)* (Stazione Celeste)
VIAGGIO IN PERU' di Margith Tessadri
“Cosa vedi?” Tuonò una voce possente e remota: mi trovavo in cima ad un ghiacciaio immacolato dove c’era un trono di ghiaccio squadrato e liscio; subito dopo la visione si spostò in basso. Ovunque vedevo case diroccate e vecchie mura di cinta, come un villaggio abbandonato ed antico. Si respirava un’atmosfera mistica, quasi magica.
“Hanno
avuto paura! E sono fuggiti…, ce ne sarà ancora un altro…e poi sarà la
fine!.”
Sono
passati circa 15 anni da quel sogno, mi sono sposata, ho un figlio di 8 anni
lavoro come insegnante, ma non ho mai smesso di cercare, chiedere e bussare...
fino al giorno del mio viaggio in Perù.
Cosa
mi ha spinta a prendere il volo, farmi coraggio ed affrontare tutte le mie paure
più remote, per finire dall’altra parte del mondo, me lo sto ancora
chiedendo, certo che è stata l’esperienza più fantastica della mia vita!
Allora
vivevo in Toscana vicino al mare e trasferirmi in Lombardia, tra la nebbia è
stata dura, cercare casa, quindi un lavoro, farmi nuovi amici.
Dopo
la gravidanza ed in seguito ai continui traslochi, la mia schiena ne aveva
particolarmente risentito; costringendomi per lunghi periodi a letto con grossi
disagi per la mia famiglia.
Recuperare
la salute, diventò il mio obbiettivo principale; cercai quindi di sfruttare il
tempo che mi costringeva a letto per leggere, pregare e meditare.
Ogni
tanto veniva a curarmi un pranoterapista e con lui parlavo dei vari metodi di
guarigione alternativa che da sempre mi hanno affascinata.
Frequentai
un centro Buddista dove dopo essermi fatta visitare da un medico tibetano, con
relative cure, praticavo e pratico preghiere di autoguarigione per la mente e
per il corpo di Lama Gancen.
La
mia sete di ricerca non si era ancora esaurita: mi avvicinai ad ARTE DI VIVERE,
un metodo di respirazione yoga indiana di Sri Sri Ravi Shankar ottenendo
notevoli benefici.
Integravo
sempre le nuove tecniche con le mie vecchie conoscenze e preghiere carismatiche
del gruppo di Rinnovamento Dello Spirito di cui facevo parte in Toscana.
Anche
la medicina omeopatica e la terapia con i fiori di bach mi interessavano,
continuavo a leggere e a documentarmi.
Ovviamente
seguivo anche le cure prescrittemi dal mio chiropratico e medico specialistico.
Inutile
dire che la mia salute migliorava notevolmente e con essa le mialgie
scomparvero sempre di più fino quasi ad annullarsi.
Raggiunsi
il secondo livello di Reiki grazie al mio caro amico e vicino di casa, nonché
Master Reiki, Sergio, col quale ho un continuo scambio di esperienze e
conoscenze su corsi e viaggi vari davvero entusiasmante.
Sono
diventata anche una collezionista di pietre e cristalli sempre interessandomi al
potere di guarigione racchiuso in essi.
Conobbi
così Grazia che gestisce un negozio di pietre e cristalli e attraverso di lei
una fitta rete di conoscenze di persone sensitive e carismatiche.
Seguirono
corsi sui chakra, sedute medianiche dove attraverso le mie guide spirituali
compresi il significato del sogno: si trattava del Perù ed esattamente
dell’antica città Inca del Machu Picchu.
La
conferma la ebbi vedendo una foto panoramica del luogo di Machu Picchu: era tale
e quale al sogno stessi colori, stessa atmosfera magica ed incantevole; mi assalì
una antica nostalgia come un ricordo di vite passate misto a malinconia! Che
dire: ero dentro al mio sogno, potevo e volevo riviverlo nella realtà.
Quasi
per caso, anche se in questi casi si parla di speciali coincidenze (profezia di
Celestino), conobbi Cecilia esperta in Aura Soma, che mi convinse a seguire un
corso con Celso Bambi sulle tecniche andine di guarigione.
