)*(Stazione Celeste)
Consacrarsi al Divino
19 maggio 2021
Operare per la Pace è un privilegio, non un onere.
Al divino si chiede sempre e mai si da. Anche nella proiezione più sincera verso il divino lo scopo è prendere, inebriarsi, attingere e non dare. E anche se ci si proietta pieni di riconoscenza, colmi di gratitudine manca sempre la cosa più importante: l’offerta sincera di sé.
Consacrarsi al divino non deve essere confuso con l’appartenenza a religioni, sette e nemmeno con il misticismo solitario per trascendere l’attuale realtà, vuole dire invece lavorare, operare spassionatamente per qualcosa di sottile e misterioso che si apprende direttamente dalla Fonte, dalla prossimità che si raggiunge verso la divinità.
Essere, diventare prossimi al divino vuol dire proiettarsi con tutto sé stessi. Tralasciando ogni interesse diverso fino a diventare vuoti, senza desideri, senza consistenza né specificità così da scoprirsi in quanto essenza che si immola perché capace di donare sé stessa sull’altare della Profondità Suprema: la Fonte da cui sgorga la vita.
Fare questo non è impossibile. Bisogna sapere indossare i panni giusti: quelli di chi si spoglia per essere rinunciando al divenire, quelli di chi è capace scrutandosi dentro di ritrovare l’innocenza che emoziona e fa lacrimare gli occhi persino al solo pensiero di potersi porre in tale condizione.
La profondità di sé è la via e la meta. Nel sempre più profondo può solo andare l’essenza priva di volontà, munita solo dello slancio sincero di poter donare sé stessa all’origine di sé.
E questo è il punto. L’origine di sé. La divinità che c’è in sé che “bisogna andare a toccare con mano” per diventare consapevoli che c’è.
Poi tutto cambia. C’è la certezza che non può vacillare nel saper chi si è. E a quel punto del perché si è e cosa bisogna fare nell’immediato per dare così corso alla nuova vita di cui ci si è andati a vestire.
Cosa che riguarda solo sé stessi, la propria coscienza, la propria umanità che non può più essere quella di prima.
Non si diventa buoni, si è semplicemente nella condizione, nello stato d’essere di chi può solo dare perché tale è diventata la sua nuova natura rinnovata: rigenerata alla Fonte della vita.
E se c’è “qualcosa” che zampillando da vita ad ogni cosa donandosi, beh questo qualcosa sottile, intangibile ed inconcepibile anche, non può che essere Amore. Amore assoluto e totale che non può che donare sé stesso. Proprio come diventa chi andandosi a nutrire direttamente alla Fonte non può che rispecchiare tale qualità.
Se sei sinceramente proiettato verso il divino, fermati. Ferma il divenire e permetti che accada. È un attimo ma c’è l’eternità.
Vestito di niente per andare a ringraziare è l’unica dote richiesta per aprire in terra la porta del cielo.
“FMOO”