)*(Stazione Celeste)

 

VIAGGIO IN PERU'

di

Margith Tessadri

 

 

 

“Cosa vedi?” Tuonò una voce possente e remota: mi trovavo in cima ad un ghiacciaio immacolato dove c’era un trono di ghiaccio squadrato e liscio; subito dopo la visione si spostò in basso. Ovunque vedevo case diroccate e vecchie mura di cinta, come un villaggio abbandonato ed antico. Si respirava un’atmosfera mistica, quasi magica.

“Hanno avuto paura! E sono fuggiti…, ce ne sarà ancora un altro…e poi sarà la fine!.”

Sono passati circa 15 anni da quel sogno, mi sono sposata, ho un figlio di 8 anni lavoro come insegnante, ma non ho mai smesso di cercare, chiedere e bussare... fino al giorno del mio viaggio in Perù.

Cosa mi ha spinta a prendere il volo, farmi coraggio ed affrontare tutte le mie paure più remote, per finire dall’altra parte del mondo, me lo sto ancora chiedendo, certo che è stata l’esperienza più fantastica della mia vita!

Allora vivevo in Toscana vicino al mare e trasferirmi in Lombardia, tra la nebbia è stata dura, cercare casa, quindi un lavoro, farmi nuovi amici.

Dopo la gravidanza ed in seguito ai continui traslochi, la mia schiena ne aveva particolarmente risentito; costringendomi per lunghi periodi a letto con grossi disagi per la mia famiglia.

Recuperare la salute, diventò il mio obbiettivo principale; cercai quindi di sfruttare il tempo che mi costringeva a letto per leggere, pregare e meditare.

Ogni tanto veniva a curarmi un pranoterapista e con lui parlavo dei vari metodi di guarigione alternativa che da sempre mi hanno affascinata.

Frequentai un centro Buddista dove dopo essermi fatta visitare da un medico tibetano, con relative cure, praticavo e pratico preghiere di autoguarigione per la mente e per il corpo di Lama Gancen.

La mia sete di ricerca non si era ancora esaurita: mi avvicinai ad ARTE DI VIVERE, un metodo di respirazione yoga indiana di Sri Sri Ravi Shankar ottenendo notevoli benefici.

Integravo sempre le nuove tecniche con le mie vecchie conoscenze e preghiere carismatiche del gruppo di Rinnovamento Dello Spirito di cui facevo parte in Toscana.

Anche la medicina omeopatica e la terapia con i fiori di bach mi interessavano, continuavo a leggere e a documentarmi.

Ovviamente seguivo anche le cure prescrittemi dal mio chiropratico e medico specialistico.

Inutile dire che la mia salute migliorava notevolmente e con essa le mialgie  scomparvero sempre di più fino quasi ad annullarsi.

Raggiunsi il secondo livello di Reiki grazie al mio caro amico e vicino di casa, nonché Master Reiki, Sergio, col quale ho un continuo scambio di esperienze e conoscenze su corsi e viaggi vari davvero entusiasmante.

Sono diventata anche una collezionista di pietre e cristalli sempre interessandomi al potere di guarigione racchiuso in essi.

Conobbi così Grazia che gestisce un negozio di pietre e cristalli e attraverso di lei una fitta rete di conoscenze di persone sensitive e carismatiche.

Seguirono corsi sui chakra, sedute medianiche dove attraverso le mie guide spirituali compresi il significato del sogno: si trattava del Perù ed esattamente dell’antica città Inca del Machu Picchu.

La conferma la ebbi vedendo una foto panoramica del luogo di Machu Picchu: era tale e quale al sogno stessi colori, stessa atmosfera magica ed incantevole; mi assalì una antica nostalgia come un ricordo di vite passate misto a malinconia! Che dire: ero dentro al mio sogno, potevo e volevo riviverlo nella realtà.

Quasi per caso, anche se in questi casi si parla di speciali coincidenze (profezia di Celestino), conobbi Cecilia esperta in Aura Soma, che mi convinse a seguire un corso con Celso Bambi sulle tecniche andine di guarigione.

