il New Age
SECONDO
IL"DIZIONARIO INTERDISCIPLINARE DI SCIENZA E FEDE"
a cura di Andrea
Porcarelli
(Docente di
Filosofia e Scienza delle religioni. Studio Filosofico
Domenicano, Bologna)
I. Che cos’è il New
Age?
II. Alcuni cenni
storici
III. Principali lineamenti dottrinali del New Age
IV. New
Age e scienza contemporanea
V. New
Age e gnosi: elementi per un confronto fra le due dottrine
VI. New Age e
fede cristiana.
1. Significato dell'espressione e
natura del fenomeno.
Con l'espressione New Age,
che letteralmente significa «Nuova Era», si vuole suggerire
il senso di una renovatio mundi legato ad un
cambiamento della mentalità generale di cui i vari movimenti
che si collocano all'interno di tale prospettiva sarebbero
artefici e portavoce. Vi sono altre espressioni, più o meno
equivalenti, come Nouvelle Age nella lingua francese,
e quella di «Età dell'Acquario», che allude a coordinate di
tipo astrologico, ossia ad una transizione dalla vecchia Età
dei Pesci ad una nuova Età, intesa appunto come un passaggio
da una Old Age alla New Age. In tempi recenti
alcuni autori hanno introdotto anche l'espressione Next
Age (la prossima Era), che fu in origine lanciata dai
pubblicitari di una grande casa automobilistica americana
per reclamizzare una vettura particolarmente innovativa,
mentre viene oggi utilizzata da alcuni studiosi delle nuove
forme di religiosità per indicare una sorta di crisi del
fenomeno New Age ed una sua rinascita sotto nuove
forme.
A partire dagli anni '80 del XX secolo,
nell'indicare il complesso mondo del New Age nella
sua globalità, si iniziò ad usare anche la formula New
Age Movement (NAM), per sottolineare il ruolo attivo e
convergente dei diversi gruppi e soggetti nella costruzione
della Nuova Era. In realtà il New Age non è un vero e
proprio “movimento”, dai confini chiaramente definiti, né lo
si potrebbe qualificare come una “setta” in senso stretto
(pur collocandosi a pieno titolo tra le tematiche di cui
deve occuparsi chi studia il fenomeno delle sette), ma
piuttosto un’atmosfera, una mentalità, una “rete” in cui si
intrecciano vari modi di pensare, talora simili, talora
diversi, ma legati da un denominatore comune. Per rispondere
alla domanda sull'identità sociologica del NAM potremmo
utilizzare un'espressione che ha avuto grande fortuna nella
pubblicistica nordamericana, definendo il NAM come un
metanetwork (network of networks). La definizione
è interessante, soprattutto se si tiene presente il senso
della parola network, che può essere inteso come una
creazione spontanea, volta a indirizzare e orientare gli
interessi e le scelte della gente, offrendo direttamente
delle possibilità, anche al di fuori dei canali
istituzionalmente stabiliti. A conferma di tale visione
depone la grandissima quantità di siti Internet dedicati al
New Age o che riprendono le sue tematiche più in voga, fino a diventarne uno dei principali strumenti di
diffusione e di sussistenza. Il New Age può essere
pensato come un metanetwork se lo concepiamo come una
“atmosfera culturale” che raccoglie, coordina, armonizza,
fonde o giustappone un insieme di esigenze che hanno il
maggior denominatore comune proprio nel fatto di voler
essere alternative rispetto alle proposte delle istituzioni
ufficiali, in tutti i campi. Per questo possiamo parlare del
fenomeno in ambiti diversissimi della società contemporanea:
a partire dal mondo medico (centri naturisti ed alcuni
aspetti delle medicine “alternative”), per proseguire nel
mondo dei beni di consumo (dai prodotti rigorosamente
“naturali” alla musica, libri o vacanze presentati con
l'etichetta New Age), per poi terminare nell'ambito
più propriamente antropologico e “religioso”, che qui
toccheremo da più vicino, ed in cui si registra la più alta
varietà di proposte. In tale
contesto si colloca anche il problema del rapporto tra
mentalità New Age e scienza moderna.
2. Il problema dell'unità del fenomeno
ed il suo impatto sociale.
Se l'espressione New Age
può essere considerata una sorta di “ombrello” che copre una
pluralità di entità tra loro differenti, pur con un certo
denominatore comune, quando ci interroghiamo sui rapporti
tra New Age, scienza moderna e fede cristiana, ci
poniamo delle domande che riguardano direttamente l'identità
dottrinale del fenomeno. Ma si può parlare in modo unitario
delle dottrine New Age? La questione — da un punto di
vista epistemologico — risulta doppiamente problematica: da
un lato vi è infatti la questione delle fonti (non vi è un
“canone” di testi riconosciuti come rappresentativi della
mentalità New Age in senso globale, né singoli testi
considerati tali da tutti coloro che si ritrovano sotto
l'ombrello in questione), dall'altro lato, l’affermazione
che troviamo per prima nelle opere prodotte in ambiente
New Age, a proposito dell'identità dottrinale del
medesimo, è che in tale orizzonte di pensiero non vi sono
dogmi universalmente riconosciuti. I diversi autori
utilizzano differenti forme espressive per affermare il
relativismo dottrinale proprio del New Age, ma su
questo punto la convergenza è totale. Dunque potremmo dire
che si tratta di un relativismo “assolutizzato” e — al di là
della contraddittorietà di tale posizione, che comunque
appartiene anche ad alcune scuole filosofiche — tale
considerazione ci offre un criterio abbastanza solido per
l'identificazione dei lineamenti dottrinali in qualche modo
comuni ai diversi gruppi New Age: se è abbastanza
difficile individuare ciò che tutti affermano, è più facile
individuare ciò che tutti negano (ad esempio, l'affermazione
che non vi possano essere “dogmi” è condivisa in modo
pressoché unanime) e quindi delineare i tratti emergenti di
un'identità dottrinale che, in ogni caso, non tollera di
essere confusa con le prospettive da cui prende le distanze.
L'organizzazione sociale di questo
“movimento” è, si è detto, estremamente fluida, nel senso
che non vi è una struttura unitaria gerarchicamente
organizzata, né vi sono punti di riferimento ufficiali o
portavoce riconosciuti come tali, ma proprio il fatto di
caratterizzarsi come un metanetwork (un sistema
complesso di strutture a loro volta organizzate “a rete”) ne
rende le idee particolarmente pervasive. Il carattere spesso
informale delle modalità con cui si entra in contatto con
l'atmosfera New Age, infatti, induce ad “abbassare la
guardia”, nel senso che è spesso difficile per i singoli
soggetti riconoscerne i connotati e accorgersi del processo
di evoluzione della mentalità che facilmente può avere
inizio senza che sia chiaro dove potrebbe condurre. Possono
essere esemplificative, in tal senso, le parole con cui
praticamente si apre un libro che possiamo ormai considerare
un “classico” del New Age,
La profezia di
Celestino:
«Da almeno mezzo secolo una nuova
consapevolezza è entrata a far parte dell'universo umano,
una presa di coscienza che può essere definita trascendente,
spirituale. Se vi ritrovate a leggere questo libro, forse vi
siete già accorti di cosa sta succedendo perché lo sentite
dentro di voi. In questo momento della storia noi sembriamo
particolarmente sintonizzati con lo sviluppo stesso della
vita, con quegli avvenimenti fortuiti che accadono proprio
al momento giusto e ci fanno incontrare le persone capaci di
avviare la nostra esistenza in una direzione nuova e
ispiratrice. Forse riusciamo a intuire il significato
elevato di questi misteriosi avvenimenti più di quanto
abbiano mai fatto le persone vissute prima di noi. Sappiamo
che per ognuno di noi la vita è una rivelazione spirituale,
seducente e magica, che nessuna filosofia o
Religione è
riuscita finora a chiarire del tutto. E siamo a conoscenza
anche di qualcos'altro: sappiamo che nel momento in cui
comprendiamo ciò che sta succedendo, mettendo in moto questa
forma di crescita e mantenendola in vita, il genere umano
effettuerà un incredibile balzo in avanti raggiungendo
finalmente il nuovo stile di vita che ha inseguito nell'arco
di tutta la sua storia. Questa storia vi è offerta per
conseguire la nuova comprensione. Se vi colpisce, esprimendo
qualcosa che già percepite nella vita, passate questa vostra
esperienza a qualcun altro — perché io credo che la nostra
nuova consapevolezza della spiritualità si stia espandendo
esattamente in questa direzione, non più tramite mode
passeggere o pubblicità strampalate bensì a livello
personale, attraverso una sorta di positivo contagio
psicologico fra le persone» (Redfield, 1994, p. 6).
Il livello di coinvolgimento, in molti
casi, può rimanere ad uno stadio molto superficiale,
limitandosi, per esempio, alla fruizione di alcuni prodotti
o servizi, anche se può invece accadere che a questo primo
livello di coinvolgimento ne seguano altri, sempre più
radicali, in una sorta di moto a spirale discendente in cui
non è facile individuare delle “soglie” chiaramente
distinguibili. Per questo è difficile tentare di disegnare
una “mappa” della diffusione del New Age e più ancora
fare delle stime relative al numero di persone coinvolte,
perché molto dipenderebbe dagli indicatori prescelti ed il
margine di approssimazione rimarrebbe sempre molto ampio.
Ciò che si può dire, per dare una valutazione globale
dell'impatto del fenomeno nella cultura di oggi, è che vi
sono notevoli consonanze tra alcuni degli elementi
psicologici e dottrinali che rientrano nel panorama del
New Age ed alcune linee di tendenza che appaiono
emergenti nella mentalità corrente delle società industriali
avanzate, con un rafforzamento reciproco delle une grazie
agli altri e viceversa.
