentemente vicina al polo del pianeta – e il modo in cui pulsa…

“La pulsazione ogni 45 minuti sono molto misteriose” aggiunge Elsner. Non sono perfettamente regolari come un segnale di un E.T. potrebbe essere; il periodo oscilla avanti ed indietro di una piccola percentuale. “Questo è un processo naturale” aggiunge, “solo che non sappiamo cosa sia…” [grassetti aggiunti]

Figura 26 – Immagine composta: Giove, brillante anello auroreale (blu) e raggi X polari (rosso) (NASA 2002)

 

Con Giove, le geometriche impronte digitali dell’energia iperdimensionale sono molto chiare. Nell’immagine sulla destra della Figura 26 possiamo vedere che le sottili linee dei raggi X (colorate artificialmente di rosso) sembrano effettivamente il vertice del tetraedro, oltre che la grande area verticale rettilinea di extra luminosità sulla sinistra. La grande area circolare luminosa sulla destra sarebbe il vertice del tetraedro, e si sono viste le due linee estendersi verso il basso da esso in uno schema triangolare, mantenendo  un angolo di 60° l’uno con l’altro come ci aspettavamo.

 

Il fenomeno dei raggi X si verifica 15 volte per ogni rotazione di Giove sul suo asse. Ulteriore ricerca probabilmente darebbe una risposta su cosa stia causando questo ciclo, (noi ne abbiamo delle idee, come la variazione degli angoli “iperdimensionali” causata dalle orbite delle quattro lune principali di Giove,) ma l’area da cui scaturiscono i raggi X è chiaramente geometrica… oltre che in allineamento con il centro dell’aurora elettromagnetica di Giove.

 

Quindi, per tirare le somme e rivedere quello che abbiamo appena imparato, in generale nei soli ultimi 30 anni, Giove ed i suoi satelliti sono passati attraverso una notevole serie di cambiamenti energetici ed iperdimensionali. I vortici stanno scomparendo dalle medie latitudini di Giove e ricompaiono in punti geometricamente ben definiti nelle regioni polari. Un tubo di plasma nell’orbita della luna Io ha mostrato un notevole incremento di luminosità e densità. L’atmosfera di Giove ha visto enormi diminuzioni di elementi pesanti e aumenti di elio, ed in generale le emissioni di radiazione sono aumentate.

 

Un impatto di una cometa ha causato la fuoriuscita di grandi archi luminosi da Giove, uno dei quali si è connesso con Io ed è rimasto stabile. L’energia ID che scorre nei poli nord e sud vengono reincanalati in un singolo punto largo 200 miglia perfettamente geometrico all’equatore. Si sono visti nuovi colori sulla superficie di Io ed è apparso per la prima volta il più grande vulcano mai visto meno di un anno dopo. La ionosfera di Io è divenuta molto più alta, la superficie è diventata più calda, e si sono visti colori nuovi nell’aurora. Si è scoperto che anche Europa possiede un misterioso tubo di energia nel percorso della sua orbita, e si è recentemente visto che è molto più brillante di quanto ci si attendesse. Anche l’aurora di Ganimede ha sostanzialmente brillato, indicando un possibile aumento della densità atmosferica. L’aurora di Callisto è ben il 1000% più forte di quanto ci si attendesse, e i relativi livelli di radiazione sono il 467% più elevati di quanto ci si aspettasse. Un altro tubo gigante di energia è stato scoperto oltre l’orbita di Callisto, ed inspiegabilmente ruotava in senso contrario.

 

Le velocità minori delle nuvole sono a 19,5° latitudine sud, e le maggiori velocità di nubi sono a 19,5° nord, in accordo preciso con il Modello Iperdimensionale. Una enorme pulsazione di raggi X dell’ordine dei gigawatt emerge esattamente al polo nord geometrico di Giove ogni 45 minuti, mostrandoci il vertice dello stesso campo energetico tetraedrico che emerge come il Grande Punto Rosso… che è grande a sufficienza per contenere due volte la Terra.

 

Messe insieme, queste scoperte dimostrano le notevoli proprietà geometriche di Giove, e un’innegabile evoluzione come un sistema nella natura di base della sua temperatura, composizione e comportamento energetico. Procedendo con la Terza Parte di questo Rapporto, scopriremo che ogni altro pianeta, Saturno… Urano… Nettuno… Plutone… Terra… ci stanno mostrando tipi simili di cambiamenti, dimostrando così veramente che abbiamo a che fare con una trasformazione interplanetaria. Vedremo anche le prove provenienti dagli studi sulla Terra che mostrano come i cambiamenti che stiamo vivendo qui siano direttamente correlati con i cambiamenti nel più vasto sistema solare.

 

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[14] “Dalla fine degli anni ’70, la quantità di radiazioni solari che il sole emette, durante i periodi di scarsa attività delle macchie solari, è aumentato di circa il 0,05% per decennio, secondo un fondato studio della NASA. “Questo andamento è importante perché se proseguito per molti decenni, potrebbe causare significativi cambiamenti climatici, “ ha detto Richard Wilson, un ricercatore affiliato con il Goddard Institute for Space Studies della NASA e l’Earth Institute della Columbia University, New York”. NASA Goddard Space Flight Center. NASA Study Finds Increasing Solar Trend that can Change Climate. 20 Marzo 2003. URL: http://www.gsfc.nasa.gov/topstory/2003/0313irradiance.html

 

[15] “…secondo Michael Lockwood e colleghi del Rutherford Appleton Laboratory in England… Analizzando le misurazioni strumentali prese dal 1868, concludono che il campo magnetico esteriore del Sole è aumentato del 230% dal 1901 e del 40% dal 1964”. Suplee, Curt. Sun Studies May Shed Light on Global Warming. Washington Post, Monday, 9 Ott. 2000, pg. A13. URL: http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A35885-2000Oct8.html