Finalmente riesco a superare tutte le formalità burocratiche relative al viaggio e cosa più difficile, convincere mio marito dell’utilità per la mia evoluzione spirituale di non rimandare la partenza.

Ed eccomi in volo da Malpensa diretta a New York, circa otto ore di aereo.

Cominciavo a sentirmi ansiosa; ma per fortuna, trovo un Angelo come compagno di volo; (questo in effetti è il suo nome reale) una piacevole compagnia e fra bibite, spuntini, cinema giochi vari, il tempo scorre velocemente.

Quindi giunti a destinazione nuovo aereo verso Lima, altre sette ore di volo, arrivo stravolta e stanca all’albergo: ”buona notte” riesco a malapena a dire a Cecilia la mia compagna di camera, “buona notte principessa” mi risponde, e mi addormento come un sasso.

Inutile dire che il giorno dopo prima del volo diretto a Cusco, ero sottosopra dallo stordimento del fuso orario e stress del viaggio.

Sorvolando le Ande, prima di atterrare a Cusco mi si dilatò il cuore.

“L’ombelico del mondo” un posto fatato ed energetico, con la sua splendida cattedrale, col suo Cristo Nero, le mura di cinta ed un nugolo di bambini con gli occhi grandi e neri che mentre ti chiedono un “sol” ti illuminano come fari nella notte!

Che dire? Niente: vivo full-immersion nel mio cammino andino, mi sento come Alice nel paese delle meraviglie e sono felice.

Celso è stato un mago nell’organizzare tutto con precisione aiutato da Ramon dell’agenzia viaggi, una guida valida e disponibile che col suo zelo si è reso praticamente indispensabile al gruppo intero, facendosi carico oltre che dei nostri bagagli anche di interprete, un vero factotum.

Il giorno dopo facciamo un tour col pullman alla laguna di Waipu

Il posto è magnifico rappresenta una porta verso altri mondi… solo guardandolo ti senti volare lontano! Ci siamo uniti in meditazione con le nostre mese, poi Celso ci ha detto di formare un cerchio all’interno del quale potevano sdraiarsi coloro che si sentivano male .

Decido di sdraiarmi perché ho un calo di energie, mi rilasso e mi abbandono alla pachamama, alla terra, mentre gli altri pregano per noi.

Quando il rito si è concluso, mi alzo ed uscendo dal cerchio trovo un foglio sul quale c’è scritto in spagnolo : “tutto quello che si impara va trasmesso agli altri”; è il principio dell’Ayni, il comandamento della reciprocità, un regalo della pachamama al gruppo.

Lo leggo a tutti dietro consiglio di Celso, prima di metterlo nella mia mesa, ed i miei compagni di viaggio applaudono contenti.

Quindi ci rechiamo a Muray dove sorgono ancora degli antichi terrazzamenti Inca per la coltura ed il trapianto di nuove piante, una sorta di cerchi concentrici altamente energetici.

Il centro aveva la capacità di assorbire tutto il calore del sole per poi distribuirlo gradatamente mano a mano che si saliva: così le nuove piante passavano un po’ di tempo al centro e quando si erano ambientate al nuovo clima venivano trapiantate sempre più in alto.

In questo modo gli Inca elaborarono un valido metodo per la lavorazione agricola.

Decidemmo di scendere simulando un serpente e poi raggiunto il centro ci siamo tutti abbracciati come se il gruppo si fosse fuso insieme.

Alle sei del pomeriggio facemmo ritorno in albergo per il mitico incontro con Juan Nuñez Del Prado.

Premetto che io ero l’unica persona del gruppo che non lo aveva ancora conosciuto, o almeno, di vista poiché in astrale attraverso i sogni ci eravamo già incontrati diverse volte.

La realtà non deluse l’aspettativa: un uomo sulla sessantina, non molto alto ma di aspetto fiero con un carisma eccezionale e due occhi di brace che ti penetrano dentro .

Cominciò raccontandoci la sua storia di quando fece la sua tesi di antropologia su una comunità andina.

Arrivò alla conclusione nel 1976: che un sistema così coerente ed esteso non poteva mantenersi da se stesso ci dovevano essere degli esperti.