Finalmente
riesco a superare tutte le formalità burocratiche relative al viaggio e cosa più
difficile, convincere mio marito dell’utilità per la mia evoluzione
spirituale di non rimandare la partenza.
Ed
eccomi in volo da Malpensa diretta a New York, circa otto ore di aereo.
Cominciavo
a sentirmi ansiosa; ma per fortuna, trovo un Angelo come compagno di volo;
(questo in effetti è il suo nome reale) una piacevole compagnia e fra bibite,
spuntini, cinema giochi vari, il tempo scorre velocemente.
Quindi
giunti a destinazione nuovo aereo verso Lima, altre sette ore di volo, arrivo
stravolta e stanca all’albergo: ”buona notte” riesco a malapena a dire a
Cecilia la mia compagna di camera, “buona notte principessa” mi risponde, e
mi addormento come un sasso.
Inutile
dire che il giorno dopo prima del volo diretto a Cusco, ero sottosopra dallo
stordimento del fuso orario e stress del viaggio.
Sorvolando
le Ande, prima di atterrare a Cusco mi si dilatò il cuore.
“L’ombelico
del mondo” un posto fatato ed energetico, con la sua splendida cattedrale, col
suo Cristo Nero, le mura di cinta ed un nugolo di bambini con gli occhi grandi e
neri che mentre ti chiedono un “sol” ti illuminano come fari nella notte!
Che
dire? Niente: vivo full-immersion nel mio cammino andino, mi sento come Alice
nel paese delle meraviglie e sono felice.
Celso
è stato un mago nell’organizzare tutto con precisione aiutato da Ramon
dell’agenzia viaggi, una guida valida e disponibile che col suo zelo si è
reso praticamente indispensabile al gruppo intero, facendosi carico oltre che
dei nostri bagagli anche di interprete, un vero factotum.
Il
giorno dopo facciamo un tour col pullman alla laguna di Waipu
Il
posto è magnifico rappresenta una porta verso altri mondi… solo guardandolo
ti senti volare lontano! Ci siamo uniti in meditazione con le nostre mese, poi
Celso ci ha detto di formare un cerchio all’interno del quale potevano
sdraiarsi coloro che si sentivano male .
Decido
di sdraiarmi perché ho un calo di energie, mi rilasso e mi abbandono alla
pachamama, alla terra, mentre gli altri pregano per noi.
Quando
il rito si è concluso, mi alzo ed uscendo dal cerchio trovo un foglio sul quale
c’è scritto in spagnolo : “tutto quello che si impara va trasmesso agli
altri”; è il principio dell’Ayni, il comandamento della reciprocità, un
regalo della pachamama al gruppo.
Lo
leggo a tutti dietro consiglio di Celso, prima di metterlo nella mia mesa, ed i
miei compagni di viaggio applaudono contenti.
Quindi
ci rechiamo a Muray dove sorgono ancora degli antichi terrazzamenti Inca per la
coltura ed il trapianto di nuove piante, una sorta di cerchi concentrici
altamente energetici.
Il
centro aveva la capacità di assorbire tutto il calore del sole per poi
distribuirlo gradatamente mano a mano che si saliva: così le nuove piante
passavano un po’ di tempo al centro e quando si erano ambientate al nuovo
clima venivano trapiantate sempre più in alto.
In
questo modo gli Inca elaborarono un valido metodo per la lavorazione agricola.
Decidemmo
di scendere simulando un serpente e poi raggiunto il centro ci siamo tutti
abbracciati come se il gruppo si fosse fuso insieme.
Alle
sei del pomeriggio facemmo ritorno in albergo per il mitico incontro con Juan Nuñez
Del Prado.
Premetto
che io ero l’unica persona del gruppo che non lo aveva ancora conosciuto, o
almeno, di vista poiché in astrale attraverso i sogni ci eravamo già
incontrati diverse volte.
La
realtà non deluse l’aspettativa: un uomo sulla sessantina, non molto alto ma
di aspetto fiero con un carisma eccezionale e due occhi di brace che ti
penetrano dentro .
Cominciò
raccontandoci la sua storia di quando fece la sua tesi di antropologia su una
comunità andina.
Arrivò
alla conclusione nel 1976: che un sistema così coerente ed esteso non poteva
mantenersi da se stesso ci dovevano essere degli esperti.