[16] “Una squadra di ricercatori guidata da George Gloeckler, un professore di fisica all’Università del Maryland, ha pubblicato un documento il 15 Gennaio 1999 esito del Geophysical Research Letters (GRL) a proposito dell’insolita composizione dell’eiezione di massa della corona (CME) del 2-3 Maggio (1998), una bolla di gas di linee del campo magnetico che il sole espelle nel giro di parecchie ore… Le eiezioni di massa della corona trasportano lontano dal sole plasma, o gas ionizzato, a velocità che si avvicinano ai 2000 chilometri al secondo… “Siamo stati completamente sorpresi dall’assai insolita ed inattesa composizione di questa CME”, dice Gloeckler. La sua squadra ha osservato, per esempio, che la densità di 4He+ [una forma di elio caricato] era alta quasi quanto la densità di 4He++ per parecchie ore. “Questo grande rapporto 4He+/4He++, che ha resistito per ore, non era mai stato osservato prima nel vento solare” hanno scritto. Hanno anche osservato un grande aumento di elio e ioni più pesanti nel plasma della CME. L’insolita composizione della CME è durata per un tempo eccezionalmente lungo, scrivono… “Questo non è certamente un vento solare nella norma ma una situazione anomala”, dice Gloeckler. “Comunque tali scoperte anomale spesso conducono ad una più profonda comprensione dei processi fisici”. Bartlett, Kristina. ACEing the sun. American Geophysical Union / Geotimes News Notes, Aprile 1999. URL: http://www.geotimes.org/apr99/newsnotes.html

[17] “Craig DeForest, un fisico solare del Southwest Research Institute, ha detto… “Mi fermerei e direi che sembra essere di circa X40 basandoci sull’estrapolazione del flusso di raggi X nel periodo di saturazione…”Si stima che possa essere anche conservativa”, ha detto”. Britt, Robert Roy. Solar super-flare amazes scientists. Space.com / MSNBC.com, 6 Nov., 2003. URL: http://www.msnbc.com/news/984388.asp?cp1=1

[18] Il dott. Paal Brekke, scienziato assistente di progetto per il satellite Solar Heliospheric Observatory (SOHO) che monitorizza il Sole, ha detto alla BBC News Online… “Penso che la scorsa settimana finirà sui libri di storia come uno dei periodi di attività solare più critici che abbiamo visto nei tempi moderni… Per quanto io sappia non c’è stato mai niente di simile prima”. Whitehouse, David Ph.D. What is Happening to the Sun? BBC News Online, Tuesday, 4 Novembre 2003. URL: http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/3238961.stm

[19] “Ilya Usoskin, un geofisico che ha lavorato con i colleghi dell’Università di Oulu in Finlandia e del Max Plance Institute di Aeronomia a Katlenburg-Lindau, Germania, ha scoperto che ci sono state più macchie solari dagli anni solari ad oggi che non nei precedenti 1150 anni. Le osservazioni delle macchie solari si estendono fino ai primi del 17° secolo, quando fu inventato il telescopio. Per estendere i dati più in dietro nel tempo, la squadra di Usoskin ha usato un modello fisico per calcolare il numero delle macchie solari passate dai livelli di isotopi radioattivi conservati nei nuclei di ghiaccio presi dalla Groenlandia e dall’Antartide… Mike Lockwood, del Rutherford Appleton Laboratory vicino Oxford nel Regno Unito… ha detto al New Scientist che quando ha visto i dati convertiti in numeri di macchie solari ha pensato “Ma perché diavolo non l’ho fatto io?” Rende la conclusione molto severa, ha detto. “Al momento stiamo vivendo con un sole assai insolito”. Hogan, Jenny. Sun More Active than for a Millennium. New Scientist, 2 Novembre, 2003. URL: http://www.newscientist.com/news/news.jsp?id=ns99994321

[20] “Mercurio sembrerebbe essere uno dei posti meno probabili del sistema solare per trovare del ghiaccio. Il pianeta più vicino al Sole ha temperature che possono raggiungere oltre i 700°K… Nonostante ciò, la scansione radar di Mercurio fatta da Terra ha rilevato aree di alta riflessione radar vicino ai poli nord e sud, i quali potrebbero essere indicativi di una presenza di ghiaccio in queste regioni (1-3). Sembrano esserci dozzine di queste aree con forme generalmente circolari. Presumibilmente, il ghiaccio è localizzato entro crateri permanentemente in ombra vicino ai poli, dove potrebbe essere freddo abbastanza affinché esista ghiaccio per lunghi periodi di tempo… L’acqua ghiacciata sulla superficie di Mercurio è esposta direttamente al vuoto, e sublimerebbe e scapperebbe rapidamente nello spazio a meno che non si mantenga fredda per tutto il tempo. Questo implica che il ghiaccio non può mai essere esposto direttamente alla luce del Sole. L’unico posto sulla superficie di Mercurio dove ciò è possibile sembrerebbe essere vicino ai poli, dove il fondo di alcuni crateri potrebbero essere profondi abbastanza da assicurare ombra permanente. Se tali crateri permanentemente in ombra esistano su Mercurio è ancora un mistero… Il Surface Lander, comunque, sopravviverà solo una settimana nelle condizioni più aspre del pianeta. Atterrerà vicino al polo…”  Jong, Diana. Mysteries of Mercury: New Search for Heat and Ice. Space.com, 31 Dic. 2002. URL: http://www.space.com/scienceastronomy/mysteries_mercury_021231.html

[21] Woodfill, Jerry. Mercury. NASA/Johnson Space Center Space Educators’ Handbook, 8 Feb. 2000. URL: http://vesuvius.jsc.nasa.gov/er/seh/mercury.html

[22] (Nel 1974-5)il Mariner 10 ha rilevato molte caratteristiche intriganti di Mercurio, e non tutte erano superficiali. Sotto la sua superficie, Mercurio nasconde un nucleo che sembra essere più denso di quello della Terra, inaspettatamente, data la dimensione del pianeta (circa la stessa della Luna). Altrettanto inaspettatamente, Mercurio possiede un campo magnetico relativamente forte… “Quello che abbiamo bisogno di sapere è quanto in particolare il pianeta sia in grado di evolversi tanto vicino al Sole” dice Macello Coradini, coordinatore delle missioni per il sistema solare dell‘ESA”. Jong, Diana. Mysteries of Mercury: New Search for Heat and Ice. Space.com, 31 Dic. 2002. URL: http://www.space.com/scienceastronomy/mysteries_mercury_021231.html