1. Alla ricerca di un inizio.
La
sfuggente indefinibilità del fenomeno New Age che
abbiamo appena segnalato ci impedisce di indicare una sorta
di “data di nascita” univoca per qualcosa che unisce realtà
molteplici, ciascuna delle quali con una propria storia e
dei propri “precedenti”. Sul piano dell'analisi dottrinale
avremo modo di sottolineare le profonde analogie tra
mentalità gnostica e cultura New Age, ma dal punto di
vista storico non possiamo certo spingerci così indietro
nella ricerca della genesi di quello che è oggi tale
mentalità, quasi ci fosse una sorta di segreto filo rosso
che unisca tutte le grandi eresie facendole risalire alla
gnosi come “madre” della loro numerosa famiglia. Se invece
pensiamo che ciò che caratterizza il New Age come
tale sia la centralità attribuita all’imminente avvento di
una Nuova Era, caratterizzata da pace, prosperità e armonia,
garantite sulla base di una diffusa consapevolezza di tipo
panteistico, non senza significativi riferimenti di tipo
astrologico, allora possiamo indicare nell’opera L’Ére du
Verseau (pubblicata dall’esoterista francese Paul Le
Cour nel 1937) un precedente significativo di quello che
oggi chiamiamo New Age. Egli, però, può essere a sua
volta considerato erede di tradizioni esoteriche precedenti
e rischieremmo così di dover risalire fino ad epoche troppo
lontane dall’ambiente storico-culturale del fenomeno di cui
ci stiamo occupando. Possiamo altresì assumere come punto di
partenza la nascita di alcuni di quelli che oggi possono
considerarsi tra i più noti e indiscussi punti di
riferimento della mentalità New Age, considerandoli
come le prime “punte d’iceberg” di un fenomeno magari già
presente a livello sotterraneo, ma ancora incapace di
emergere alla superficie. Possiamo, allora, simbolicamente
prendere come punto di riferimento il 1962, a motivo della
concomitanza della fondazione della Comunità di
Findhorn in
Scozia (ad opera di Peter ed Eileen Caddy e Dorothy Maclean)
e dell’Istituto di Esalen in California (ad opera di Michael
Murphy e Richard Price).
2. La progressiva esplicitazione
dell'identità New Age.
Nella storia del movimento
possiamo individuare una seconda linea di spartiacque a
partire dal momento in cui inizia a prendere forma una sorta
di “autocoscienza esplicita” della consistenza del NAM
inteso come metanetwork, cioè come “rete di
strutture a rete” aventi tra loro relazioni reali
esplicitamente colte come tali. Un ruolo importante in tal
senso viene giocato da David Spangler, che iniziò una
significativa opera di divulgazione, attraverso conferenze
ed opuscoli, a partire dalla fine degli anni '60, finché nel
1973 una parte del materiale da lui elaborato viene raccolto
in un importante volume, The New Age Vision,
pubblicato in Scozia, presso la comunità di
Findhorn. Sempre
in quegli anni si afferma anche l'altra espressione in
qualche modo equivalente, ossia quella di Età
dell'Acquario, di cui si parla anche nel noto musical,
Hair (1968), dove la canzone The Age of Aquarius
esprime esplicitamente alcuni dei nodi essenziali della
mentalità New Age. Sempre all'inizio degli anni '70
possiamo collocare la pubblicazione delle prime “guide”
New Age, con elenchi di librerie, negozi, centri di
spiritualità o luoghi di cura alternativi, scuole di yoga e
quant'altro venisse percepito in sintonia con le attese di
rinnovamento epocale di cui il “movimento” si iniziava a
riconoscere portatore. In ogni caso, possiamo storicamente
inquadrare il sorgere del New Age nel quadro di
quella più ampia e complessa crisi culturale e generazionale
che ha attraversato e ancora attraversa le società
occidentali avanzate nel secondo dopoguerra. Ad essa
contribuiscono una molteplicità di fattori che hanno trovato
espressione in una grande varietà di movimenti “di rottura”
(si pensi solo agli eventi del ‘68), sia nella forma di
gruppi fortemente orientati verso l’impegno sociale, sia
nella forma di esperienze “di fuga” da una realtà in cui ci
si sente a disagio, sia nella forma del risveglio di sette
fondamentaliste e millenarismi apocalittici vecchi e nuovi,
sia nella forma di una indefinita ma consistente “rete” di
relazioni sottili che uniscono in modo più o meno forte
tutti coloro che (singoli o organizzati) esercitano
atteggiamenti o professano credenze che, a torto o a
ragione, si crede potrebbero contribuire alla costruzione di
un “nuovo paradigma culturale e sociale”, come nel caso del
New Age.
3. L'idea di una “cospirazione
planetaria”.
Un passo successivo nella nostra sommaria
ricostruzione è rappresentato dall'idea che tutti i vari
movimenti spontanei, di fatto accomunati da alcune credenze
e da un sentire comune, siano in realtà tanti tasselli di un
unico mosaico, parte di un disegno più ampio. The
Aquarian Conspiracy è il titolo di un noto libro di
Marilyn Ferguson, pubblicato nel 1980, che sottolinea, già
nella scelta del titolo, il desiderio di trionfare sulla
cultura dominante e sulle religioni tradizionali,
sovvertendone l'ordine e le strutture. L'impegno dei
“cospiratori” si rivolge principalmente a due obiettivi: il
primo passo consisterebbe nel promuovere la “trasformazione
personale” di quanti più individui possibile, attraverso un
messaggio rivolto direttamente all'intimo di ogni uomo; in
secondo luogo si ripropongono una “trasformazione
planetaria”, operando direttamente all'interno dei movimenti
d'opinione e delle strutture della nostra società. In
realtà, questa “cospirazione” non va immaginata come se
fosse realmente in atto una sorta di segreto complotto, già
freddamente elaborato nei minimi dettagli e gestito dalla
sapiente regia di ipotetici centri occulti di potere: si
tratta piuttosto di un fenomeno di vaste proporzioni che si
diffonde secondo lo stile proprio di un metanetwork,
facendo cioè perno sia su fenomeni spontanei e tra loro
scollegati (che sorgono comunque in un certo clima
culturale), sia su vere e proprie “strategie” elaborate e
portate avanti da alcuni gruppi all'interno del movimento.
In ogni caso è evidente il tentativo di realizzare un nuovo
establishment (una New Age) nutrito di
misticismo e di occultismo.
Un fenomeno che può aiutare a comprendere
le modalità di espansione di questa mentalità è costituito
dalle “comunità” New Age, sorte in varie parti del
pianeta. Capostipite di questo tipo di comunità è quella già
citata di Findhorn, in Scozia, fondata nel 1962, ma
esperienze analoghe sono sorte un po' in tutto il mondo. A
titolo esemplificativo possiamo citare la comunità di
Christiania, fondata nel 1971 alla periferia di
Copenaghen,
con l'occupazione abusiva di un'area militare abbandonata e
che oggi conta circa un migliaio di abitanti, oppure
Arcosanti, una “città ideale” costruita in Arizona secondo
criteri ecologici, capace di ospitare circa cinquemila
abitanti. In Italia sono attive le comunità di
Damanhur,
fondata nel 1979 da Oberto Airaudi presso Baldissero
Canavese, in Valchiusella, ed
il Villaggio Verde di Cavallirio, in provincia di Novara, guidato da Bernardino
Del Boca. La città di Damanhur, che si presenta come un
insieme di costruzioni neo-pagane, si è notevolmente
ampliata negli anni Ottanta, generando una molteplicità di
centri paralleli in altre località del Canavese. La comunità
possiede una significativa struttura economica e commerciale
comprendente una casa editrice, un'agenzia viaggi, un
sontuoso centro convegni, numerose iniziative di promozione
di immagine e di diffusione delle idee che in essa
circolano. L'aspirazione di Damanhur è quella di divenire
una vera e propria “città stato”, persino con una moneta ad
uso interno.
Vi sono infine alcuni autori, soprattutto
tra i sociologi, che tendono a “sdrammatizzare” il fenomeno
presentandolo come un movimento che attraversa una sua
parabola evolutiva, di cui pare di poter intravedere la fase
di declino, o quanto meno di evoluzione: la
commercializzazione di molti simboli del New Age
sembra far presagire più una sua metabolizzazione
all'interno della civiltà consumistica, piuttosto che una
trasfigurazione di quest’ultima grazie alle idee New Age.
Per questo motivo alcuni gruppi, forse suggestionati dalle
stesse parole di quanti li descrivevano, hanno assunto la
denominazione Next Age, intendendo così marcare la
distanza rispetto ad un New Age in parte inquinato
dai rapporti con la società consumistica.
1. Un relativismo antidogmatico.
Abbiamo già osservato che uno degli elementi ricorrenti
dell’impianto dottrinale dei vari portavoce del New Age
è la recisa negazione del fatto che vi possano essere
certezze affermate in modo dogmatico: “l'unico dogma è che
non ci sono dogmi”, potremmo dire parafrasando diverse
espressioni di larga diffusione nell’ambiente. A dire il
vero questa stessa affermazione viene posta senza quella
serena equidistanza dalla sua contraddittoria, tanto da far
sospettare che — come ogni relativismo che pretenda di
essere assertivamente radicale — si autodistrugga. Essa ci
aiuta però a delineare l’orizzonte globale in cui si
collocano le altre dottrine New Age: una visione del
mondo in cui ogni singolo individuo è “misura” della propria
verità, sia dal punto di vista dei contenuti, sia dal punto
di vista delle modalità con cui approda alle proprie
soggettive convinzioni, salvo alcune “esclusioni” che sono
abbastanza nette. Prima fra tutte è quella di una
prospettiva religiosa rivelata, in cui vi siano contenuti di
fede dogmatici. Inoltre vale la pena di osservare come i
singoli elementi della mentalità New Age, presi ad
uno ad uno, non manifestano un carattere di particolare
novità: molte credenze si ritrovano nelle religioni e
culture orientali, in altri gruppi di area
gnostico-esoterica che si sono affacciati sulla scena della
cultura occidentale nei secoli scorsi, nei cosiddetti
Movimenti del Potenziale Umano (si pensi, per esempio, a
Scientology o al gruppo EST-The Forum, nel cui alveo nasce
la tecnica del rebirthing). Ciò che è caratteristico
del New Age è il modo in cui tutti questi elementi si
inquadrano in un insieme, in un’architettura, che ha
caratteristiche sostanzialmente convergenti e di cui si può
offrire una chiave di lettura.