Dopo aver percorso col maestro Don Copertino Kapa tutto il Perù, e nel 1970 con G. Velascos trovò che questo sistema era uguale in tutta la cordigliera andina. Luis Millones scopritore del Taki Ongoy“Takionqui” (lo stimolò ad elaborare un progetto di ricerca che ottenne dei finanziamenti.

Così nel 1979 tornò a Cusco col denaro e una piccola équipe di lavoro: Manuel Silva e Lida (sua moglie).

Fecero una ricerca e scoprirono che esistevano 70 specialisti nella sola Cusco, ed erano ordinati secondo una gerarchia.

Nella vallata del Cuzco Del quarto livello c’erano solo due maestri: Don Oscar Velasquez a nord e Don Benito Qoriwaman a sud, un indio del paesino di Wasau.

Gli interessi accademici cominciarono a lasciar spazio ad un'attenzione personale della tradizione andina.

L’incontro con Don Benito fu fulminante.

Durante il primo incontro, Don Benito rivolgendosi a Don Juan parlò in una lingua strana che lui comprendeva totalmente e riceveva immagini a colori, alla fine decise di diventare suo discepolo.

Don Benito era un maestro del lato destro del sentiero andino così gli presentò Don Melchor Desa, maestro del lato sinistro, ed ebbe una seconda iniziazione.

Anche con Don Andres Espinosa, maestro del lato intermedio e col suo discepolo Don Manuel Quispe, Juan raggiunse molto facilmente i primi tre livelli, mentre per il quarto livello impiegò ben otto anni.

Don Benito gli raccontò della Grande Iniziazione (Hatun Karpay) della durata di 10-12 giorni e di un rituale dell'incoronazione dell'Inca che non poteva essere celebrato poiché non c’era il numero sufficiente di sacerdoti del quarto livello.

Nel 1991 Juan conobbe un giapponese che gli rivelò che c’erano tante persone in Perù che cercavano queste esperienze.

Fu così che conobbe Peter Frost, guida turistica ed E. Jenkins e Celso Bambi che da 18 anni organizza corsi in Perù.

Nel 1997 un amico gli diede un libro dove c’era parte del rituale e fu inviato in Italia; come risultato arrivarono ben 1.800 persone per l’iniziazione. Mentre nel 1996 non si poteva fare questa esperienza per mancanza di maestri

L’Italia resta un paese molto importante ed in sintonia con la cultura andina.

Gli Incas avevano una teoria escatologica di trascendenza storica: la storia trascende se stessa.

Ci sono tre età storiche:

1.     Pururuna-Kalia (età preistorica)

2.     Variruna-Pacha (Egitto, Babilonia, età solare)

3.     Wiracocha-Runapacha (Greci, Ebrei, età metafisica)

La spiritualità Incas, prima della conquista spagnola, era focalizzata su di una mistica della natura.

Dopo furono i francescani con la loro spiritualità (monastero di Okopa) portatori di due cose importanti.

La prima escatologia storica d’Europa con Gioacchino Da Fiore, monaco italiano nell’età del Padre – Figlio – Spirito Santo, e la prima mistica della natura spirituale con S. Francesco D’Assisi.

Il sistema incaico e gioacchiniano erano simili e produssero una vera esplosione spirituale: migliaia di indios entrarono in estasi mistica..

L’unione di due forze spirituali sinergiche rafforzarono il risultato: del cristianesimo, non nel cattolicesimo.

Gesù e Maria sono il centro del sistema spirituale, ma intorno ad una serie di spiritualità Cristianesimo-Inca.

Nel 16° secolo gli italiani hanno portato l’Ayni, ed ora lo ritrovano... Cusco e l’Italia sono due luoghi complementari nel mondo.

Il rituale dell’incoronamento del Re Sacro Inca, preoccupa un pò alcuni gruppi molto chiusi europei oggi, per la rinascita della conoscenza incaica; perché stiamo recuperando le radici della spiritualità.

Anche in Europa abbiamo le due mitologie, Arturiana e merovingia, che danno la legittimità alle corone.

Il Re Inca Pachakuti fu il fondatore del rito Andino.