[23] “”Il nostro modello mostra che Venere è cambiato dinamicamente nel recente passato”, ha detto Bullock. “Dato che Venere e la Terra hanno una serie di similarità, ci sono implicazioni qui per il nostro stesso futuro” Un articolo di Bulloock e GrinSpoon riguardante il cambiamento globale di Venere appare nell’edizione di Marzo del Scientific American… Nel 1984, il collega del LASP Larry Esposito ha utilizzato i dati del satellite della NASA Pioneer su Venere per determinare che le concentrazioni di diossido di solfuro nelle nubi di alta quota sono drasticamente diminuite dal 1978 al 1983, indicando che una massiccia eruzione vulcanica si è verificata un decennio prima. “Venere è l’unica possibilità di studiare l’evoluzione di un sistema climatico nel sistema solare simile al nostro” ha detto Grinspoon… Il modello indica “il clima dei pianeti simili alla terra possono vivere delle transizioni inaspettate per causa delle interazioni tra processi a scala planetaria”. Gli studi sui nuclei di ghiaccio della Terra mostrano che le temperature possono crescere di quasi 20°F in meno di un decennio”. Bullock, Mark et al. New Climate Modeling of Venus May Hold Clues to Earth’s Future. University of Colorado at Boulder News, 18 Feb. 1999. URL: http://www.colorado.edu/PublicRelations/NewsReleases/1999/New_Climate_Modeling_Of_Venus_.html

[24] “Venere ha meno diossido di solfuro, quindi meno attività vulcanica, che negli anni ‘70”. NASA. Aeronautics and Space Report of the President: Fiscal Year 1995 Activities. Curator: Lillian Gipson, Last Updated 5 Settembre, 1996. URL: http://www.hq.nasa.gov/office/pao/History/presrep95/solarsys.htm

[25] “Appena prima dell’alba del 20 Novembre 1999 sono state condotte delle misurazioni per registrare la luminosità notturna di Venere col telescopio Keck. Le analisi dello spettro risultante nella posizione della linea verde dell’ossigeno hanno mostrato una forte emissione dalla atmosfera terrestre ed un segnale comparabile da Venere, con un’intensità di qualcosa come 25 volte (2500%) maggiore dei limiti superiori stabiliti dai risultati della (Russa) Venera (del 1975)”. Resnick, Alice. SRI International Makes First Observation of Atomic Oxygen Emission in the Night Airglow of Venus. SRI International, 18 Gen. 2001. URL:  http://www.sri.com/news/releases/01-18-01.html

[26] “Gli astronomi che osservavano il lato notturno di Venere sono rimasti sorpresi di trovare emissioni da atomi di ossigeno forti come quelle dell’aurora dell’atmosfera terrestre. La scoperta è imbarazzante perché l’atmosfera di Venere è molto diversa dalla nostra, contiene molto poco ossigeno ed è dominato dal diossido di carbonio. … gli orbiters Venera russi hanno visitato Venere nel 1975 e non hanno trovato alcuna traccia del segnale verde. “Non capiamo come la variabilità possa essere tanto grande”, ha detto Slanger, sebbene il team speculi che le fluttuazioni possano essere connesse col ciclo solare”. Physics Web. Night-time on Venus. Physics Web: Physics news, jobs and resources. 18 Gen. 2001. URL: http://www.physicsweb.org/article/news/5/1/10

[27] “Le sonde sovietiche (Venera 11 e Venera 12 indietro nel 1975)  ha puntato i colori che indicano la presenza delle molecole di ossigeno (coppie di atomi di ossigeno legati insieme) ma non il colore verde dato dai singoli atomi di ossigeno eccitati. Nel 1999, i ricercatori del S.R.I International a Menlo Park in California, e il Lowell Observatory a Falgstaff in Arizona, hanno puntato il telescopio Keck da 10 metri di Mauna Kea, Hawaii, verso Venere per otto minuti ed hanno visto la distintiva luminescenza verde degli atomi di ossigeno. “E’ stata una sorpresa totale”, ha detto il dott. Thomas G. Slanger, uno scienziato del S.R.I. e prima firma di un documento nell’attuale edizione di Science. Gli scienziati ritengono che gli strumenti a bordo della Venera funzionassero correttamente quando hanno rilevato la luminescenza più debole dell’ossigeno molecolare… Non c’è neanche una spiegazione semplice per ciò che sta causando la nascita degli atomi di ossigeno” Chang, Kenneth. Mysterious Night Glow in the Skies of Venus Puzzles Scientists. New York Times, 28 Gen. 2001. URL: http://www.nytimes.com/2001/01/23/science/23VENU.html

[28] “Gli astronomi che osservavano il lato notturno di Venere sono rimasti sorpresi di trovare emissioni da atomi di ossigeno forti come quelle dell’aurora dell’atmosfera terrestre. La scoperta è imbarazzante perché l’atmosfera di Venere è molto diversa dalla nostra, contiene molto poco ossigeno ed è dominato dal diossido di carbonio. … gli orbiters Venera russi hanno visitato Venere nel 1975 e non hanno trovato alcuna traccia del segnale verde. “Non capiamo come la variabilità possa essere tanto grande”, ha detto Slanger, sebbene il team speculi che le fluttuazioni possano essere connesse col ciclo solare”. Physics Web. Night-time on Venus. Physics Web: Physics news, jobs and resources. 18 Gen. 2001. URL: http://www.physicsweb.org/article/news/5/1/10

[29] “Ad accompagnare il documento su Science di Slanger ed altri, c’è un commento del dott. David Crisp della NASA/Caltech Jet Propulsion Laboratory. “Io certamente mi fido di quei dati”, ha affermato il dott. Crisp. “Qualcosa di strano sta accadendo nell’atmosfera superiore di Venere”. In definitive non sappiamo proprio cosa stia accadendo”. Perew, Mark. Evidence of Atomic Oxygen Challenges Understanding of Venus. Universe Today, 19 Gen. 2001: http://www.universetoday.com/html/articles/2001-0119a.html)