2. All is One.
Tutto ciò che
esiste non è che un frammento dell'unica sostanza o realtà:
il mondo, in altri termini, non è costituito né da materia
inerte né da energia inconscia, ma da un’unica realtà,
divina e consapevole, ancorché impersonale (ANIMA). I termini utilizzati per designarla, infatti,
sottolineano tale impersonalità: Principio, Mente, Potere,
Unità e, in particolar modo, Energia. Quest’ultimo termine
si presta particolarmente ad una pluralità di metafore
evocative nella spiegazione dei diversi livelli in cui si
strutturerebbe la realtà: diversi livelli di energia, con
diversi gradi di “consapevolezza” del proprio essere parte
dell’unica energia cosmica, ovvero dell’unica realtà
“divina”. Anche le diverse forme di misticismo ecologico, di
cui avremo a dire tra breve, si inquadrano in modo molto
lineare all’interno di tale orizzonte esplicativo. Vale la
pena di precisare come una tale concezione del divino,
basata su un
panteismo
radicale positivamente affermato, anche se sembra tradursi
in una sorta di esaltazione del carattere prezioso e sacrale
di ogni realtà esistente, si traduce in realtà in una
negazione del divino, così come siamo avvezzi a concepirlo
nella nostra cultura: se tutto è divino (nel senso di una
divinità immanente), allora niente si caratterizza come
divino (nel senso di una realtà trascendente). Si può anche
dire che il punto di partenza delle teorizzazioni New Age
non va cercato né a livello teologico, né a livello
metafisico o cosmologico, ma piuttosto a livello
antropologico. Propriamente parlando, il punto di partenza è
legato ad alcune istanze esistenziali che possono essere
anche molto diverse, ma che hanno un denominatore comune;
sulla base di tali istanze si elabora una riflessione di
tipo antropologico che le ricolloca in un orizzonte di tipo
olistico ed è in tale orizzonte che trova spazio la
teorizzazione di tipo panteistico che corrisponde alla
visione New Age del “divino”.
3. L’uomo è parte del divino.
L’affermazione che l’uomo è parte del divino è molto vicina
al punto di partenza delle teorie New Age. Logica
conseguenza della dottrina per cui “tutto è uno”, da un
punto di vista esistenziale si tratta di una prospettiva
che, specialmente in Occidente, ha avuto un impatto notevole
sulla mentalità e sulla condotta degli individui. L’uomo
New Age ha una struttura “stratificata” composta di vari
elementi: dimensione fisica, psichica, pneumatica
(spirituale in senso forte), più una trama indefinita di
livelli di relazioni misteriose con l’ambiente in cui vive,
inteso a sua volta come una realtà vivente intessuta di
molteplici energie a diversi gradi di “consapevolezza”. Il
risveglio della consapevolezza di tale prossimità tra l’uomo
e l’ambiente naturale, quali diversi aspetti di un’unica
realtà divina, rappresenta il compito quasi “statutario”
della più famosa comunità New Age, quella di
Findhorn.
Partendo dalla dottrina biblica dell'uomo creato a immagine
e somiglianza di Dio, afferma un esponente del movimento:
«senza capirne l'autentico significato abbiamo fatto il
possibile per realizzare sul piano materiale queste parole [cfr. Gen 1,26-28]. La terra e ogni cosa vivente non hanno
avuto altra scelta che sottomettersi alla nostra superiorità
tecnica. L'idea di un'intelligenza, di uno spirito o di una
divinità che agisce in
natura e dà un ordine a ogni sua
manifestazione, fu liquidata come un mito delle civiltà
semplici e primitive. Compito di
Findhorn è far rivivere il
mito» (Giovetti, 1990, p. 71).
Per dare un’idea del contesto in cui tale
comunità opera basti un cenno alla sua storia: essa nasce
nel nord della Scozia per iniziativa di Eileen Caddy e di un
gruppo di persone che si erano raccolte attorno a lei (tra
cui il marito, i figli, l’amica Dorothy); inizio della sua
“missione spirituale” sarebbe stata una “chiamata” in cui Dio in persona le avrebbe rivolto — con parole chiare e
comprensibili — l’invito a rendergli testimonianza
trasformando le dune sabbiose della zona in un florido
giardino, non senza l’aiuto delle “energie positive”
particolarmente abbondanti in quel luogo. Tra le peculiarità
dell’esperienza, molto indicativa della mentalità New Age,
vi sono le frequenti comunicazioni tra i bio-agricoltori di Findhorn e gli spiriti vitali (deva) delle diverse
specie di piante. Possiamo cogliere il tono di tali
comunicazioni nel messaggio che il “deva delle pere” avrebbe
trasmesso a Dorothy: «Per te io sono un essere di grande
bellezza, perché tu constati la mia realtà, che è libera e
divina e rappresenta la vita perfetta. Questo piccolo albero
in giardino è la mia espressione. Tu sai naturalmente che la
bellezza interiore diviene più manifesta nel momento della
fioritura, e anche il frutto ha una forma unica e
particolare. Tuttavia tu pensi che quest'albero possa
rappresentarmi soltanto in misura limitata. Avvicinati e
cerca di sentirti una cosa sola con l'albero. Insinuati in
lui e senti di essere una cosa sola con lui, come lo sente
lo spirito dell'albero. Senti l'amore dello spirito per
l'albero, lo spirito è l'albero e noi siamo una cosa sola.
In questo momento tu sei una cosa sola con noi. Noi crediamo
che il cielo si pieghi verso la terra quando tu partecipi
della nostra vita: allora la nostra unità diviene più
grande» (cit. in Giovetti, 1990, pp. 48-49).
4. Il destino dell’uomo tra risveglio
della consapevolezza e reincarnazione.
Il cammino
dell’uomo è un cammino di “risveglio della consapevolezza”,
in particolare della consapevolezza di essere parte di un
“tutto” divino. In un universo
che non è altro che espressione di un unico Sé infinito e
divino ogni criterio di validità oggettiva perde di
significato, anzi diviene agli occhi dei New Agers
una mistificazione dell'unico criterio di verità possibile
(che è l'immergersi del proprio sé in quell'unico Sé
divino). Il risveglio della consapevolezza è possibile se si
abbraccia un nuovo modo di pensare e, in tal senso, è
indicativo l’uso simbolico che viene fatto di una scoperta
scientifica riguardante la distinzione delle funzioni tra
l'emisfero sinistro (in cui si collocano le funzioni
relative al pensiero logico) e quello destro (responsabile
della dimensione emotiva, creativa, artistica). A partire
dalla constatazione che la cultura occidentale avrebbe
sempre privilegiato in modo eccessivo il left brain
thinking, prende infatti corpo la proposta di assumere
come nuovo modello mentale il right brain thinking,
il “pensare con la parte destra del cervello”, capace di
favorire l’emergere di una mentalità nuova caratterizzata
dalla profonda presa di distanze rispetto alle consuetudini
della cultura occidentale in genere e di quella moderna in
particolare. Criterio fondamentale di certezza e di verità
divengono dunque l'esperienza e l'intuizione: si tratta
naturalmente di un'esperienza e di un'intuizione
“sovraconcettuali”, che scavalcano e rifiutano
consapevolmente i normali canali razionali di conoscenza.
In tale contesto si colloca la dottrina
della reincarnazione che, da un lato, richiama evidenti
influssi delle religioni orientali, ma dall’altro lato
manifesta caratteristiche del tutto peculiari che ne
definiscono la fisionomia secondo un modello tutto
“occidentale” (ANIMA). In primo luogo
la dottrina della reincarnazione in
ambito New Age non evoca una sorta di impersonale
giustizia cosmica a cui l’uomo è suo malgrado sottoposto, ma
richiama l’occidentalissima idea di una “seconda
opportunità” per realizzare quella crescita di
consapevolezza interiore che molto spesso una sola vita non
basta a compiere: allora è possibile pensare ad un cammino
di lunghezza indefinita, in cui se non basta una vita se ne
possono avere a disposizione quante se ne vuole, finché il
cammino di maturazione di una consapevolezza globale non
sarà concluso. Si vede chiaramente come tale modo di
concepire la reincarnazione sia imbevuto del mito
illuministico-positivistico del progresso illimitato
dell’umanità, trasferito sul piano individuale (in un’ottica
etica che dovremmo chiamare più propriamente “pedagogica”:
si continua a sbagliare finché non si è raggiunta una piena
comprensione del proprio errore). In secondo luogo, come
giustamente osservato da Julien Ries, la dottrina della
reincarnazione si incontra con la cultura di massa di un
uomo secolarizzato a caccia di nuovi miti che vadano a
sostituire quelli in cui non crede più, meglio se adeguati
ad una mentalità di tipo individualistico: «Le storie delle
vite precedenti sono nuovi miti in cui sono mescolati degli
aneddoti di sessualità bizzarra e violenza selvaggia. Ognuno
ha diritto a un proprio mito, ognuno può concepire la
propria origine, il proprio destino, le proprie
reincarnazioni. Ogni individuo può costruirsi il proprio
mito di
creazione e fare la propria genesi. Al mercato del New Age i figli dell’Acquario trovano delle guide
turistiche per le vite precedenti con un insieme di ricette
e di tecniche: autoipnosi, meditazione profonda, viaggio
astrale, ecc. Con l’aiuto di queste guide il fruitore di
reincarnazione può ricostruire la storia delle sue vite
precedenti e, cominciando da qui, creare il suo Io attuale»
(J. Ries, New Age e reincarnazione, “Religioni e
sette nel mondo”, 1996, n. 5, p. 54).