I tre grandi Maestri spirituali del sentiero inca sono: ===> in senso lato

- Francesco D’assisi

- Gioacchino Da Fiore

- Pachakuti Inca

Per confermare il detto: niente di quanto ha valore viene perso!

Come disse Pico della Mirandola: “Se io non sono per me, chi sarà per me e se io non sono per gli altri, chi sono io? E se non é adesso, quando? Senza tutti voi chi sono io? Con tutti voi, io sono! “.

Juan parlò molto, decantandoci la potenza di quest’arte raccomandandoci di appropriarcene in maniera "molto egoistica", per vivere bene e, una volta tornati in Italia, darla a tutti coloro che vorranno apprenderla.

Quindi passò ad illustrarci le tappe fondamentali dell’Hatun Karpay, cominciando con la cattedrale di Cusco il primo tempio di Wiraqocha in tutta l’America trasformato in cattedrale dopo la conquista spagnola.

Essa é permeata di tutte le intenzioni Inca e Cristiane dalle fondamenta.

Inoltre il suo Cristo Nero fu un regalo di Carlo V, ultimo imperatore d’Europa.

Secondo gli andini é una “khuya” cioè un oggetto (regalo sacro) che contiene il potere personale di chi l’ha dato, e che connette chi l'ha donato e chi l'ha ricevuto (il potere di un imperatore).

La connessione con la carità di Gesù e la sua Mamma attraverso le due immagini simboliche della cattedrale per assorbire tutto il Samiy (energia fine) e lo scaricare l’energia pesante (jucha) nel rituale dell’uovo, una scultura inca, ma in questo caso per lavori di restauro non disponibile venne sostituita da una colonna della chiesa dei Gesuiti nella piazza antistante.

Flessibilità fu il motto di Juan, capacità di sostituzione dei simboli.

Il giorno dopo eravamo tutti pronti per l’iniziazione all’ingresso della cattedrale di Cusco.

L’emozione del gruppo era forte e quando Juan arrivò con lieve ritardo eravamo tutti ansiosi di cominciare.

Assistemmo alla celebrazione della messa in religioso silenzio mentre ci connettevamo col Cristo Nero, che dominava la navata centrale sopra l’altare maggiore.

La sua forza mistica e regale mi avvolse e mi sentii trasportare in estasi, mi inginocchiai silenziosamente a pregare.

Alcuni di noi fecero la comunione, me compresa, e terminata la funzione ci disponemmo in fila ordinata dietro Celso e Juan verso il lato sinistro della chiesa davanti all’immagine della Madonna Assunta in cielo.

Subito mi si avvicinò una donna anziana del posto che cominciò ad abbracciarmi e a raccontarmi delle varie madonne e simboli della cattedrale ed anche se voleva un po' di elemosina, era così dolce ed espansiva che non seppi resistere a darle un po' di attenzione; mi sembrava che in quel momento volesse rappresentare la Vergine Madre e quindi la mia connessione con il lato femminile fu tangibile e concreta.

All’uscita della cattedrale ci dirigemmo verso la piazza antistante dove in un’ angolo c’era una colonna che, nel rito andino poteva sostituire il simbolo Inca dell’uovo della cattedrale, fungendo da potente calamita per la nostra Jucha o energia pesante.

Ad uno ad uno ci avvicinammo lasciando andare tutte le nostre preoccupazioni, malesseri e resistenze varie che ci bloccavano e con questa pratica si concluse il primo giorno.

Pomeriggio libero e serata con nozioni di erboristeria, corso di cristallo-terapia e sugli angeli condotto da Lida, la moglie di Juan, una donna splendida e ricca di umanità.

Negli ultimi giorni del viaggio in seguito ad uno sciopero generale dei mezzi pubblici c'è stato un cambio di programma; ma questo ha permesso comunque al gruppo di completare il percorso andino integrandolo anche con nuove pratiche relative al sentiero sinistro (lloque=sx e paña =dx).

Anche se non ricordo con precisione il calendario dell’Hatun Karpay: il primo giorno siamo stati a Illa Pata, luogo sacro dove ci siamo connessi con i 12 Apu principali delle Ande, col vento Wira, con gli Alberi sacri, col sole Inti.