[30] “Utilizzando i dati del satellite, una squadra internazionale di ricercatori ha scoperto che Venere presenta una gigantesca coda costituita da ioni che si estende quasi abbastanza lontano da solleticare la Terra quando i due pianeti sono allineati col Sole. “Non mi aspettavo di trovarla”, dice un membro del team, Marcia Neugebauer del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, California. “E’ un segnale veramente molto forte, e non c’è dubbio che sia reale”. Il Pioneer Venus Orbiter della NASA aveva scoperto per primo la coda nei tardi anni ’70. Intorno ai 70.000 chilometri dal pianeta, la navicella spaziale ha rilevato esplosioni di calore, ioni energetici, o plasma. La coda esiste perché gli ioni dell’atmosfera superiore di Venere sono bombardati dal vento solare, un flusso di plasma che soffia fuori dal Sole. Ma ora l’Osservatorio Solare Europeo (SOHO), un progetto parzialmente sponsorizzato dalla NASA, ha mostrato che la coda si estende per qualcosa come 45 milioni di chilometri nello spazio, più di 600 volte più lontano di ogni altra conosciuta”. Hecht, Jeff. Planet’s Tail of the Unexpected. New Scientist, 31 Maggio 1997. URL: http://web.archive.org/web/19970605230452/http://www.newscientist.com/ns/970531/nvenus.html (also see http://www.holoscience.com/news/balloon.html)

[31] Savage, Don et al. Hubble Monitors Weather on Neighboring Planets. HubbleSite News Center, 1995, no. 16. URL: http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/1995/16/text

[32] “In quella particolare orbita [della sonda Mars Surveyor] la densità atmosferica è improvvisamente aumentata di un fattore 2 (200%) oltre il suo valore nelle orbite precedenti, così che l’attrito era proporzionalmente maggiore. Tali variazioni di densità, sebbene inaspettate, non sono considerate straordinarie per la stagione di Marte”. Wheaton, Bill. JPL and NASA News. Nov. 1997. URL: http://www.aqua.co.za/assa_jhb/Canopus/c97bjpl.htm

[33] Villard, Ray et al. Colossal Cyclone Swirls Near Martian North Pole. HubbleSite News Center, 19 Maggio 1999, no. 22. URL: http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/1999/22/

[34] Savage, Don / Hardin, Mary / Villard, Ray / Neal, Nancy. Scientists Track “Perfect Storm” on Mars. HubbleSite NewsCenter, 11 Ott. 2001, no. 31. URL: http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/2001/31/text/

[35] Britt, Robert Roy. Mars Ski Report: Snow is Hard, Dense and Disappearing. Space.com, 6 Dic. 2001. URL: http://www.space.com/scienceastronomy/solarsystem/mars_snow_011206-1.html

[36] James, Phil et al. Seasonal Changes in Mars’ North Polar Ice Cap. HubbleSite NewsCenter, 1997, no. 15. URL: http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/1997/15/image/b

[37] Come riferimento, questa prossima immagine mostra una serie di formazioni che possono apparire nell’acqua, semplicemente facendola vibrare a frequenze sonore “pure” (Diatoniche). Le linee bianche sono causate da minuscole particelle liberamente fluttuanti sospese nell’acqua, che vengono radunate dalla pressione delle onde tridimensionali. Sono chiaramente visibili le strutture esagonali nei centri dei riquadri in alto ed in basso a destra, ed il riquadro in alto a destra ha anche due tetraedri molto chiari, esattamente come appaiono sui pianeti nel modello ID. I tetraedri sembrano come un fiocco di neve da quest’angolo:

Supplemento – Schemi di onde geometriche tridimensionali causate da vibrazioni sonore nell’acqua (dott. Hans Jenny)

[38] “Le osservazioni con due telescopi della NASA mostrano che Giove ha un vortice nel polo artico simile al vortice sopra l’Antartide della Terra che causa l’esaurimento dell’ozono stratosferico della Terra. Queste immagini composite della regione polare nord di Giove dal Telescopio Spaziale Hubble (destra) e dalla Infrared Telescope Facility (sinistra) mostrano una forma quasi-esagonale che si estende in verticale dalla stratosfera giù fino alla cima della troposfera. Una sottile caduta di temperatura, comparato alle masse d’aria circostanti, creano un vento da est che tende a tenere l’atmosfera polare, compresa la foschia stratosferica, isolata dal resto dell’atmosfera. Le strisce lineari nelle proiezioni composite sono artefatti del processo di sviluppo dell’immagine. L’area più vicina al polo è stata omessa perché era troppo vicina al bordo del pianeta nelle immagini originali per rappresentare il pianeta in modo realistico. Il sottile bordo e la struttura simile all’onda dello strato della foschia suggeriscono un vortice polare ed una similarità con le nuvole stratosferiche polari della Terra. Le immagini della radiazione termica di Giove [mostrata nell’immagine a falso colore sulla sinistra] fissa tale identificazione… Queste immagini sono state prese tra l’11 ed il 13 Agosto 1999 in un momento in cui il polo nord di Giove era più visibile dalla Terra. Altre immagini dell’Infrared Telescope Facility a frequenze sensibili alla foschia polare sono state prese a intervalli frequenti da Giugno ad Ottobre 1999. Esse mostrano che la struttura quasi-esagonale ruota lentamente verso est di 1,2° di longitudine al giorno, una velocità in accordo con le velocità dei venti misurate dal movimento delle nuvole visibili. Di particolare interesse ma ancora sconosciuto è quanto in profondità nella troposfera di Giove si estenda il fenomeno…” NASA Planetary Photojournal. PIA03864: Cold Hole over Jupiter’s Pole. NASA/JPL/HST/University of Hawaii. 1999. URL: http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA03864

[39] Space Daily. Seventy-Day Jupiter Movie Pulls Patterns Out Of Chaos. Space Daily, 23 Luglio 2001. URL: http://www.spacedaily.com/news/jupiter-clouds-01a.html