5. Un grande spazio per le “tecniche
spirituali”.
La crescita della consapevolezza interiore
di essere parte del divino suppone l’uso di tecniche che
possiamo schematicamente distinguere in tre grandi
categorie: le tecniche di controllo del Sé (con una certa
alterazione della coscienza), le tecniche che regolano le
relazioni con gli altri, e le tecniche per “comunicare” con
altri livelli di consapevolezza. La prima tipologia di
tecniche, di cui un esempio classico può trovarsi in uno dei
testi più rappresentativi del movimento (cfr. MacLaine,
1985, p. 281), si basa principalmente sul controllo della
respirazione e delle sensazioni, non escluso il ricorso a
sostanze allucinogene o comunque la pratica di esercizi
miranti a produrre un’alterazione dello stato di coscienza
vigile. Riportiamo il racconto che Shirley MacLaine offre di
una sua “esperienza mistica” realizzatasi nell’esotica
cornice di una sorgente sulle Ande, mentre l’attrice stava
adagiata in una pozza di acqua sulfurea e frizzante:
«Respiravo più lentamente, lo sentivo, e un po’ alla volta
mi rendevo conto che il battito del mio cuore aveva lo
stesso ritmo del respiro, tanto che sembravano
sincronizzati. Pian piano, il tempo scivolò via finché non
ne ebbi più coscienza. La fiamma della candela continuava a
vacillare, ma ormai cominciava a essere il centro della mia
mente. Avevo l’impressione che il mio corpo galleggiasse:
non soltanto le braccia, ma tutta me stessa. Lentamente
divenni l’acqua, e ogni singola bollicina ne era parte
integrante. Una duplice, meravigliosa sensazione: ero
pienamente cosciente, presente a me stessa e tuttavia parte
di quanto mi circondava. […] Poi, sentii il legame tra il
mio respiro e la pulsante energia che mi circondava. Era
come se l’aria stessa pulsasse, e in effetti l’aria ero io.
Ero l’aria, l’acqua, l’oscurità, le pareti, le bollicine, la
candela, i sassi scivolosi del fondo, persino l’impetuoso
fiume che scorreva all’esterno» (MacLaine, 1985, p. 281). Il
secondo gruppo di tecniche, quello del controllo delle
dinamiche relazionali, corrisponde in buona parte alle
metodologie messe a punto da diverse scuole psicologiche,
come quella di Esalen (il cui posto nell’ambito del New
Age, fin dal suo sorgere, è stato già sottolineato). La
terza tipologia riguarda delle “tecniche spirituali” che
dovrebbero consentire di entrare in comunicazione con
dimensioni della realtà diverse da quella in cui viviamo la
nostra vita cosciente.
Queste ultime tecniche potrebbero essere
sinteticamente collocate nell’ambito di quello che prende il
nome di Channeling
(ndr:Canalzzazione), una sorta di naturale evoluzione
delle pratiche spiritiste ricondotte nell’ambito New Age
(cfr. Porcarelli, 1998). L’ambizione dei suoi portavoce è
quella di comprendere, all'interno del
Channeling,
non solo tutti i fenomeni propri dello spiritismo classico
ma ogni forma di manifestazione “divina” in qualsiasi
contesto religioso sia sorta: si tratterebbe di tante
“facce” della medesima realtà che, nel suo profondo, si
rivelerebbe sostanzialmente unitaria. In pratica il
Channeling vuole “impadronirsi” di tutti i fenomeni
“mistici” di tutte le religioni a partire dall’antichità,
facendone multiformi manifestazioni dello stesso principio
divino che tutto pervade e che sempre tende a manifestarsi;
risulta qui evidente l'influsso del New Age. A
differenza dello spiritismo classico, infatti, il
Channeling si inserisce in una prospettiva
olistica in
cui non solo si dà sempre meno importanza ai “fenomeni”
fisicamente verificabili, ma si può anche notare una
preferenza accordata a “entità” di natura non umana: spiriti
collettivi, “maestri misteriosi”, angeli,
fate, esseri extraterrestri, divinità pagane e non. Ecco, ad
esempio, come l’entità multipersonale che si sarebbe
presentata con il nome di Seth, risulta esprimersi in un
“classico” del
Channeling moderno scritto da
Jane
Roberts: «Il sé che conoscete non è altro che un frammento
della vostra intera identità. Questi frammenti del sé non
sono collegati assieme, comunque, come i grani di un
rosario. Assomigliano invece molto di più agli strati di una
cipolla, o agli spicchi di un’arancia, intercorrelati tutti
tramite un’unica vitalità ed evolventisi in varie realtà pur
originando dalla stessa fonte. [...] Non esiste niente
— rocce, minerali, piante, animali o aria — che non sia
compenetrato da un suo specifico tipo di coscienza. Perciò
vi trovate in una continua agitazione vitale, un campo di
energia cosciente, e siete voi stessi composti fisicamente
di cellule coscienti che portano in se stesse la
realizzazione della propria identità, che cooperano
volentieri per formare la struttura corporea che è il vostro
corpo fisico» (Roberts, 1987, p. 30).
6. Una trasformazione globale su scala
planetaria … e non solo.
Se è vero che l'uomo è, per
natura, parte del divino, come mai non tutte le persone
colgono tale “evidenza”? L'umanità ha un problema: soffre di
una sorta di “amnesia metafisica” che le ha fatto perdere di
vista la propria vera identità. Si tratta forse della più
importante delle credenze che troviamo nel complesso
panorama del New Age, anzi si tratta precisamente
della credenza più “qualificante”, quella da cui l'intero
movimento trae la sua stessa ragion d'essere e si basa
sull'assunto che la trasformazione personale degli uomini
(attraverso la presa di coscienza del loro appartenere all'Uno-Tutto)
porti necessariamente ad una trasformazione cosmica, di cui
si vedrebbero già i segni evidenti e che coinciderebbe con
l'era astrologica dell'Acquario. A causa del fenomeno della
precessione degli equinozi (che non è una congettura
astrologica, ma un fenomeno astronomico dovuto ad un moto
fisico di rotazione “a trottola” della terra), il punto di
intersezione fra i cerchi massimi dell’eclittica e
dell’equatore celeste “precede”, cioè si sposta lentamente
nel tempo, passando da una costellazione all’altra dello
Zodiaco. Interpretando tali spostamenti come un “grande anno
del mondo”, ogni duemila anni circa scatterebbe una sorta di
“nuova era”. Noi ci troveremmo proprio sulla linea di
spartiacque di un tale passaggio epocale, dalla “vecchia”
era dei Pesci (caratterizzata da divisioni, violenze,
sfruttamento dissennato della
natura) alla “nuova” età
dell’Acquario (caratterizzata da pace, fratellanza, rispetto
per l’ambiente, armonia interiore). In tale epoca
confluirebbero e si armonizzerebbero tutte le attese
escatologiche di tutte le religioni e di tutte le culture
del mondo: ciascuna “ricollocata” al suo giusto posto (cioè
come anticipazione di questa unica grande era che ci
apprestiamo a vivere) e ricompresa alla luce di un superiore
grado di “consapevolezza”.
Perché tale “rivoluzione dolce” si possa
finalmente attuare sarebbe necessaria, per i seguaci del
movimento, una grande mobilitazione delle coscienze.
Occorrerebbe cioè che un gran numero di persone abbracci lo
stile di vita acquariano e si adoperi per diffonderlo,
finché il loro numero non raggiungerà una “massa critica”
tale da far scattare una trasformazione globale, cioè uno
“slittamento” di paradigma mentale in tutta l’umanità. Non
ci sarà bisogno di una vera e propria rivoluzione, meno
ancora di azioni violente, ma solo il progressivo
modificarsi del modo di pensare degli uomini nei diversi
campi “strategici” per il New Age porterà all’effetto
voluto. I predetti ambiti strategici possono essere così
individuati, limitandoci a quelli più significativi e
universalmente ritenuti di importanza cruciale: la
sensibilità ai problemi ecologici (si può vedere anche
qualche legame tra il mondo New Age e la nascita e
diffusione di alcuni potenti movimenti ambientalisti), una
cultura pacifista avversa ad ogni forma di guerra e di
imperialismo, il femminismo inteso come reazione ad una
cultura troppo “maschilista”, i cui tratti si ritrovano
tutti nella “old age” (la violenza, la sopraffazione, il
privilegiare la razionalità sulla creatività e l’emotività,
ecc.).
1. La rivoluzione dei paradigmi
scientifici.