Qui ho avuto una visione del fiume sacro Urubamba e della sua vallata, che ho potuto vedere il giorno dopo, e ho pianto abbracciando un albero.

Quindi la connessione con l’Inca Waskar e la sua Qoya nella laguna di Huacarpay, un posto molto melanconico dove dice la leggenda l’Inca stia scontando la sua pena nel mondo sotterraneo dell’Ujupacha per insegnare l’Ajni agli esseri inferiori.

La pena gli era stata inflitta in seguito alla guerra fratricida col suo fratello e solo quando ciò avverrà ci sarà una nuova era e l’Inca potrà ritornare.

In questo luogo abbiamo avuto l’Iniziazione formale al 4° livello con la mesa di Juan sulla testa e sulle spalle, proprio come dei veri cavalieri.

Anche la regressione nella grotta di Amaru Machay con la terra è stata mitica: ho pianto come una bambina, nel ripercorrere le tappe della mia vita e nel perdonare i miei genitori fino ad unirli nel mio cuore.

Il giorno dopo visita nella valle sacra del Wilkanota - Wilkañusta (wilca=potere alla luce nera, colei che ha le chiavi).

Pratiche a Pisaq e Ollantaytambo, graziosa cittadina costruita da Pachakuti; terrazzata in modo tale che l’acqua scorresse incanalata nei tunnel dopo essere stata energizzata dai sommi sacerdoti per poi scendere a valle sotto l’azione del vento e del sole.

In tale pratica avviene il processo di germinazione del seme Inca.

Splendidi fiori Maiwa sul sentiero di un colore cremisi, un cielo terso e il sorriso degli indio del luogo che ci seguivano con i loro campanelli da venderci.

Serata a buffet in uno dei tanti ristoranti tipici di Urubamba con le melodiose musiche andine che ti fanno sorridere anche quando sei stanco morto!

Viaggio in treno da Urubamba ad Aguas Callentes. Dopo un’attesa di ben tre ore per un presunto deragliamento.

Pernottamento ad Aguas Calientes posto tipico per le acque termali dove una sera nonostante la pioggia ci siamo immersi nelle acque calde e fredde per eseguire i riti di iniziazione.

Panico la notte in albergo per un mega ragno tropicale prontamente rimosso dalla reception con una scopa!

Il giorno dopo col pulman arriviamo finalmente alla mitica cittadella di Machu Picchu

Qui il tempo sembra essersi fermato, il posto suscita immediatamente un’attrazione magnetica quasi magica, resto incredula, costringendo Paola a darmi un pizzicotto, urlo, era troppo forte… ma non è un sogno è tutto vero!.

Mentre percorriamo in largo e in lungo la cittadella provo la strana sensazione di esserci già stata chissà quando e in quale tempo.

Saliamo fino in cima dove c’è la pietra del dio Wiraqocha, che al solo tatto mi fa frizzare le mani come una scossa elettrica, tanto è energetica.

Tutt’intorno pigri lama si aggiravano facendosi fotografare dai turisti senza paura.

Il giorno dopo ci attrezziamo per il trekking attraverso la vegetazione sub-tropicale fino alla caverna della Pachamama, (tempio della luna) e poi alla grotta dell’Uku Pacha.

Questa grotta del Tempio della Luna è particolare funge da potente aspiratore di tutte le energie pesanti e ti rimette al mondo puro come un bambino.

Vi sono delle nicchie che rappresentano le 5 Nust’a: la Nera (primordiale e forte); la Rossa (passionale e sensuale); d’Argento (spirituale e pura); d’Oro (regale) e la Verde (forza della natura).

Ci siamo seduti a turno dentro le nicchie e abbiamo meditato: mentre nella prima sentivo vibrare le pareti come un terremoto, nella seconda ero come risucchiata e non riuscivo ad alzarmi; nella terza provai una sensazione di pace; poi mi sentivo illuminata come una dea ed infine in quella verde l’energia era così forte che mi sentii reclinare il capo all’indietro dove vi era un poggia testa, restai così qualche interminabile secondo.