[40] NASA. Ultraviolet Movie of Jupiter’s Polar Stratosphere. NASA/JPL/SwRI, 13 Marzo, 2002. URL: http://ciclops.lpl.arizona.edu/PR/2002C13/PR2002C13A.html

[41] Porco, Carolyn et al. Cassini Imaging of Jupiter’s Atmosphere, Satellites, and Rings. Science magazine, vol. 299, 7 Marzo 2003. URL: http://ciclops.arizona.edu/sci/docs/porco-etal-cassini-jupiter-science-2003.pdf

[42] Yang, Sarah. Researcher predicts global climate change on Jupiter as giant planet’s spots disappear. UC Berkeley Press Release, 21 Aprile  2004. URL: http://www.berkeley.edu/news/media/releases/2004/04/21_jupiter.shtml

[43] Britt, Robert Roy. Jupiter’s spots disappear amid major climate change. USA TODAY / Tech / Space.com, 22 Aprile 2004. URL: http://www.usatoday.com/tech/news/2004-04-22-jupiter-spots-going_x.htm

[44] “[Nel 1979] le Voyager hanno visto emissioni ultraviolette (nel campo magnetico di Giove) da solfuro doppiamente e triplamente ionizzato e da ossigeno doppiamente ionizzato. Le Pioneer 11 e 12 non le hanno rilevate, quindi il plasma caldo evidentemente non era presente [nel campo magnetico di Giove] nel 1973 e 74”. NASA/JPL. Voyager Science at Jupiter: Magnetosphere. Jet Propulsion Laboratory, California Institute of Technology. URL: http://voyager.jpl.nasa.gov/science/jupiter_magnetosphere.html

[45] Clarke, John T. Hubble Sees Auroral Emission Arcs Following the K Impact. NASA/JPL, 29 Set. 1994. URL: http://www2.jpl.nasa.gov/sl9/image271.html

[46] Cambridge University. Hubble follows rapid changes in Jupiter’s aurora. Cambridge University Institute of Astronomy, 17 Ott. 1996. URL: http://www.ast.cam.ac.uk/HST/press/32.html

[47] Free Republic. Astronomy Picture of the Day. Hubble Image, Hubble Image, Photo No.: STScI-PRC96-32, 17 Ott. 1996. URL: http://209.157.64.200/focus/f-chat/727721/posts

[48] “Un tema centrale che emerge nella discussione sulla media ed alta atmosfera è la temperatura… Nella termosfera, una domanda fondamentale riguarda la temperatura stessa, perché è centinaia di gradi più calda di quanto previsto basandosi su una teoria che sia adeguata per la Terra e Titano…” Bagenal, Fran et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 1: Introduction.  URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch1.pdf

[49] “I modelli forniscono un range nell’abbondanza di elementi pesanti di Giove tra il 3 ed il 13% di massa. Questa è una enorme incertezza. L’ossigeno è il terzo elemento più abbondante dell’Universo e si assume che costituisca la metà della massa di elementi pesanti su Giove. Una quantità di ossigeno fino a 20 volte la massa della Terra non calcolata sembra un po’ imbarazzante”. Bagenal, Fran et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 1: Introduction. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch1.pdf

[50] “…il Sole ha solo il 2% della sua massa in elementi che non siano idrogeno ed elio (gli elementi pesanti) mentre Giove ne ha tra il 3 ed il 13%… Nel 1995, dopo un lungo viaggio, la sonda Galileo ha misurato con successo la composizione e la struttura dell’atmosfera di Giove. Dato che il nuovo valore per il rapporto di miscelazione della massa di elio… era maggiore della misurazione della Voyager [indicando un aumento nel contenuto di elio nell’atmosfera], i modelli …devono necessariamente cedere una quantità di elementi pesanti nella regione molecolare [dell’atmosfera di Giove].” Guillot, Tristan et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 3: The Interior of Jupiter. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch3.pdf

[51] “I livelli d’intensità di emissione sincrotronica [di radiazione] al tempo delle misurazioni della sonda Galileo [iniziate nel 1995] erano circa il 25% più alti che durante i passaggi della Pioneer [del 1979] (Klein et al. 2001)”. Bolton, Scott J. et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 27: Jupiter’s Inner Radiation Belts. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch27.pdf

[52] “Questa coppia di immagini della luna vulcanica di Giove, Io, presa con il telescopio Hubble, mostra la sorprendente crescita di un oggetto bianco-giallognolo largo 200 miglia vicino al centro del disco della luna [foto sulla destra]. Questo rappresenta un cambiamento più drammatico in 16 mesi che in tutti i 15 anni, dicono i ricercatori. Essi suggeriscono che il punto possa essere una nuova classe di caratteristica transitoria sulla luna. Per comparazione la foto sulla sinistra è stata presa nel Marzo 1994, prima che il punto emergesse”.  Spencer, J (Lowell Observatory) and NASA. Hubble Discovers Bright New Spot on Io. Hubble News Center, 1995, No. 37. URL: http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/1995/37/

[53] Se si osserva attentamente l’immagine di Io sulla sinistra, c’è una formazione rettilinea diagonale nell’area superiore sinistra che combacia splendidamente con la posizione della linea superiore sinistra dell’ottaedro. Inoltre, alcune tracce di questa linea sono visibili ancora nel Luglio 1995 sulla destra. Una linea simile è stata vista nell’aurorea sempre più verde di Venere nelle figure 3 e 4. Qui, l’apparente comparsa di una tale linea potrebbe anche essere costruita come un “segnale d’avvertimento” che il flusso di energia ottaedrica nel pianeta si stia scaldando, prima che l’energia esploda fuori da uno dei punti di nodo dell’ottaedro.