L’idea di un mutamento di paradigma
culturale si lega all’introduzione di alcune innovazioni che
hanno avuto un peso “epocale”: l’invenzione della ruota, la
scoperta della scrittura, l’invenzione della stampa, la
“rivoluzione copernicana”, ecc. Non è difficile capire come
in ambiente New Age si tenda a ritenere che anche nel
mondo delle scienze si stia oggi verificando un analogo
mutamento di paradigma: vanno però attentamente considerate
le vie con cui si pretende di provare tale affermazione. Le
riflessioni degli epistemologi moderni, come ad esempio
quelle di Thomas Kuhn ed altri, vengono rilette in ambiente
New Age come una sorta di “profezia” di un imminente
ribaltamento dell’intero paradigma di riferimento
dell’insieme delle scienze moderne. Una prima espressione di tale atteggiamento la
possiamo trovare nella cosiddetta «Gnosi di Princeton»,
espressione con cui, a partire dal 1969, vennero indicati
alcuni scienziati, inizialmente raccolti attorno alla
prestigiosa università americana, che esprimevano posizioni
di tipo olistico. Le radici culturali sono comuni a quelle
del fenomeno hippy, soprattutto per quanto riguarda
gli influssi di matrice orientale e la prospettiva di tipo
panteistico, anche se lo stile e i metodi risultano diversi,
con i tratti di quell’aristocrazia intellettuale che
caratterizzavano i maggiori protagonisti. Per indicarne
sinteticamente i caratteri li riprendiamo da un testo di
Raimond Ruyer, il quale illustra i tratti della nuova gnosi, dopo
essersi premurato di ottenere anche l’approvazione dei
diretti interessati: «La Nuova Gnosi ha cercato di ridurre i
miti all’indispensabile e contemporaneamente a rinnovarli,
però con estrema sobrietà. Essa non ha niente in comune con
le fantasie pseudo-scientifiche o “iniziatiche”. La sobrietà
della Nuova Gnosi è anche tale che si potrebbe piuttosto
rimproverarle di essere poco distinguibile dal puro
scientismo, e di soffocare, come quello, ogni risonanza
religiosa. […] Sembra nondimeno che la Nuova Gnosi,
trasponendo l’universo della scienza, mettendolo dal dritto,
lo trasfiguri. È la stessa cosa, e tuttavia è diversa. […]
L’universo della Gnosi non differisce in alcun dettaglio
dall’universo della scienza, ma fra i due universi vi è la
stessa differenza che vi è fra un essere vivente ed amato ed
un robot, che lo imita perfettamente, ma del quale sappiamo
che non sente niente» (Ruyer, 1980, pp. 332-333).
Tra i portavoce più significativi di una
ri-visitazione in senso panteistico della scienza moderna
figura indubbiamente il fisico Fritjof Capra, autore di
opere (Il tao della fisica, 1975 ed Il punto di
svolta, 1982) molto amate in ambiente New Age.
Per intendere la peculiarità del suo approccio possiamo
prendere le mosse dalle parole con cui introduce
l’esperienza “mistica” che inaugura The Tao of Physics:
«in un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano,
osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio
respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che
tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza
cosmica. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce,
l’acqua e l’aria che mi circondavano erano composte da
molecole e da atomi in vibrazione, e che questi a loro volta
erano costituiti da particelle che interagivano tra loro
creando e distruggendo altre particelle. Sapevo anche che
l’atmosfera della Terra era continuamente bombardata da una
pioggia di raggi cosmici, particelle di alta energia
sottoposte a urti molteplici quando penetrano
nell’atmosfera. Tutto questo mi era noto dalle mie ricerche
nella fisica delle alte energie, ma fino a quel momento ne
avevo avuto esperienza solo attraverso grafici, diagrammi e
teorie matematiche. Sedendo su quella spiaggia, le mie
esperienze precedenti presero vita; “vidi” scendere dallo
spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e
si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; “vidi” gli
atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a
questa danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne
“sentii” la musica; e in quel momento seppi che questa era
la danza di Siva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù.
Per lungo tempo avevo studiato la fisica teorica e per
parecchi anni mi ero occupato di ricerca.
Contemporaneamente, mi ero anche interessato molto del
misticismo orientale e avevo cominciato a vederne le
analogie con la fisica moderna. Ero particolarmente attratto
dagli aspetti sconcertanti dello Zen che mi ricordavano gli
enigmi della meccanica quantistica. Dapprima, tuttavia, il
tentativo di metterli in relazione tra loro era stato un
esercizio puramente intellettuale. Superare la frattura che
c’è tra il pensiero razionale, analitico, e l’esperienza
meditativa della verità mistica fu per me molto difficile, e
lo è tuttora» (tr. it. Milano 19893, pp. 11-12).
Può essere utile precisare che se la via
con cui Capra raggiunge soggettivamente la certezza di ciò
che afferma è quella della sua esperienza personale, i
contenuti della sua riflessione non vengono presentati come
il puro frutto di una percezione soggettiva della realtà,
bensì come l’esplicitazione di una sorta di destino storico
della cultura occidentale. Il volume citato ripercorre, con
un linguaggio avvincente, sia alcuni tratti della storia
della cultura occidentale intesa come una sorta di eclissi
dell’originaria esperienza mistica, sia la storia della
scienza nel XX secolo, di cui si mette in luce la
progressiva “crisi”, intesa come crisi del paradigma
scientista e determinista. Tutto il percorso è costellato di
citazioni dai testi delle grandi tradizioni religiose
dell’oriente (induismo, buddismo, taoismo, ecc.), ma il
grande messaggio comune a tutte è, in sostanza, il cuore
della dottrina New Age: all is One — tutto è
l’Uno. «La caratteristica più importante della concezione
del mondo orientale — si potrebbe quasi dire la sua
essenza — è la consapevolezza dell’unità e della mutua
interrelazione di tutte le cose e di tutti gli eventi, la
constatazione che tutti i fenomeni del mondo sono
manifestazioni di una fondamentale unicità. […] Nella vita
ordinaria, non siamo consapevoli di questa unità di tutte le
cose, ma dividiamo il mondo in oggetti ed eventi separati.
Naturalmente, questa divisione è utile e necessaria per
muoverci nel nostro ambiente quotidiano, ma non è un aspetto
fondamentale della realtà. È un’astrazione ideata dal nostro
intelletto che distingue e classifica. […] La fondamentale
unicità dell’universo non è solo la caratteristica
principale dell’esperienza mistica, ma è anche una delle più
importanti rivelazioni della fisica moderna. Essa diviene
evidente a livello atomico e si manifesta tanto più
chiaramente quanto più si penetra in profondità nella
materia, fino al mondo delle particelle subatomiche» (ibidem,
pp. 147-149). A supporto di tale tesi vengono portati esempi
tratti dall’osservazione fisica ed alcune frasi di
Heisenberg,
di cui si riporta questa espressione: «Il mondo appare così
come un complicato tessuto di eventi, in cui diverse specie
di connessioni si alternano, si sovrappongono e si
combinano, determinando la struttura del tutto» (ibidem,
p. 158).
Sulla stessa linea si colloca una seconda
opera di Capra, The Turning point. Science, Society and
the Rising Culture (1982), il cui nome stesso (Il
punto di svolta) è desunto da un’opera orientale e, più
precisamente, riporta la denominazione di un esagramma
dell’opera cinese I’ Ching. L’opera si divide in
quattro parti: la prima introduce i temi fondamentali del
testo, la seconda e la terza rappresentano un’analisi
storica ed una serrata critica della mentalità
riduzionistico-cartesiana, la quarta parte espone la nuova
visione della realtà proposta dall’autore, la “rivoluzione
culturale” capace di cambiare il mondo. Dopo avere preso in
esame medicine olistiche, psicologia transpersonale,
approcci sistemici all’economia e all’ecologia,
Capra chiarisce come il “punto di svolta” in cui si
troverebbe la nostra civiltà si stia traducendo nel
passaggio ad un’epoca definita “solare”: «La transizione
all’epoca solare è oggi realmente avviata, non semplicemente
in termini di nuove tecnologie ma, in un senso più ampio,
nei termini di una profonda trasformazione della nostra
intera società e cultura. Il passaggio dal paradigma
meccanicistico al paradigma ecologico non è qualcosa che
accadrà a un certo punto in futuro, ma è in corso proprio
oggi nelle nostre scienze, nei nostri atteggiamenti e valori
individuali e collettivi, e nei nostri modelli di
organizzazione sociale. Il nuovo paradigma viene compreso
meglio da individui e piccole comunità che da grandi
istituzioni accademiche e sociali, le quali spesso tendono a
essere bloccate nel pensiero cartesiano. Per facilitare la
trasformazione culturale sarà perciò necessario
ristrutturare il nostro sistema di informazione e di
istruzione, in modo che nuove conoscenze possano essere
presentate e discusse in modo appropriato. […] La nuova
visione della realtà è una visione ecologica in un senso che
va molto oltre le preoccupazioni immediate della protezione
dell’ambiente. Per sottolineare questo significato più
profondo dell’ecologia, filosofi e scienziati hanno
cominciato a fare una distinzione fra “ecologia profonda” e
“ambientalismo superficiale”. Mentre l’ambientalismo
superficiale è interessato a un controllo e a una gestione
più efficienti dell’ambiente naturale a beneficio dell’uomo,
il movimento dell’ecologia profonda riconosce che
l’equilibrio ecologico esige mutamenti profondi della nostra
percezione del ruolo degli esseri umani nell’ecosistema
planetario. In breve, esso richiederà una nuova base
filosofica e religiosa» (tr. it. Milano 1984, pp. 337-340).
Sullo sfondo di tale visione “ecologica”
della Nuova Era, si colloca anche la cosiddetta
Ipotesi
Gaia, lanciata a partire dal 1969 dallo scienziato
inglese James Lovelock e da una biologa dell’Università di
Boston, Lynn Margulis. Basandosi su alcune osservazioni che
potrebbero essere interpretate come fenomeni di omeostasi e
di autoregolazione su grande scala, al limite anche su scala
planetaria, tale ipotesi descrive la Terra (sempre con
l’iniziale maiuscola) come una sorta di “essere vivente” con
cui l’uomo deve relazionarsi in modo attento e rispettoso.
L’ipotesi ha avuto una certa fortuna soprattutto a livello
didattico — nelle scuole degli ordini inferiori — perché si
presta molto bene per illustrare l’ecologia ai bambini. In
alcune opere di divulgazione scientifica esistono ormai
tentativi di estendere questo medesimo paradigma su scala
cosmica (cfr. L. Smolin, La vita del cosmo, Torino
1998;
).