Non mi sorprese sapere a posteriori da Juan che quella della Nust’a Verde fosse la preferita da Don Benito.

Alla fine di tutto il rituale, quando uscii dalla grotta, ero così stanca che mi abbandonai seduta a meditare.

Credo di essermi addormentata qualche secondo, comunque ebbi una visione: vidi uno splendido condor volare e, seguendolo, mi ritrovai vicino alle nuvole circondata dagli Apu (le montagne delle Ande) come un girotondo tutt’intorno.

Inutile dire che il giorno seguente rividi il tutto nella realtà.

Nella grotta dell’Uju Pacha, ci sono ancora ben conservati dei meteoriti considerati potenti khuya.

Durante la connessione con la quarta pietra, ho sentito un fortissimo profumo che mi ha stordito, fantastico! ( ce ne sono circa 10).

La giornata più massacrante ma anche la più bella è stata certamente quella dell’ascensione al Huayna Picchu il picco che sovrasta Macchu Picchu per incontrare e parlare con gli Apus (spiriti delle montagne).

I miei nervi sono stati messi a dura prova; oltre alle vertigini per il ripido ed impervio sentiero ho “rimesso l’anima” (non avevo digerito bene la cena), sudavo freddo ma ero decisa ad andare fino in fondo a quella che per molti può sembrare una pura follia.

Aiutata da Nives che mi faceva pranoterapia strada facendo e Michele, che gentilmente si è caricato sulle sue spalle il mio zaino, sono salita sino alla vetta dove la visione si è trasformata in realtà.

Titti gentilmente mi ha regalato una sua maglietta dato che la mia era praticamente da strizzare e subito ero pronta per la foto con Juan e Celso dove più che sorridere sembravo preda di una paresi facciale.

Dopo un breve riposo per riprendere le forze altra arrampicata passaggio strisciando attraverso una grotta che simboleggia l’energia maschile pura (masintin); mentre quella di ieri della grotta della Pachamama era femminile (yanantin).

Finalmente le nuvole e gli Apu si aprono alla nostra vista incredula di una bellezza oltre ad ogni immaginazione.

La connessione con gli Apu viene fatta su di una roccia ad uno ad uno con la mesa di Juan attraverso una nuova salita ulteriore.

Terminato il rito Juan mi afferra per un braccio mi mette di fronte al baratro e dicendomi: ”ti fidi di un pazzo peruviano? Chiudi gli occhi” e ponendomi le sue mani sulle mie spalle si concentra in preghiera, quando riapro gli occhi la mia paura era notevolmente diminuita.

Il ritorno è stato di gran lunga più veloce e agevole fino alla cittadella di Machu Picchu.

Solita connessione con la pietra della Nust’a e meritato riposo sopra un masso che dominava il luogo magico.

Un gruppo di turisti spagnoli intona un canto angelico fuori programma che ci riempie il cuore di note melodiose appena in tempo prima di un diluvio preceduto da lampi e tuoni.

Durante il tragitto in pullman assistiamo ad una corsa dei ragazzi indio che per pochi sol, corrono fino ad Aguas Callentes come i messaggeri Incas che portavano il pesce fresco al loro sovrano dall’oceano pacifico.

Il giorno seguente siamo scesi sulla sponda del fiume Wilkanusta: il fiume sacro che scorre sotto Machu Picchu per incontrare il potere della principessa della Luce Nera ed abbiamo svolto un rituale di collegamento con la forza delle acque sacre che bagnano tutto il sistema dell’area centrale del Regno originario degli Inca.

Insieme a Juan abbiamo gettato nel fiume il despacho (offerta rituale) con tutti i nostri desideri.

La sera siamo tornati in treno a Cusco dove abbiamo pernottato.

L’atmosfera pesante ci sorprese non solo per lo sciopero in atto ma si respirava come una pesante cappa sulla testa, così diversa dalla brezza soave di Machu Picchu.

Infatti, arrivati l’11 settembre, siamo stati informati dell’attentato alle torri gemelle di New York e a causa dello sciopero restiamo a Cusco.