Dopo
aver percorso col maestro Don Copertino Kapa tutto il Perù, e nel 1970 con G.
Velascos trovò che questo sistema era uguale in tutta la cordigliera andina.
Luis Millones scopritore del Taki Ongoy“Takionqui” (lo stimolò ad elaborare
un progetto di ricerca che ottenne dei finanziamenti.
Così
nel 1979 tornò a Cusco col denaro e una piccola équipe di lavoro: Manuel Silva
e Lida (sua moglie).
Fecero
una ricerca e scoprirono che esistevano 70 specialisti nella sola Cusco, ed
erano ordinati secondo una gerarchia.
Nella
vallata del Cuzco Del quarto livello c’erano solo due maestri: Don Oscar
Velasquez a nord e Don Benito Qoriwaman a sud, un indio del paesino di Wasau.
Gli
interessi accademici cominciarono a lasciar spazio ad un'attenzione personale
della tradizione andina.
L’incontro
con Don Benito fu fulminante.
Durante
il primo incontro, Don Benito rivolgendosi a Don Juan parlò in una lingua
strana che lui comprendeva totalmente e riceveva immagini a colori, alla fine
decise di diventare suo discepolo.
Don
Benito era un maestro del lato destro del sentiero andino così gli presentò
Don Melchor Desa, maestro del lato sinistro, ed ebbe una seconda iniziazione.
Anche
con Don Andres Espinosa, maestro del lato intermedio e col suo discepolo Don
Manuel Quispe, Juan raggiunse molto facilmente i primi tre livelli, mentre per
il quarto livello impiegò ben otto anni.
Don
Benito gli raccontò della Grande Iniziazione (Hatun Karpay) della durata di
10-12 giorni e di un rituale dell'incoronazione dell'Inca che non poteva essere
celebrato poiché non c’era il numero sufficiente di sacerdoti del quarto
livello.
Nel
1991 Juan conobbe un giapponese che gli rivelò che c’erano tante persone in
Perù che cercavano queste esperienze.
Fu
così che conobbe Peter Frost, guida turistica ed E. Jenkins e Celso Bambi che
da 18 anni organizza corsi in Perù.
Nel
1997 un amico gli diede un libro dove c’era parte del rituale e fu inviato in
Italia; come risultato arrivarono ben 1.800 persone per l’iniziazione. Mentre
nel 1996 non si poteva fare questa esperienza per mancanza di maestri
L’Italia
resta un paese molto importante ed in sintonia con la cultura andina.
Gli
Incas avevano una teoria escatologica di trascendenza storica: la storia
trascende se stessa.
Ci
sono tre età storiche:
1.
Pururuna-Kalia (età preistorica)
2.
Variruna-Pacha (Egitto, Babilonia, età solare)
3.
Wiracocha-Runapacha (Greci, Ebrei, età metafisica)
La
spiritualità Incas, prima della conquista spagnola, era focalizzata su di una
mistica della natura.
Dopo
furono i francescani con la loro spiritualità (monastero di Okopa) portatori di
due cose importanti.
La
prima escatologia storica d’Europa con Gioacchino Da Fiore, monaco italiano
nell’età del Padre – Figlio – Spirito Santo, e la prima mistica della
natura spirituale con S. Francesco D’Assisi.
Il
sistema incaico e gioacchiniano erano simili e produssero una vera esplosione
spirituale: migliaia di indios entrarono in estasi mistica..
L’unione
di due forze spirituali sinergiche rafforzarono il risultato: del cristianesimo,
non nel cattolicesimo.
Gesù
e Maria sono il centro del sistema spirituale, ma intorno ad una serie di
spiritualità Cristianesimo-Inca.
Nel
16° secolo gli italiani hanno portato l’Ayni, ed ora lo ritrovano... Cusco e
l’Italia sono due luoghi complementari nel mondo.
Il
rituale dell’incoronamento del Re Sacro Inca, preoccupa un pò alcuni gruppi
molto chiusi europei oggi, per la rinascita della conoscenza incaica; perché
stiamo recuperando le radici della spiritualità.
Anche
in Europa abbiamo le due mitologie, Arturiana e merovingia, che danno la
legittimità alle corone.
Il
Re Inca Pachakuti fu il fondatore del rito Andino.