2. Medicine alternative e terapie
olistiche.
La storia della medicina scientifica
comincia, come è noto, con Ippocrate e nel corso dei secoli
i rimedi e le terapie che sono stati sperimentati, con
alterne fortune, sono innumerevoli. Il fenomeno delle
“medicine alternative”, però, ha radici più recenti e nasce
nel contesto di una reazione alle tecnologie sempre più
invasive, soprattutto nel XIX e XX secolo. Può essere utile,
in tale direzione, fare riferimento alla figura del medico
viennese Franz Anton Mesmer (1734-1815), che studiò gli
effetti terapeutici dell’applicazione di magneti alle parti
del corpo malate, nella convinzione che le malattie non
fossero altro che uno “squilibrio magnetico” interno che
sarebbe stato sufficiente “compensare” per ottenere cure
efficaci. Gli studi sul magnetismo minerale furono
semplicemente un punto di partenza, perché ben presto Mesmer
ipotizzerà l’esistenza di un “fluido” diffuso, simile a
quello delle calamite, che si sprigiona da molti esseri
viventi e, in particolar modo, dal corpo di uomini
particolarmente predisposti (tra cui, ovviamente, lui
stesso) che potremmo definire “guaritori”. Convinto di avere
messo a punto in termini scientificamente ineccepibili la
propria tecnica di “cura”, invia nel 1775 una memoria
all’Accademia delle Scienze di Parigi, alla Royal Society
di Londra e all’Accademia di Berlino, senza sortire alcun
effetto. Molti anni più tardi, i fondatori di tre note
medicine alternative: Samuel Christian Hahnemann, per
l'omeopatia, Daniel David Palmer, per la medicina
chiropratica e Andrew Taylor, per l'osteopatia, si
richiameranno a lui in modo abbastanza consistente anche se
— va precisato — le loro discipline confluiranno
progressivamente nell’ambito della scienza tradizionale, pur
mantenendo la propria specificità. Già più simile alla
mentalità New Age fin dal suo sorgere appare il
Movimento per la medicina olistica, che reagisce in modo
esplicito al modello positivista in cui si colloca
– soprattutto nel XIX secolo – la scienza medica
occidentale: questa curerebbe il corpo considerandolo come
una macchina, di cui prende in esame di volta in volta i
singoli “pezzi” senza considerare le profonde interrelazioni
tra il corpo (nella sua globalità), la psiche e lo
spirito.
Sul comune terreno della reazione agli eccessi del
positivismo meccanicistico, si stagliano però scuole di
pensiero che si ispirano ad orizzonti teorici profondamente
differenti. Per esempio, l'organizzazione ufficiale
americana del movimento per la medicina olistica (American
Holistic Medical Association) riconosce tra le
istituzioni sanitarie che considera accreditate anche centri
che dichiarano, quali fondamenti teorici delle loro pratiche
cliniche, la dottrina della reincarnazione ed il ricorso
alla lettura della «memoria akashica».
Il ricorso alle medicine alternative non
può tuttavia considerarsi una pratica New Age,
trattandosi di terapie ritenute culturalmente equidistanti
dalle diverse prospettive filosofiche o religiose, che si
sono gradualmente inserite, come già osservato, nella prassi
della medicina
comunemente intesa. Ciò che vogliamo qui sottolineare è come
il ricorso a tali pratiche, in ambiente New Age,
venga rivestito di un ulteriore significato, nel senso che
esse sono considerate uno strumento di riappropriazione del
proprio sé corporeo, liberandolo dalla schiavitù della
medicina tradizionale e consumando i “rituali” propri delle
terapie alternative quasi come gesti che magicamente e
misticamente portano ad una crescita della “consapevolezza
globale”, obiettivo primario del movimento.
Lo stesso Capra, nel prospettare la sua
visione del mondo, vi include un approccio olistico alla
cura della salute, riprendendo le tradizioni delle culture
prive di scrittura, a partire da quelle sciamaniche. Dopo
avere passato in rassegna anche l’approccio ippocratico ed
essersi soffermato a lungo sulle caratteristiche della
medicina tradizionale cinese, lo scienziato si chiede come
poter “incarnare” un modello di tipo olistico nella nostra
cultura. Crede quindi di individuare una significativa
mediazione “di cerniera” nella cultura giapponese, che
appartiene alla tradizione orientale e che proprio ora, dopo
aver accettato circa un secolo fa l’introduzione della
mentalità occidentale, starebbe riscoprendo sistemi di cura
più legati alle proprie particolari origini: «una differenza
molto vistosa fra l’approccio orientale e quello occidentale
ai problemi della salute è che, nella società dell’Estremo
Oriente in generale, la conoscenza soggettiva è molto
apprezzata. Persino in un paese scientifico moderno come il
Giappone si attribuisce un grande valore all’esperienza
soggettiva, e la conoscenza soggettiva è considerata non
meno importante del pensiero deduttivo razionale. […] Una
conseguenza di questo atteggiamento è una tipica mancanza di
interesse, nei medici dell’Asia Orientale, per la
quantificazione, sostenuta dalla consapevolezza che il
medico si occupa di sistemi viventi in continuo flusso per
cui sono considerate sufficienti misurazioni qualitative» (Il
punto di svolta, 1984, p. 265). Il trasferimento di tali
idee nella nostra cultura comporta una critica al modello
meccanicistico della “vecchia era”, per aprire la strada al
modello olistico proprio della nuova: «negli ultimi trecento
anni la nostra cultura è stata dominata dalla concezione del
corpo umano come macchina, da analizzarsi nelle sue varie
parti. La mente è separata dal corpo, la malattia è vista
come un cattivo funzionamento di meccanismi biologici, e la
salute è definita come l’assenza di malattia. Questa
concezione viene oggi lentamente eclissata da una concezione
olistica ed ecologica del mondo che vede nell’universo non
una macchina, ma piuttosto un sistema vivente, concezione
che insiste sull’essenziale interrelazione e interdipendenza
di tutti i fenomeni e si sforza di capire la natura non solo
in funzione di strutture fondamentali, ma anche di processi
dinamici sottostanti. La visione sistemica degli organismi
viventi sembrerebbe in grado di fornire la base ideale per
un nuovo approccio alla salute e alla cura sanitaria che
fosse pienamente compatibile col nuovo paradigma e radicato
nella nostra eredità culturale» (ibidem, p. 267).
3. Movimenti ufologici.
La letteratura e i fenomeni associativi che si occupano,
essenzialmente in ambito extra-scientifico, della ricerca di
misteriosi oggetti volanti di origine extraterrestre e dei
contatti ravvicinati che ne seguirebbero con fortunati
rappresentanti della specie umana si inquadrano anch’essi
perfettamente nell'atmosfera New Age. Ancora una
volta, ad interessare i suoi adepti non sono gli aspetti
puramente scientifici (sui quali ci si potrebbe limitare a
sospendere prudentemente il giudizio, quanto piuttosto una
serie di elementi facilmente riconducibili al misticismo
della Nuova Era, come attestano i racconti e le dottrine dei
diversi movimenti «ufologici» (dalla sigla: UFO,
Unidentified Flying Object, ovvero «oggetto volante non
identificato»).
Un primo esempio in tal senso può essere
rappresentato dal gruppo denominato Mark-Age, fondato
nel 1960 da Charles Boyd Gentzel e Pauline Sharpe, due
medium che dichiarano di essere in contatto con un “Corpo
Gerarchico”, costituito da entità interstellari che si
servirebbero di dischi volanti “eterici” ed incaricato di
governare il sistema solare nel quarantennio (1960-2000) di
passaggio dall'Età dei Pesci a quella dell'Acquario. Sulla
stessa linea si colloca anche il gruppo denominato proprio
degli Heralds of the New Age, sempre collocabile nel
contesto del channeling, che dichiara di ricevere
messaggi dalla defunta Gloria Lee, un'altra medium che aveva
operato in seno al gruppo Mark Age e si era lasciata
morire durante uno sciopero della fame condotto per indurre
le autorità americane a prestare ascolto alle sue
“rivelazioni” extraterrestri. Il gruppo più famoso tra
questi è il Movimento Raeliano, fondato nel 1975 dal
giornalista francese Claude Vorilhon, che prese a farsi
chiamare Raël. Si tratta di un movimento ateo il quale,
negando esplicitamente l’esistenza di Dio, afferma che gli
uomini sarebbero stati prodotti in laboratorio in un lontano
passato dagli scienziati di un avanzatissimo popolo
residente su un altro pianeta (gli Elohim). Al di là
di una serie di fantasiose dottrine, per cui Satana sarebbe
il capo di un partito di opposizione su quel lontano pianeta
e tutta la storia biblica dovrebbe essere riletta come
sapientemente guidata dalla regia di questi extraterrestri,
va qui notato l'elemento più caratteristico dell'impianto
dottrinale raeliano, quello secondo cui gli uomini sarebbero
guidati mediante sofisticate apparecchiature elettroniche
dagli stessi Elohim. Il premio dei giusti (cioè di
quanti si lascerebbero docilmente guidare) consisterebbe in
una sorta di “ri-creazione” per una vita felice nel pianeta
degli Elohim, dove il fortunato Raël avrebbe avuto il
privilegio di fare una sorta di visita ispettiva che egli
riferisce con dovizia di particolari, anche in riferimento
all'intensa soddisfazione sessuale che la premurosa
accoglienza extraterrestre gli avrebbe consentito. Del resto
viene raccomandata agli adepti la massima libertà sessuale,
quale “via” privilegiata per il raggiungimento di una
condizione di armonia e di pace.