[54] “La [prima] foto indica che la superficie di Io ha attraversato solo a piccoli cambiamenti da quando è stata vista l’ultima volta da vicino dalla sonda Voyager 2 nel 1979”. Spencer, J (Lowell Observatory) and NASA. Hubble Discovers Bright New Spot on Io. Hubble News Center, 1995, No. 37. URL: http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/1995/37/

[55] Murrill, Mary Beth. Galileo Finds Big Changes on Jupiter’s Volcanic Moon Io. NASA/JPL/Caltech Press Release, 18 Luglio 1996. URL: http://www2.jpl.nasa.gov/galileo/status960718.html

[56] Heil, Martha. Jupiter’s Volcanic Moon Io: Strange Shapes in a Sizzling World. NASA/JPL/Caltech Press Release, 26 Ott. 2000. URL: http://members.fortunecity.com/volcanopele/news102600.htm

[57] CNN. Images reveal lakes, snow, geysers on Jupiter moon Io. CNN.com/SPACE, 19 Maggio 2000. URL: http://www.cnn.com/2000/TECH/space/05/19/io.images/index.html

[58] NASA Planetary Photojournal. PIA00495: Changing volcanoes on Io. NASA/JPL, 18 Nov. 1997. URL: http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA00495

[59] "I sensori sulla navetta hanno trovato una regione molto densa di ossigeno ionizzato, solfuro e diossido di solfuro a 555 miglia da Io che devono essere pompate in quella regione di Io dalla inflessibile attività vulcanica”, ha detto il dott. Louis A. Frank dell’University of Iowa, principale investigatore nell’esperimento scientifico sul plasma della Galileo. “Invece di essere respinto via dalla magnetosfera rotante di Giove come previsto, i gas ionizzati rimangono sorprendentemente con Io”, ha detto. "Il passaggio della navicella Galileo attraverso una ionosfera non era previsto perché le immagini dei pennacchi vulcanici prese in precedenza dalla navicella Voyager indicavano che l’altezza dei pennacchi si estendeva solo per alcune centinaia di chilometri o meno”, ha detto Frank. Una occultazione radio della navicella Pioneer 10 nel 1973 ha indicato altezze ionosferiche di soli 30-60 miglia sopra la superficie. “Nessuno si aspettava di vedere questo a 900 chilometri [555 miglia] di altitudine” ha aggiunto. La differenza tra quello che ha visto la Pioneer e quello che ha osservato la Galileo indica che l’atmosfera e la ionosfera di Io sono variabili e possono crescere e restringersi a seconda dell’attività vulcanica”. (grassetti aggiunti) Murrill, Mary Beth and Isabell, Douglas. High-Altitude Ionosphere Found at Io by Galileo Spacecraft. NASA/Goddard Space Flight Center, Release 96-216, 23 Ott. 1996. URL: http://nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/text/gal_io_ionosphere.txt

[60] “PROVIDENCE, R.I. – A centinaia di milioni di miglia dal Sole, i vulcani sulla luna di Giove, Io, friggono alle temperature superficiali più alte mai registrate in tutti i corpi planetari del sistema solare. Gli scienziati planetari dell’University of Arizona, della Brown University e di cinque altre istituzioni riportano questa scoperta nella storia di copertina dell’edizione del 3 Luglio del settimanale Science…  “La lava caldissima che erutta su Io è più calda di ogni altra cosa che è eruttata sulla Terra in miliardi di anni”, dice l’autore capo Alfred McEwen, direttore del Planetary Image Research Lab all’University of Arizona. “Sono le temperature superficiali più alte nel sistema solare a parte il sole stesso”. Almeno 12 differenti sfiati su Io hanno sputato lava a temperature superiori a 2.200°F. Uno sfiato vulcanico può essere addirittura a 3.100°F, circa tre volte più caldo della più calda superficie soleggiata di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole… Le più recenti misurazioni di temperatura sono più del doppio delle più alte temperature registrate dalla navicella Voyager nel 1979 e superano anche le più recenti misurazioni fatte coi telescopi… Gli scienziati sono stati sorpresi dalle estreme temperature… Gli scienziati non sanno ancora come spiegare cosa sta succedendo su Io”. (grassetti aggiunti) Morton, Carol. Scientists find solar system’s hottest surfaces on Jupiter’s moon Io. NASA / The Brown University News Bureau, Distributed July 2, 1998. URL: http://www.brown.edu/Administration/News_Bureau/1998-99/98-001.html

[61] Heil, Martha. Jupiter’s Volcanic Moon Io: Strange Shapes in a Sizzling World. NASA/JPL/Caltech Press Release, 26 Ott. 2000. URL: http://members.fortunecity.com/volcanopele/news102600.htm

[62] “I colori vividi, causati dalle collisioni tra I gas atmosferici di Io e le particelle cariche intrappolate nel campo magnetico di Giove, non sono state osservate in precedenza”. NASA/JPL Planetary Photojournal. PIA01637: Io’s Aurorae. 13 Ott. 1998. URL: http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA01637

[63] “La Cassini ha scattato parecchie sequenze di immagini di Io, Europa e Ganimede eclissate da Giove… Le emissioni [atmosferiche] di Io sono state rilevate in regioni dello spettro mai viste in precedenza, da 250 a 380 nm e da 670 a 850 nm”. Porco, Carolyn et al. Cassini Imaging of Jupiter’s Atmosphere, Satellites, and Rings. Science magazine, vol. 299, 7 Marzo 2003. URL: http://ciclops.arizona.edu/sci/docs/porco-etal-cassini-jupiter-science-2003.pdf

[64] Alcuni di questi effetti potrebbero essere dovuti alla maggior sofisticatezza dello strumento: “la telecamera della Cassini è sensibile anche a lunghezze d’onda più brevi della telecamera della Galileo, e potrebbe registrare più colori usando filtri diversi”. Questo non conta per i nuovi colori visti dalla Galileo nel 1998, quindi è probabile una combinazione di reali trasformazioni (visibili in tutto il sistema solare) con la migliorata sofisticatezza dello strumento. Stiles, Lori. Cassini Captures Light Show on Jupiter’s Moon Io, During Eclipse. University of Arizona News Service, 31 Maggio 2001. URL: http://members.fortunecity.com/volcanopele/news053101.htm