I
tre grandi Maestri spirituali del sentiero inca sono: ===> in senso lato
- Francesco
D’assisi
- Gioacchino
Da Fiore
- Pachakuti
Inca
Per
confermare il detto: niente di quanto ha valore viene perso!
Come
disse Pico della Mirandola: “Se io non sono per me, chi sarà per me e se io
non sono per gli altri, chi sono io? E se non é adesso, quando? Senza tutti voi
chi sono io? Con tutti voi, io sono! “.
Juan
parlò molto, decantandoci la potenza di quest’arte raccomandandoci di
appropriarcene in maniera "molto egoistica", per vivere bene e, una
volta tornati in Italia, darla a tutti coloro che vorranno apprenderla.
Quindi
passò ad illustrarci le tappe fondamentali dell’Hatun Karpay, cominciando con
la cattedrale di Cusco il primo tempio di Wiraqocha in tutta l’America
trasformato in cattedrale dopo la conquista spagnola.
Essa
é permeata di tutte le intenzioni Inca e Cristiane dalle fondamenta.
Inoltre
il suo Cristo Nero fu un regalo di Carlo V, ultimo imperatore d’Europa.
Secondo
gli andini é una “khuya” cioè un oggetto (regalo sacro) che contiene il
potere personale di chi l’ha dato, e che connette chi l'ha donato e chi l'ha
ricevuto (il potere di un imperatore).
La
connessione con la carità di Gesù e la sua Mamma attraverso le due immagini
simboliche della cattedrale per assorbire tutto il Samiy (energia fine) e lo
scaricare l’energia pesante (jucha) nel rituale dell’uovo, una scultura inca,
ma in questo caso per lavori di restauro non disponibile venne sostituita da una
colonna della chiesa dei Gesuiti nella piazza antistante.
Flessibilità
fu il motto di Juan, capacità di sostituzione dei simboli.
Il
giorno dopo eravamo tutti pronti per l’iniziazione all’ingresso della
cattedrale di Cusco.
L’emozione
del gruppo era forte e quando Juan arrivò con lieve ritardo eravamo tutti
ansiosi di cominciare.
Assistemmo
alla celebrazione della messa in religioso silenzio mentre ci connettevamo col
Cristo Nero, che dominava la navata centrale sopra l’altare maggiore.
La
sua forza mistica e regale mi avvolse e mi sentii trasportare in estasi, mi
inginocchiai silenziosamente a pregare.
Alcuni
di noi fecero la comunione, me compresa, e terminata la funzione ci disponemmo
in fila ordinata dietro Celso e Juan verso il lato sinistro della chiesa davanti
all’immagine della Madonna Assunta in cielo.
Subito
mi si avvicinò una donna anziana del posto che cominciò ad abbracciarmi e a
raccontarmi delle varie madonne e simboli della cattedrale ed anche se voleva un
po' di elemosina, era così dolce ed espansiva che non seppi resistere a darle
un po' di attenzione; mi sembrava che in quel momento volesse rappresentare la
Vergine Madre e quindi la mia connessione con il lato femminile fu tangibile e
concreta.
All’uscita
della cattedrale ci dirigemmo verso la piazza antistante dove in un’ angolo
c’era una colonna che, nel rito andino poteva sostituire il simbolo Inca
dell’uovo della cattedrale, fungendo da potente calamita per la nostra Jucha o
energia pesante.
Ad
uno ad uno ci avvicinammo lasciando andare tutte le nostre preoccupazioni,
malesseri e resistenze varie che ci bloccavano e con questa pratica si concluse
il primo giorno.
Pomeriggio
libero e serata con nozioni di erboristeria, corso di cristallo-terapia e sugli
angeli condotto da Lida, la moglie di Juan, una donna splendida e ricca di
umanità.
Negli
ultimi giorni del viaggio in seguito ad uno sciopero generale dei mezzi pubblici
c'è stato un cambio di programma; ma questo ha permesso comunque al gruppo di
completare il percorso andino integrandolo anche con nuove pratiche relative al
sentiero sinistro (lloque=sx e paña =dx).
Anche
se non ricordo con precisione il calendario dell’Hatun Karpay: il primo giorno
siamo stati a Illa Pata, luogo sacro dove ci siamo connessi con i 12 Apu
principali delle Ande, col vento Wira, con gli Alberi sacri, col sole Inti.