I movimenti ufologici svelano, in un
certo senso, l'altra anima del rapporto a dir poco bizzarro
tra New Age e scienza moderna: in questo caso non si
ha una pura e semplice opposizione al diffondersi delle sue
ricerche e delle tecnologie che ne derivano, ma
semplicemente una sorta di trasfigurazione dottrinale, in
cui la scienza si muta in fantascienza, ma non per un puro
gioco dello spirito — come avviene nei romanzi di
fantascienza consapevolmente costruiti come tali — bensì
nell'intenzione di affermare la realtà di fatti ed episodi
(i seguaci dei movimenti ufologici credono davvero che i
responsabili dei movimenti, abbiano incontrato le guide
extraterrestri). Il rapporto conflittuale con la scienza
moderna, in questo caso, si consuma attraverso un'operazione
concettuale che porta ad una voluta confusione dei confini
di realtà e fantasia, con una totale rinuncia, da parte dei
soggetti dei movimenti, all'uso dei parametri effettivi del
rigore scientifico come tale.
1. Una “vexata quaestio” dalle radici
antiche.
Per trarre un bilancio speculativo sulla
mentalità New Age è opportuno fare riferimento ad una
specifica questione di tipo storico-epistemologico oggi
abbastanza dibattuta riguardo alla sua matrice ideale di
fondo: si tratta o meno di una forma di gnosticismo moderno?
La domanda non è puramente accademica, perché la risposta
suppone una migliore esplicitazione della mentalità New
Age. Il lettore interessato può trovare approfondimenti
sui tratti salienti delle dottrine dei principali sistemi
gnostici in altri lavori (cfr. A. Porcarelli, Il New Age:
una forma di gnosticismo moderno, “Religioni e sette nel
mondo”, 1996, n. 6, pp. 51-77); qui ci limiteremo a
riepilogarne perlomeno tre:
a) la “ribellione radicale di
fronte al male” (se
Dio è buono perché il male?) che si
traduce in una mentalità sostanzialmente dualistica espressa
in modi diversi (dal dualismo “originario” della tradizione
persiana, al dualismo “derivato” della gnosi di area
culturale siro-egizia), ma avendo in comune
b) un profondo “anti-cosmismo”,
inteso come forma di reazione rispetto alla visione classica
dell’uomo greco, per cui il cosmo è ordinato, armonioso e
sostanzialmente “buono”, mentre per gli gnostici è il frutto
dell’azione di un demiurgo maldestro;
c) la “divinizzazione
dell’uomo” con la conseguente idea di una “auto-redenzione”
che si realizza mediante l’acquisizione della «gnosi»
(cioè della vera conoscenza), della consapevolezza di
essere, di diritto e per natura, salvo dalla presente
condizione di miseria e chiamato ad un destino splendente.
Gli interpreti moderni del New Age discutono circa il
carattere gnostico dell’impianto dottrinale, sulla base di
considerazioni che in genere dipendono dalla più forte
sottolineatura dell’uno o dell’altro degli elementi sopra
indicati: se si sottolineano prevalentemente il primo e il
terzo dei tratti distintivi della gnosi, allora le affinità
con il New Age appaiono evidenti, se invece si
sottolinea in modo prevalente il secondo, allora si
evidenziano maggiormente le differenze.
In uno dei suoi lavori, Giovanni Filoramo
(1990), il maggiore studioso italiano della cultura
gnostica, sottolinea esplicitamente «la struttura e la
natura gnostiche delle concezioni di New Age»,
riferendosi in primo luogo proprio a quella «“coscienza
ecologica” o, meglio, a quella coscienza propria della
deep ecology, in grado di superare le dicotomie tipiche
del paradigma tradizionale:
materia-spirito, corpo-anima. La
“coscienza spirituale” è, dunque, una coscienza
olistica,
che riconosce l’unità del Tutto perché sa di farne parte.
[...] La particolare divinità dell’uomo consiste, di
conseguenza, nel fatto che egli possiede per nascita una
scintilla divina, che lo apparenta alla divinità del Tutto.
Ne deriva la necessità di ridestare, di ricuperare questa
dimensione, che l’Io empirico e sociale tende a farci
obliare» (p. 38). Su una linea diversa si colloca Massimo
Introvigne (1994) il quale, seppure in modo abbastanza
sfumato, contrappone il “dualismo” dei sistemi gnostici
antichi al “monismo” del New Age: «Certamente non
mancano agganci, e il New Age si situa in un clima
più generale di moderno “ritorno dello gnosticismo”.
Tuttavia i sistemi dello gnosticismo antico, se da un certo
punto di vista sono monisti — perché il nostro mondo
e la materia hanno un’esistenza filosoficamente precaria —,
per un altro verso sono dualisti perché il mondo e la
materia sono considerati il risultato di una “caduta” o
dell’attività di
creazione di un Dio inferiore quando non
malizioso, il Demiurgo. La
materia e il mondo sono quindi il
regno del male e delle tenebre da cui l’iniziato gnostico
deve faticosamente risalire. [...] Il New Age vede
invece la sua “unificazione” dello
spirito e della
materia
come alternativa al dualismo. [...] Il New Age può
essere ancora fatto rientrare in una nozione più larga di
“neo-gnosticismo”: ma a patto di precisare che si tratta di
una forma di neo-gnosticismo il cui atteggiamento
psicologico nei confronti del mondo, del corpo e della
materia è diverso rispetto a gran parte delle scuole
gnostiche antiche» (pp. 98-99).
2. Criteri per una “comparazione
dinamica” tra i due contesti culturali.
Possiamo
chiederci se e in che termini si possa parlare del New
Age come di una forma di “ritorno” dello gnosticismo
che, mutatis mutandis, tenderebbe a inserirsi nella
nostra cultura con profonde analogie rispetto al modo in cui
ebbe diffusione la gnosi antica. Trattandosi di un fenomeno
“di rottura” rispetto ad una cultura determinata contro cui
assume accenti fortemente critici, ogni forma di gnosi
(antica o moderna) non può essere considerata “in assoluto”,
per pura e semplice giustapposizione fenomenologica delle
caratteristiche descrittive, ma deve venire considerata in
modo dinamico e in senso “relativo”, cioè in rapporto alla
cultura a cui dialetticamente si oppone, per cui potremmo
ipotizzare una sorta di confronto analogico incrociato tra
gnosi antica e gnosi moderna, in relazione alle rispettive
culture di riferimento. In primo luogo si dovrebbero
rilevare le significative analogie a livello di contesto
storico-culturale: come nel mondo tardo antico, quando si
affermano le sette gnostiche propriamente dette, si
attraversava un periodo di crisi dal punto di vista sociale,
culturale e religioso, così anche oggi (da qualche decennio)
ci troviamo in un mondo nato e sviluppatosi tra opposti
nazionalismi e profonde tensioni etniche, con lo spettro non
del tutto scomparso di catastrofi a livello planetario che
l’uomo potrebbe ancora provocare. A ciò si aggiungano la
crisi delle grandi ideologie, un diffuso relativismo, sia in
campo filosofico che in campo religioso, e una mentalità
sempre più individualistica a tutti i livelli.
In secondo luogo, andrebbero osservate le
analogie a livello dottrinale e strutturale tra gnosi antica
e New Age. Riteniamo che le differenze fondamentali
si collochino più a livello di forme espressive e simboliche
contingenti che a livello di strutture teoretiche di base,
sia in rapporto alla visione globale del mondo, sia in
rapporto alle profonde omologie strutturali, sia in rapporto
al principium redemptionis che è in entrambi i casi
una forma di gnosi. Il parallelismo potrebbe essere così
visualizzato:
Gnosi antica |
New Age |
Atteggiamento nei confronti della
“cultura dominante” |
profondo disagio nei confronti
della cultura del proprio tempo, espressa
fondamentalmente da visioni filosofiche del mondo
poggianti sull’intuizione di un “cosmo ordinato e
armonioso” retto da leggi razionali e intelligibili |
profondo disagio nei confronti
della cultura del proprio tempo, espressa
fondamentalmente da una mentalità di tipo
economicistico e scientista, che ha perso una
visione globale delle cose e tende a “dividere” e
“dominare” ciò che in natura è unito e va rispettato |
reazione di fronte alla cultura
del proprio tempo che, in quel contesto, assume le
forme di un “anti-cosmismo”, talora apertamente
dualistico |
reazione di fronte alla cultura
del proprio tempo che, in questo contesto, assume le
forme di un “monismo di rottura”, in aperto
contrasto con lo scientismo occidentale moderno |
Strutture teoriche fondamentali |
Armonia perfetta del pléroma
divino |
All is One (Tutto è Uno,
per natura e di diritto) |
Rottura con quell’armonia ad
opera di un “dio minore” che si trova così escluso
dal pléroma |
“Di fatto” è nata l’attuale
cultura della divisione, frammentata, disorganica,
che perde di vista l’unità originaria del tutto |
In conseguenza di tale rottura
nasce questo mondo materiale, corrotto e malvagio,
dove l’uomo (eone superiore di natura divina
purissima) si ritrova “prigioniero” |
L’attuale cultura occidentale
cristiana (tipica dell’Età dei Pesci) è il frutto di
questo oblio metafisico e i suoi frutti sono odio,
violenza, sopraffazione, distruzione
dell’ambiente... |
Si rende necessaria una missione
redentrice, mediante il “risveglio” operato da una
divinità superiore (es. il Logos) |
È urgente produrre un “risveglio
della consapevolezza”, tramite la “cospirazione
dolce” della New Age che porterà a un
radicale mutamento di paradigma culturale |
Esito soteriologico della gnosi è
il ritorno dell’uomo alla perfetta armonia nel
plèroma divino da cui proviene e di cui fa parte, di
diritto |
Esito soteriologico di questo
risveglio della consapevolezza sarà l’incipiente
avvento dell’Età dell’Acquario, caratterizzata da
pace, prosperità, armonia e amore |
“Principio di redenzione” |
È la gnosi, la “conoscenza
salvifica” che si può acquisire per iniziazione e
consiste nella riscoperta della propria natura
divina. |
È la “consapevolezza globale”,
una “conoscenza salvifica” che dovrà affermarsi
grazie all’apporto di tutti coloro che già hanno
scoperto che “tutto è uno”. |
Le forme espressive della gnosi
salvifica sono per lo più interne a un fiorito
orizzonte mitopoietico |
Le forme espressive di tale
risveglio della consapevolezza (pur non disdegnando
espressioni immaginifiche) sono per lo più in forma
di critica esplicita ad aspetti culturalmente
determinati del paradigma dominante |
3. Dal rifiuto della cultura
occidentale all’autoredenzione della nuova gnosi.