[65] McEwen, Alfred. Galileo and Cassini Image Two Giant Plumes on Io. NASA’s Planetary Photojournal PIA-02588, 29 Marzo 2001. URL: http://pirlwww.lpl.arizona.edu/missions/Galileo/releases/29Mar2001_g29plumes.html

[66] McEwen, Alfred. Galileo and Cassini Image Two Giant Plumes on Io. NASA’s Planetary Photojournal PIA-02588, 29 Marzo 2001. URL: http://pirlwww.lpl.arizona.edu/missions/Galileo/releases/29Mar2001_g29plumes.html

[67] Keszthelyi, Laszlo. Io Reveals Towering Volcanic Plume Never Seen Before. Daily University Science News (UniSci), 30 Marzo 2001. URL: http://unisci.com/stories/20011/0330011.htm

[68] NASA Planetary Photojournal. Northern Plume and Plume Deposits on Io. NASA Planetary Photojournal PIA-02592,  4 Ottobre 2001. URL: http://pirlwww.lpl.arizona.edu/missions/Galileo/releases/4Oct2001_i31plume.html

[69] “Attraverso gran parte del passaggio nel toroide di Io che ha portato all’incontro, la Galileo ha misurato una densità di ioni che era circa il 50% maggiore di quelle osservate dalla Voyager alla stessa distanza [Bridge et al. 1979; Bagenal, 1994]… I fenomeni di plasma visti dalla Galileo (nel campo magnetico di Giove nel 1995) sono stati, in generale, non inaspettati, ma la loro forza superava le aspettative. Il plasma era più denso del previsto nel toroide e nella relativa regione. Le ampiezze d’onda erano maggiori di quanto ci si aspettasse”. Russell, C.T. et al., Eos, Transactions, American Geophysical Union, Vol. 78, No. 9 (1997), p. 93, 100. URL:  http://www-ssc.igpp.ucla.edu/personnel/russell/papers/Io_Jovian/

[70] “Le osservazioni acquisite durante i sorvoli di Io (da parte della Galileo) nel Dicembre 1995 hanno testimoniato un interazione che era più forte di quanto ci si aspettasse dall’era delle osservazioni della Voyager (1978-79). Le densità del plasma del toroide erano maggiori di circa un fattore 2 [200%], si è osservata un’intensa perturbazione del campo magnetico (molto probabilmente una conseguenza di una amplificata corrente elettrica totale), il flusso di plasma era molto fortemente ridotto e nel cuore era presente intensi elettroni bidirezionali. Una possibile causa dei cambiamenti osservati potrebbe essere la variabilità dell’attività vulcanica di Io che ha modificato l’atmosfera neutra e che è sfociata in forti interazioni di plasma in un denso toroide”. Saur, Joachim et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 22: Plasma Interaction of Io with its Plasma Torus. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch22.pdf

[71] “Nel 1998.99, il freddo toroide (nell’orbita di Io) è comparso come un urto sul bordi interni della gomma (del plasma). Nel 2000, il toroide freddo è ben determinato dalla gomma, e più luminosa della gomma in virtualmente tutte le longitudini… Una comparazione con le osservazioni della Cassini e di altri con base a terra può posizionare la variabilità in un contesto, sebbene probabilmente non ci siano dati sufficienti per determinare la causa o l’effetto della variabilità del toroide”. Schneider, N.M. et al. Substantial Io Torus Variability 1998-2000. NASA Planetary Astronomy Program, DPS 2001 meeting, Novembre 2001. URL: http://www.aas.org/publications/baas/v33n3/dps2001/513.htm

[72] “Utilizzando un nuovo sensibile strumento di immagini sulla navicella Cassini della NASA, i ricercatori della The Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (APL) di Laurel, MD., hanno scoperto una nube grande e sorprendentemente densa di gas che condivide un’orbita con la luna ghiacciata di Giove, Europa… La massa della nube indica … che Europa, in orbita a 416.000 miglia (671.000 chilometri) da Giove, comporta una considerevole influenza nella configurazione magnetica intorno al pianeta gigante. Sorprendentemente, la nube di gas di Europa è comparabile a quella generata dal vulcanico satellite Io”, dice Mauk. “Ma mentre i vulcani di Io sputano materiali costantemente, principalmente solfuro e ossigeno, Europa a confronto è una luna tranquilla… …Il denso toroide di gas fornisce ad Europa un’influenza molto maggiore di quanto ritenuto in precedenza nella struttura, e nel flusso energetico interno, dell’enorme ambiente spaziale di Giove, la sua magnetosfera”, dice Buckley, Michael et al. Johns Hopkins Applied Physics Lab Researchers Discover Massive Gas Cloud Around Jupiter. JHU Applied Physics Laboratory, 27 Feb. 2003. URL: http://www.jhuapl.edu/newscenter/pressreleases/2003/030227.htm

[73] “Immagini recenti HST/STIS nelle linee degli spettri OI (Figura 19.10) indicano uno schema più complesso di emissione [luminosa] di quanto ci si sarebbe aspettato dall’interazione del plasma [di Europa] con una atmosfera otticamente sottile. Le 1356 immagini OI [del Telescopio Spaziale Hubble] mostrano il ramo che ci aspettava brillare intorno al disco più una regione molto più luminosa nell’emisfero del lato opposto a quello di Giove”. McGrath, Melissa et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 19: Satellite Atmospheres. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch19.pdf

[74] “Le misurazioni della Voyager nella lamina di plasma [della luna di Giove Ganimede]… potrebbe supportare [un] flusso di 10-40R… Comunque, le osservazioni STIS [del Telescopio Spaziale Hubble] mostrano un ramo polare brillare nel range di 50-100R, suggerendo che più di una lamina di elettroni di plasma [della luna stessa] siano coinvolti nel processo di eccitazione. L’ultimo punto è [anche ] più evidente quando si ricerca una spiegazione per i punti caldi dell’intensa emissione auroreale vista nelle osservazioni HST/STIS… [di] punti luminosi di 300R”. McGrath, Melissa et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 19: Satellite Atmospheres. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch19.pdf