Qui
ho avuto una visione del fiume sacro Urubamba e della sua vallata, che ho potuto
vedere il giorno dopo, e ho pianto abbracciando un albero.
Quindi
la connessione con l’Inca Waskar e la sua Qoya nella laguna di Huacarpay, un
posto molto melanconico dove dice la leggenda l’Inca stia scontando la sua
pena nel mondo sotterraneo dell’Ujupacha per insegnare l’Ajni agli esseri
inferiori.
La
pena gli era stata inflitta in seguito alla guerra fratricida col suo fratello e
solo quando ciò avverrà ci sarà una nuova era e l’Inca potrà ritornare.
In
questo luogo abbiamo avuto l’Iniziazione formale al 4° livello con la mesa di
Juan sulla testa e sulle spalle, proprio come dei veri cavalieri.
Anche
la regressione nella grotta di Amaru Machay con la terra è stata mitica: ho
pianto come una bambina, nel ripercorrere le tappe della mia vita e nel
perdonare i miei genitori fino ad unirli nel mio cuore.
Il
giorno dopo visita nella valle sacra del Wilkanota - Wilkañusta (wilca=potere
alla luce nera, colei che ha le chiavi).
Pratiche
a Pisaq e Ollantaytambo, graziosa cittadina costruita da Pachakuti; terrazzata
in modo tale che l’acqua scorresse incanalata nei tunnel dopo essere stata
energizzata dai sommi sacerdoti per poi scendere a valle sotto l’azione del
vento e del sole.
In
tale pratica avviene il processo di germinazione del seme Inca.
Splendidi
fiori Maiwa sul sentiero di un colore cremisi, un cielo terso e il sorriso degli
indio del luogo che ci seguivano con i loro campanelli da venderci.
Serata
a buffet in uno dei tanti ristoranti tipici di Urubamba con le melodiose musiche
andine che ti fanno sorridere anche quando sei stanco morto!
Viaggio
in treno da Urubamba ad Aguas Callentes. Dopo un’attesa di ben tre ore per un
presunto deragliamento.
Pernottamento
ad Aguas Calientes posto tipico per le acque termali dove una sera nonostante la
pioggia ci siamo immersi nelle acque calde e fredde per eseguire i riti di
iniziazione.
Panico
la notte in albergo per un mega ragno tropicale prontamente rimosso dalla
reception con una scopa!
Il
giorno dopo col pulman arriviamo finalmente alla mitica cittadella di Machu
Picchu Qui il tempo sembra essersi fermato, il posto suscita immediatamente un’attrazione magnetica quasi magica, resto incredula, costringendo Paola a darmi un pizzicotto, urlo, era troppo forte… ma non è un sogno è tutto vero!.
Mentre percorriamo in largo e in lungo la cittadella provo la strana sensazione
di esserci già stata chissà quando e in quale tempo.
Saliamo
fino in cima dove c’è la pietra del dio Wiraqocha, che al solo tatto mi fa
frizzare le mani come una scossa elettrica, tanto è energetica.
Tutt’intorno
pigri lama si aggiravano facendosi fotografare dai turisti senza paura.
Il
giorno dopo ci attrezziamo per il trekking attraverso la vegetazione
sub-tropicale fino alla caverna della Pachamama, (tempio della luna) e poi alla
grotta dell’Uku Pacha.
Questa
grotta del Tempio della Luna è particolare funge da potente aspiratore di tutte
le energie pesanti e ti rimette al mondo puro come un bambino.
Vi
sono delle nicchie che rappresentano le 5 Nust’a: la Nera (primordiale e
forte); la Rossa (passionale e sensuale); d’Argento (spirituale e pura);
d’Oro (regale) e la Verde (forza della natura).
Ci
siamo seduti a turno dentro le nicchie e abbiamo meditato: mentre nella prima
sentivo vibrare le pareti come un terremoto, nella seconda ero come risucchiata
e non riuscivo ad alzarmi; nella terza provai una sensazione di pace; poi mi
sentivo illuminata come una dea ed infine in quella verde l’energia era così
forte che mi sentii reclinare il capo all’indietro dove vi era un poggia
testa, restai così qualche interminabile secondo.