Dentro il Qoricancha eseguiamo oltre alle pratiche andine una Saiwa (colonna di luce) tutti in cerchio intorno al pozzo ottagonale posto al centro del tempio per infondere luce e amore a tutta l’America.

Finiamo con delle pratiche in Saqsayhuaman, sopra Cusco, raggiunta a piedi dopo una lunga camminata. 

Il giorno dopo a Illa Pata; accompagnati da sacerdoti Q’ero (località situata a 4,500 m.) e relativo despacho alla pachamama.

Tra il gruppo del volo di New York, me compresa, cresceva l’ansia per il rientro, la paura del volo, di restare bloccati in Perù, perciò chiedemmo ai sacerdoti Q’ero di pregare durante il despacho e loro misero dentro anche un aeroplanino di carta fatto da noi.

La visita al villaggio di Raqchi dove ci sono le rovine del Tempio di Wiraqocha mi piacque molto.

Strada facendo ci fermammo davanti ad una chiesa che secondo Juan era uno dei luoghi sacri dove secondo la profezia andina si sarebbero dovuti incontrare due dei 12 Inka Mallku (da Inka=re; Mallku=giovane condor) aspiranti a diventare Inka. Mentre Juan parlava della profezia mi vennero i brividi dall’emozione e la mia fantasia prese a galoppare.

Quindi ci recammo al tempio di Wiraqocha.

Qui eseguimmo il Rito de’Incoronazione, in accordo con la profezia Inca, unendo le nostre energie e quelle dei sacerdoti q’ero abbiamo creato una Saiwa potentissima pregando nuovamente per la pace. Dopo la saiwa con i Q’eros; abbiamo proseguito con un rito di connessione attraverso varie nicchie del tempio. Successivamente abbiamo scelto noi donne; 2 sacerdotesse (Cecilia e Nives); e gli uomini (Sergio e Gianmichele) per presiedere il rito di connessione con il luogo.

Ad uno ad uno passammo davanti a loro mentre ci imponevano le mani sulla testa.; alla fine abbiamo fatto un cerchio intorno alle nostre mese e Juan con Celso ci hanno benedetto con le loro mese regalandoci una khuya.

Ciascuno di noi era entrato perfettamente nella parte eravamo tornati indietro nel tempo degli Inca.

Infine ci siamo connessi con delle fonti sacre del luogo che rappresentavano rispettivamente le varie Nuste: quella bambina, quella fanciulla, l’adolescente, la nonna e la regina.

Ciascuno secondo i suoi ritmi, alcuni di noi si sono tolti le scarpe e sono rimasti a piedi nudi, altri hanno bevuto l’acqua, il tutto in religioso silenzio.

La sera tornando in albergo siamo passati a visitare il villaggio di Don Benito (Wasau).

Un piccolo paesino, di capanne indios fatte con fango e paglia, molto povero, con un nugolo di bambini festosi che ci seguivano ovunque per qualche frutto o regalo.

Quelle poche capanne racchiudevano un tesoro: era il paese natale di Don Benito; il maestro di Juan.

Grazie a lui si diffuse la conoscenza andina a tutto l’occidente!

Ero commossa e mentre camminavo per quelle stradine fangose, cercavo di cogliere ogni particolare per farne tesoro e poter capire perché quando lessi il libro di Juan, vedendo la foto di Don Benito piansi per mezz’ora.

Tutto era semplicità e povertà in quel villaggio; il superfluo a cui siamo abituati noi, lì era solo utopia.

La casa del maestro era simile ad una stalla con una staccionata per porta situata vicino ad un masso di pietra.

Immaginavo ancora Don Benito seduto su quella pietra, mentre masticava coca o beveva della birra, in uno dei rari momenti di riposo quando non faceva il curandero (guaritore) alla povera gente del villaggio che veniva a trovarlo.

Il mio cuore era pieno di tenerezza e mi venne un groppo alla gola.

Fu allora che mi accorsi che anche Juan era serio e pensieroso; mi avvicinai a lui, e toccandogli il cuore con una mano, gli dissi: “senti un dolore qui, vero?” lui annuì col capo e gli occhi lucidi.