[75] “Un’altra potenziale soluzione per comprendere le grandi intensità HST [del plasma intorno alla luna di Giove Ganimede] è arguire che le misurazioni della Voyager… non siano applicabili all’epoca della Galileo/HST e le densità della colonna atmosferica forse sono [ora] un ordine di grandezza superiore[cioè 1000% maggiori]… In conclusione la nostra limitata informazione impedisce una deduzione definitiva della densità  media della colonna di O2 su Ganimede”. McGrath, Melissa et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 19: Satellite Atmospheres. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch19.pdf

[76] “Come è diventato tanto caldo che il ferro liquido nel suo nucleo gira abbastanza da creare un campo magnetico? O c’è qualcosa di sbagliato nella nostra teoria o la nostra comprensione di Ganimede è storia”, ha detto Johnson”. Stenger, Richard. New revelations, riddles about solar system's most intriguing satellites. CNN.com / Space, 23 Ago 2000. URL: http://www.cnn.com/2000/TECH/space/08/23/moons.of.mystery/index.html

[77] “Le misurazioni delle onde di plasma della Galileo [è stato riferito] che implichino la presenza di elettroni con una densità di quasi mille volte [100.00%] superiore della densità di elettroni della magnetosfera di Giove che ci si aspettava [cioè la densità della popolazione di elettroni intrappolati di Giove stesso, adescati nel suo campo magnetico] all’orbita di Callisto. Questa densità è paragonabile con quella dedotta da misurazioni simili eseguite nei pressi di Ganimede”. McGrath, Melissa et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 19: Satellite Atmospheres. 2004. URL: http://dosxx.colorado.edu/JUPITER/PDFS/Ch19.pdf

[78] Platt, Jane. Galileo Survives Unexpected Whopper Dose of Radiation. NASA/JPL/Caltech Press Release, 16 Ago. 1999. URL: http://www2.jpl.nasa.gov/galileo/status990816.html

[79] “Gli scienziati hanno trovato prove di un nuovo anello di polvere che occupa un’orbita retrogada intorno a Giove, basandosi su simulazioni al computer e sui dati della navicella Galileo della NASA, è riportato nell’edizione di oggi della rivista Science. Una squadra guidata da ricercatori dell’University of Colorado di Boulder ha riferito che un debole anello a forma di ciambella di polvere interplanetaria ed interstellare di circa 1.126.000 chilometri di diametro (circa 700.000 miglia) pare che stia orbitando intorno al pianeta gigante… Sorprendentemente, affermano i ricercatori, pare che la maggior parte della polvere interplanetaria ed interstellare ruoti in un’orbita “retrogada”, cioè si muove in direzione opposta alla rotazione del pianeta e delle sue lune, dice Colwell. La ragione dell’orbita retrograda delle particelle sottili non è ancora chiaro, ha detto… La Voyager 2 della NASA ha rilevato un anello irregolare intorno a Giove nel 1979 che gli scienziati credono sia stato creato dalle collisioni di piccole lunette con micrometeoriti nel sistema di Giove. Ma l’anello di polvere appena identificato con particelle della grandezza del fumo che si origina da oltre il sistema di Giove pare essere molto più grande, più scarso e probabilmente unico nel sistema solare”. Platt, Jane. New Class of Dust Ring Discovered Around Jupiter. NASA/JPL Press Release, 3 Apr. 1998. URL: http://www.jpl.nasa.gov/releases/98/glring.html

[80] Il modello di Wilcock incorpora il lavoro di Rod Johnson, che ha modellato l’intero regno quantico sulle geometrie contro-rotazionali, focalizzandosi principalmente sull’interazione tra il tetraedro e l’ottaedro. Nel modello ID vediamo gli stessi fenomeni di base a tutti gli ordini di grandezza dell’universo, dal quanto al supergalattico, e il più recente lavoro in corso di stesura lo estende anche nella biologia.

[81] Porco, Carolyn et al. Cassini Imaging of Jupiter’s Atmosphere, Satellites, and Rings. Science magazine, vol. 299, 7 Marzo 2003. URL: http://ciclops.arizona.edu/sci/docs/porco-etal-cassini-jupiter-science-2003.pdf

[82] “7 Marzo 2002: Ogni 45 minuti una pulsazione di un gigawatt di raggi X percorre il sistema solare. Gli astronomi sono abituati a queste cose. Le pulsar lontane e i buchi neri bagnano spesso la galassia con esplosioni di raggi x-. Ma questa volta la sorgente non è esotica ne’ molto lontana. E’ proprio qui nel nostro stesso sistema solare. “Le pulsazioni provengono dal polo nord di Giove” dice Randy Gladstone, uno scienziato del Southwest Research Institute e capo della squadra che ha fatto la scoperta utilizzando l’orbitante Chandra X-ray Observatory della NASA. “Non siamo stati sorpresi di trovare raggi X provenienti da Giove”, ha continuato. Altri osservatori lo avevano scoperto anni fa. La sorpresa è quello che Chandra ha rivelato per la primissima volta: la localizzazione del segnale, sorprendentemente vicina al polo del pianeta, ed il modo regolare in cui pulsa… "Le pulsazioni di 45 minuti sono assai misteriose”, aggiunge Elsner. Non sono perfettamente regolari come un segnale E.T. potrebbe essere; il periodo si allunga e si accorcia di una piccola percentuale. “Questo è un processo naturale” aggiunge, “non sappiamo proprio cosa sia…” E’ possibile che il polo sud di Giove sia anch’esso un punto caldo per I raggi x, palpitando allo stesso ritmo del polo nord, ma nessuno lo sa perché il polo sud non è altrettanto facile da osservare dalla Terra… La soluzione dell’enigma richiede più dati… Fino ad allora il segnale a raggi x di Giove, che pulsa inesorabilmente, e non dove dovrebbe essere, rimarrà probabilmente un mistero. [grassetti aggiunti]

 

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Originale in inglese: http://www.enterprisemission.com/_articles/05-27-2004/InterplanetaryDayAfter-Part2.htm

Tradotto da Mauro Carfi per StazioneCeleste

 

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