Non
mi sorprese sapere a posteriori da Juan che quella della Nust’a Verde fosse la
preferita da Don Benito.
Alla
fine di tutto il rituale, quando uscii dalla grotta, ero così stanca che mi
abbandonai seduta a meditare.
Credo
di essermi addormentata qualche secondo, comunque ebbi una visione: vidi uno
splendido condor volare e, seguendolo, mi ritrovai vicino alle nuvole circondata
dagli Apu (le montagne delle Ande) come un girotondo tutt’intorno.
Inutile
dire che il giorno seguente rividi il tutto nella realtà.
Nella
grotta dell’Uju Pacha, ci sono ancora ben conservati dei meteoriti considerati
potenti khuya.
Durante
la connessione con la quarta pietra, ho sentito un fortissimo profumo che mi ha
stordito, fantastico! ( ce ne sono circa 10).
La
giornata più massacrante ma anche la più bella è stata certamente quella
dell’ascensione al Huayna Picchu il picco che sovrasta Macchu Picchu per
incontrare e parlare con gli Apus (spiriti delle montagne).
I
miei nervi sono stati messi a dura prova; oltre alle vertigini per il ripido ed
impervio sentiero ho “rimesso l’anima” (non avevo digerito bene la cena),
sudavo freddo ma ero decisa ad andare fino in fondo a quella che per molti può
sembrare una pura follia.
Aiutata
da Nives che mi faceva pranoterapia strada facendo e Michele, che gentilmente si
è caricato sulle sue spalle il mio zaino, sono salita sino alla vetta dove la
visione si è trasformata in realtà.
Titti
gentilmente mi ha regalato una sua maglietta dato che la mia era praticamente da
strizzare e subito ero pronta per la foto con Juan e Celso dove più che
sorridere sembravo preda di una paresi facciale.
Dopo
un breve riposo per riprendere le forze altra arrampicata passaggio strisciando
attraverso una grotta che simboleggia l’energia maschile pura (masintin);
mentre quella di ieri della grotta della Pachamama era femminile (yanantin).
Finalmente
le nuvole e gli Apu si aprono alla nostra vista incredula di una bellezza oltre
ad ogni immaginazione.
La
connessione con gli Apu viene fatta su di una roccia ad uno ad uno con la mesa
di Juan attraverso una nuova salita ulteriore.
Terminato
il rito Juan mi afferra per un braccio mi mette di fronte al baratro e
dicendomi: ”ti fidi di un pazzo peruviano? Chiudi gli occhi” e ponendomi le
sue mani sulle mie spalle si concentra in preghiera, quando riapro gli occhi la
mia paura era notevolmente diminuita.
Il
ritorno è stato di gran lunga più veloce e agevole fino alla cittadella di
Machu Picchu.
Solita
connessione con la pietra della Nust’a e meritato riposo sopra un masso che
dominava il luogo magico.
Un
gruppo di turisti spagnoli intona un canto angelico fuori programma che ci
riempie il cuore di note melodiose appena in tempo prima di un diluvio preceduto
da lampi e tuoni.
Durante
il tragitto in pullman assistiamo ad una corsa dei ragazzi indio che per pochi
sol, corrono fino ad Aguas Callentes come i messaggeri Incas che portavano il
pesce fresco al loro sovrano dall’oceano pacifico.
Il
giorno seguente siamo scesi sulla sponda del fiume Wilkanusta: il fiume sacro
che scorre sotto Machu Picchu per incontrare il potere della principessa della
Luce Nera ed abbiamo svolto un rituale di collegamento con la forza delle acque
sacre che bagnano tutto il sistema dell’area centrale del Regno originario
degli Inca.
Insieme
a Juan abbiamo gettato nel fiume il despacho (offerta rituale) con tutti i
nostri desideri.
La
sera siamo tornati in treno a Cusco dove abbiamo pernottato.
L’atmosfera
pesante ci sorprese non solo per lo sciopero in atto ma si respirava come una
pesante cappa sulla testa, così diversa dalla brezza soave di Machu Picchu.
Infatti,
arrivati l’11 settembre, siamo stati informati dell’attentato alle torri
gemelle di New York e a causa dello sciopero restiamo a Cusco.