Salimmo sul pullman in silenzio verso l’albergo e già brillavano le prime stelle, splendide come diamanti, sulla città di Cusco.

Il giorno dopo siamo partiti col volo Cusco-Lima di buona mattina per recarci al Tempio di Pachakamaq con relativi rituali d’integrazione di fronte all’oceano Pacifico.

Festosi bambini di una scolaresca ci seguivano e riempivano l’aria con le loro risate; il mare splendido e maestoso ci salutava da lontano con onde e spruzzi spumeggianti!

La sabbia sotto i nostri piedi brillava al sole e corvi regali solcavano il cielo sopra di noi.

Juan ci raccontò delle sacerdotesse vergini che presiedevano al culto della sacra fiamma del sole; per lo più belle principesse che sacrificavano la loro vita al culto religioso.

Quindi ci recammo a mangiare tutti insieme e lì salutammo commossi Juan: il rito era finito e lui si congedava dal nostro gruppo lasciando un vuoto incolmabile.

Durante il pranzo parlammo molto, mi augurò di trovare presto lavoro nella scuola (io ne ero sicura) e parlò molto al cellulare in inglese col nuovo gruppo americano che da lì a poco sarebbe arrivato in Perù.

Quando se ne andò ebbi l’impressione che qualcosa di lui fosse rimasta per sempre nel mio cuore per guidarmi e farmi luce nel mio cammino.

Il giorno seguente dopo un giro turistico per la città di Lima, dove fra l’altro vedemmo da lontano  Il Cristo dei Miracoli, ci fermammo a mangiare in un magnifico ristorante sull’oceano colmo di prelibatezze.

Nel pomeriggio visitammo il Museo dell’Oro di Lima; ricco di ritrovamenti incaici; quali mummie, Tumi (coltello inca) gioielli, vestiti, armi, etc. La sera dormimmo come sassi, la partenza era stata confermata, nessun problema per il volo diretto a New York, il despacho dei Q’eros aveva funzionato a meraviglia.

All’aeroporto di Lima salutai Celso, il nostro maestro italiano con nostalgia, lui sarebbe rimasto ancora qualche giorno per terminare il suo percorso sino al lago Titikaka.

Sbrigate le ultime formalità burocratiche dopo un lungo controllo  all'imbarco dell’aeroporto, in seguito all’attentato delle Torri Gemelle,dove mi fecero aprire la mia valigia per un phon… da capelli, il nostro aereo decollò da Lima diretto a New York.

Ci fu un lungo applauso per il perfetto atterraggio del pilota dopo un volo un po’ disturbato da varie turbolenze.

La “Grande Mela” da lontano sembrava come un porto senza faro, priva delle Torri; e l’aeroporto era praticamente deserto.

Solo qualche raro turista si aggirava simile ad un fantasma, tra polizia e personale della croce rossa che solerte ci offriva del cibo e bevande varie.

Un fumo sinistro saliva verso il cielo e qualcuno piangeva in silenzio ascoltando da una televisione le notizie dell’attentato.

La triste realtà ci riportò subito tutti con i piedi per terra e ci unimmo in religioso silenzio alle vittime di tale tragedia.

Una veloce sosta ad un albergo, solo il tempo di fare una doccia, niente tour turistico a Manhattan, per poi riprendere finalmente il volo diretti verso casa.

Ero ancora frastornata dal rombo dei motori dell’aereo, che non mi resi conto del mio compagno di viaggio: un frate di nome Padre Pio.

Felice chiusi gli occhi: questo Dio meraviglioso (cristiano, buddista, induista,andino…) non mi aveva abbandonato e riposai un po’.

Quando riaprii gli occhi un’hostess gentile mi offrì da bere e dato che avevo molta fame mangiai con gusto i cibi precotti della continental, la linea aerea con la quale viaggiavo.

La mia mente irrequieta ripercorreva tutte le tappe del viaggio, ma il mio cuore era rimasto in Perù.

Solo il suono melodioso di Gabriele, mio figlio che mi diceva “ciao mamma… sei stata mica fifona!” e l’abbraccio caldo di mio marito, mi sorpresero a Malpensa in Italia.