Dentro
il Qoricancha eseguiamo oltre alle pratiche andine una Saiwa (colonna di luce)
tutti in cerchio intorno al pozzo ottagonale posto al centro del tempio per
infondere luce e amore a tutta l’America. Finiamo con delle pratiche in Saqsayhuaman, sopra Cusco, raggiunta a piedi dopo una lunga camminata.
Il giorno dopo a Illa Pata; accompagnati da sacerdoti Q’ero (località situata
a 4,500 m.) e relativo despacho alla pachamama.
Tra
il gruppo del volo di New York, me compresa, cresceva l’ansia per il rientro,
la paura del volo, di restare bloccati in Perù, perciò chiedemmo ai sacerdoti
Q’ero di pregare durante il despacho e loro misero dentro anche un
aeroplanino di carta fatto da noi.
La
visita al villaggio di Raqchi dove ci sono le rovine del Tempio di Wiraqocha mi
piacque molto.
Strada
facendo ci fermammo davanti ad una chiesa che secondo Juan era uno dei luoghi
sacri dove secondo la profezia andina si sarebbero dovuti incontrare due dei 12
Inka Mallku (da Inka=re; Mallku=giovane condor) aspiranti a diventare Inka.
Mentre Juan parlava della profezia mi vennero i brividi dall’emozione e la mia
fantasia prese a galoppare.
Quindi
ci recammo al tempio di Wiraqocha.
Qui
eseguimmo il Rito de’Incoronazione, in accordo con la profezia Inca, unendo le
nostre energie e quelle dei sacerdoti q’ero abbiamo creato una Saiwa
potentissima pregando nuovamente per la pace. Dopo la saiwa con i Q’eros;
abbiamo proseguito con un rito di connessione attraverso varie nicchie del
tempio. Successivamente abbiamo scelto noi donne; 2 sacerdotesse (Cecilia e
Nives); e gli uomini (Sergio e Gianmichele) per presiedere il rito di
connessione con il luogo.
Ad
uno ad uno passammo davanti a loro mentre ci imponevano le mani sulla testa.;
alla fine abbiamo fatto un cerchio intorno alle nostre mese e Juan con Celso ci
hanno benedetto con le loro mese regalandoci una khuya.
Ciascuno
di noi era entrato perfettamente nella parte eravamo tornati indietro nel tempo
degli Inca.
Infine
ci siamo connessi con delle fonti sacre del luogo che rappresentavano
rispettivamente le varie Nuste: quella bambina, quella fanciulla,
l’adolescente, la nonna e la regina.
Ciascuno
secondo i suoi ritmi, alcuni di noi si sono tolti le scarpe e sono rimasti a
piedi nudi, altri hanno bevuto l’acqua, il tutto in religioso silenzio.
La
sera tornando in albergo siamo passati a visitare il villaggio di Don Benito (Wasau).
Un
piccolo paesino, di capanne indios fatte con fango e paglia, molto povero, con
un nugolo di bambini festosi che ci seguivano ovunque per qualche frutto o
regalo.
Quelle
poche capanne racchiudevano un tesoro: era il paese natale di Don Benito; il
maestro di Juan.
Grazie
a lui si diffuse la conoscenza andina a tutto l’occidente!
Ero
commossa e mentre camminavo per quelle stradine fangose, cercavo di cogliere
ogni particolare per farne tesoro e poter capire perché quando lessi il libro
di Juan, vedendo la foto di Don Benito piansi per mezz’ora.
Tutto
era semplicità e povertà in quel villaggio; il superfluo a cui siamo abituati
noi, lì era solo utopia.
La
casa del maestro era simile ad una stalla con una staccionata per porta situata
vicino ad un masso di pietra.
Immaginavo
ancora Don Benito seduto su quella pietra, mentre masticava coca o beveva della
birra, in uno dei rari momenti di riposo quando non faceva il curandero
(guaritore) alla povera gente del villaggio che veniva a trovarlo.
Il
mio cuore era pieno di tenerezza e mi venne un groppo alla gola.
Fu
allora che mi accorsi che anche Juan era serio e pensieroso; mi avvicinai a lui,
e toccandogli il cuore con una mano, gli dissi: “senti un dolore qui, vero?”
lui annuì col capo e gli occhi lucidi.
Salimmo
sul pullman in silenzio verso l’albergo e già brillavano le prime stelle,
splendide come diamanti, sulla città di Cusco.
Il
giorno dopo siamo partiti col volo Cusco-Lima di buona mattina per recarci al
Tempio di Pachakamaq con relativi rituali d’integrazione di fronte
all’oceano Pacifico.
Festosi
bambini di una scolaresca ci seguivano e riempivano l’aria con le loro risate;
il mare splendido e maestoso ci salutava da lontano con onde e spruzzi
spumeggianti!
La
sabbia sotto i nostri piedi brillava al sole e corvi regali solcavano il cielo
sopra di noi.
Juan
ci raccontò delle sacerdotesse vergini che presiedevano al culto della sacra
fiamma del sole; per lo più belle principesse che sacrificavano la loro vita al
culto religioso.
Quindi
ci recammo a mangiare tutti insieme e lì salutammo commossi Juan: il rito era
finito e lui si congedava dal nostro gruppo lasciando un vuoto incolmabile.
Durante
il pranzo parlammo molto, mi augurò di trovare presto lavoro nella scuola (io
ne ero sicura) e parlò molto al cellulare in inglese col nuovo gruppo americano
che da lì a poco sarebbe arrivato in Perù.
Quando
se ne andò ebbi l’impressione che qualcosa di lui fosse rimasta per sempre
nel mio cuore per guidarmi e farmi luce nel mio cammino.
Il
giorno seguente dopo un giro turistico per la città di Lima, dove fra l’altro
vedemmo da lontano Il Cristo dei Miracoli, ci fermammo a mangiare in un
magnifico ristorante sull’oceano colmo di prelibatezze.
Nel
pomeriggio visitammo il Museo dell’Oro di Lima; ricco di ritrovamenti incaici;
quali mummie, Tumi (coltello inca) gioielli, vestiti, armi, etc. La sera
dormimmo come sassi, la partenza era stata confermata, nessun problema per il
volo diretto a New York, il despacho dei Q’eros aveva funzionato a meraviglia.
All’aeroporto
di Lima salutai Celso, il nostro maestro italiano con nostalgia, lui sarebbe
rimasto ancora qualche giorno per terminare il suo percorso sino al lago
Titikaka.
Sbrigate
le ultime formalità burocratiche dopo un lungo controllo all'imbarco
dell’aeroporto, in seguito all’attentato delle Torri Gemelle,dove mi fecero
aprire la mia valigia per un phon… da capelli, il nostro aereo decollò da
Lima diretto a New York.
Ci
fu un lungo applauso per il perfetto atterraggio del pilota dopo un volo un
po’ disturbato da varie turbolenze.
La
“Grande Mela” da lontano sembrava come un porto senza faro, priva delle
Torri; e l’aeroporto era praticamente deserto.
Solo
qualche raro turista si aggirava simile ad un fantasma, tra polizia e personale
della croce rossa che solerte ci offriva del cibo e bevande varie.
Un
fumo sinistro saliva verso il cielo e qualcuno piangeva in silenzio ascoltando
da una televisione le notizie dell’attentato.
La
triste realtà ci riportò subito tutti con i piedi per terra e ci unimmo in
religioso silenzio alle vittime di tale tragedia.
Una
veloce sosta ad un albergo, solo il tempo di fare una doccia, niente tour
turistico a Manhattan, per poi riprendere finalmente il volo diretti verso casa. Ero ancora frastornata dal rombo dei motori dell’aereo, che non mi resi conto del mio compagno di viaggio: un frate di nome Padre Pio. Felice chiusi gli occhi: questo Dio meraviglioso (cristiano, buddista, induista,andino…) non mi aveva abbandonato e riposai un po’. Quando riaprii gli occhi un’hostess gentile mi offrì da bere e dato che avevo molta fame mangiai con gusto i cibi precotti della continental, la linea aerea con la quale viaggiavo.
La
mia mente irrequieta ripercorreva tutte le tappe del viaggio, ma il mio cuore
era rimasto in Perù.
Solo
il suono melodioso di Gabriele, mio figlio che mi diceva “ciao mamma… sei
stata mica fifona!” e l’abbraccio caldo di mio marito, mi sorpresero a
Malpensa in Italia. |