Il
tratto più forte che accomuna gnosticismo e New Age è
probabilmente la profonda ribellione nei confronti del male.
Questo atteggiamento si traduce soprattutto nel rifiuto
della cultura dominante, che per gli gnostici del mondo
antico era rappresentata dai grandi sistemi filosofici e
religiosi di età ellenistica, mentre nell’orizzonte New
Age è rappresentata dalla cultura scientifica
occidentale (profondamente razionalista e virtualmente
meccanicistica), da un lato, e dalle religioni tradizionali,
con quella cristiana in testa, dall’altro lato. La forte
insistenza sulla necessità di un profondo mutamento di
paradigma mentale, quale condizione ineludibile per
l’avvento di un’era di pace e prosperità, significa
esprimere nei confronti della nostra cultura un giudizio,
neppure troppo velato, di condanna senz’appello, che
equivale a una moderna versione dell’anticosmismo proprio
della gnosi antica. Il secondo tratto propriamente gnostico
è quello della promessa di un’autoredenzione attraverso la
fruizione di specifiche “tecniche” spirituali. In tal modo
il soggetto (o il suo guru di riferimento) mantiene sempre
il “controllo” dei vari stadi del cammino di crescita
interiore, salvo rinunciare coscientemente ad esercitarlo
nel momento in cui si afferma che il nuovo paradigma mentale
deve privilegiare la dimensione istintiva e irrazionale
dell’esperienza.
In tale prospettiva, ogni esperienza può
venire compresa e accolta senza bisogno di forme particolari
di autocritica e, soprattutto, senza il fastidio di dover
fare i conti con l’esperienza del peccato. Come nella gnosi
antica, infatti, l’uomo del New Age si sente
“incolpevole” dei suoi eventuali errori, perché essi
dipenderebbero da una mancanza di “consapevolezza” di quello
che avrebbe dovuto essere il comportamento corretto e, in
ogni caso, tutte le esperienze, anche quelle negative,
aiutano a crescere in un determinato cammino: se “ci si
sente” di mettere in atto una certa condotta, bisogna agire
di conseguenza con spontaneità, perché con la crescita
spirituale che ogni uomo certamente realizza si accompagna
anche quel miglioramento etico che è sufficiente auspicare.
Particolarmente incisive sono in tal senso le parole del card. G. Danneels, che in una lettera pastorale dal titolo
Cristo o l’Acquario. L’anticristo è già fra noi? (Malines-Bruxelles,
1990) offre un’analisi lucida e puntuale dei tratti salienti
della mentalità acquariana: «Secondo la New Age,
l'uomo è buono: egli è in se stesso portato il bene. A dire
il vero, egli non è libero e non c’è da parlare propriamente
di bene o di male. L'uomo basta a sé stesso; è indipendente;
non ha bisogno di rivelazione, né di redenzione, né di alcun
aiuto esterno. Il cristianesimo parla un altro linguaggio.
[…] Nessuna ricetta esoterica di salvezza, nessun flusso di
concentrazione psichica, nessuno sforzo comunitario di
milioni di coscienze può salvare l'uomo. La nostra unica via
di salvezza è la nostra fede in Cristo, che è venuto e che è
entrato nella nostra storia “per noi (uomini) e per la
nostra salvezza”» (tr. it. “Il Regno Documenti” 36 (1991) p.
423).
1. Due visioni radicalmente diverse di
Dio, dell’uomo, della salvezza.
Le riflessioni sulla
dottrina gnostica dell’autoredenzione che caratterizza la
mentalità New Age ci hanno già introdotti nel cuore
del confronto tra New Age e fede cristiana. L’idea di
Dio
che viene proposta dai movimenti New Age, un dio
impersonale ed immanente, è la negazione lineare e diretta
del Dio personale e trascendente che caratterizza le grandi
religioni monoteiste in genere e quella cristiana in
particolare (per i testi di natura pastorale, cfr.
Bibliografia, spec. la raccolta curata da R. Maciás Alatorre,
1995). Al mistero della Trinità e alla divinità di
Gesù
Cristo, si contrappone poi la non troppo originale dottrina
comune alle diverse forme di esoterismo, per cui Gesù
sarebbe semplicemente una creatura di particolare evoluzione
intellettuale e morale, un maestro, un guru, ma non il
salvatore dell’umanità. Del resto, se l’uomo non è in alcun
modo considerato peccatore e men che meno rispetto ad un dio
che non è persona, non si vede da che cosa dovrebbe essere
“salvato”, se non da quell’ignoranza (difetto di
consapevolezza) da cui si può salvare da solo, semmai con
l’aiuto di qualche tecnica o di un guru; la dottrina della
reincarnazione, inoltre, nega direttamente la visione
cristiana della vita eterna. Possiamo sinteticamente
rimarcare questa distanza sul piano teoretico richiamando
alcune espressioni lapidarie del vescovo Edward A. McCarthy
in un’altra lettera pastorale, The “New Age” Movement
(Miami, 1992): «C'è l'omissione totale di un Dio personale.
C'è un'omissione totale della rivelazione di
Dio per mezzo
di Gesù
Cristo, un'ignoranza totale del mistero dell'amore
di Dio, dell'incarnazione, di
Dio che diventa uomo in
Gesù
Cristo. C'è una negligenza totale della redenzione per mezzo
di Gesù
Cristo dello Spirito Santo, della Chiesa stabilita
da Gesù, del giudizio dopo la morte, del cielo o
dell'inferno» (cit. in Maciás Alatorre, 1995, p. 53).
Anche sul piano dei comportamenti
concreti la distanza appare notevole. Il capovolgimento di
paradigma mentale, rispetto alle dinamiche della
preghiera,
ad esempio, è radicale: mentre nella preghiera cristiana
l’orante si dispone ad accogliere come un dono il rapporto
con un “Tu” che ontologicamente lo supera e nelle cui mani
si affida, l’uso di tecniche di meditazione che in modo più
o meno automatico “producano” effetti di tipo spirituale
comporta un’autoreferenzialità nei rapporti con
Dio, che
fatalmente si traduce in un’analoga autoreferenzialità nei
rapporti con gli altri. Tradito il precetto dell’amore di Dio sopra ogni cosa (quindi anche sopra se stessi), anche il
secondo precetto dell’amare il prossimo come se stessi,
rischia di venire a sua volta “filtrato” dalle proprie
esigenze soggettive, ovvero dalle esigenze del proprio
cammino di auto-liberazione, che può anche prevedere un più
o meno temporaneo disinteresse per la sorte altrui: del
resto, poiché anche gli altri — nell’ottica New Age —
stanno seguendo un loro personale percorso di autoredenzione
che fatalmente, prima o poi, porterà ad una sorte
necessariamente felice, perché dunque crucciarsi della
temporanea infelicità di qualcuno? Probabilmente essa è
“scritta” nel libro del suo destino come una tappa
fondamentale per purificarsi da errori commessi in passato.
2. La necessità di un atteggiamento
pastorale equilibrato.
Le problematiche pastorali che si
legano al confronto con la cultura New Age si
collocano fondamentalmente su due versanti: la chiarezza
delle rispettive identità e le modalità con cui ricercare un
dialogo proficuo. Sul primo versante è bene non nascondersi
alcune difficoltà. Il fatto che il cristianesimo, come del
resto tutte le altre religioni, venga compreso
nell’orizzonte New Age come una delle tante forme di
elevazione spirituale — il cui vero significato non sarebbe
quello affermato dalla Chiesa, bensì quello che di volta in
volta i diversi guru ritengono di volergli attribuire — pone
problemi abbastanza significativi. Uno è quello della
cosiddetta “doppia appartenenza” (cioè il fatto di essere
simultaneamente cristiani e seguire la mentalità New Age)
cosa peraltro pienamente in linea con la logica del
movimento, ma per nulla in linea con la logica di Cristo.
Tenendo conto, poi, delle peculiari caratteristiche del
metanetwork, si può anche considerare il caso di una
sorta di “doppia appartenenza parziale”, assistendo così al
convivere di una fede cristiana — magari un po’
intiepidita — con elementi dottrinali che appartengono al
panorama New Age: credenza nella reincarnazione,
considerare il mondo come una sorta di unico essere vivente,
ritenere superflua la mediazione della Chiesa, dei suoi
sacramenti e dei suoi ministri, nelle diverse tappe della
propria vita spirituale. Su tutti questi punti problematici
è necessario fare chiarezza, in modo che i cristiani abbiano
piena consapevolezza di ciò che è sintonico e di ciò che è
distonico rispetto all’identità della propria fede: in tal
senso, «la New Age rappresenta una grande sfida per
il cristianesimo. Non soltanto perché essa si diffonde con
tanta intensità, ma soprattutto perché se la prende
espressamente con il cristianesimo, benché essa incorpori
intere porzioni del patrimonio cristiano, a cominciare dalla
Bibbia. Inoltre, la New Age si atteggia a
religione
nuova, planetaria, universale, la
religione che succede a
tutte le religioni precedenti e le conduce alla perfezione;
la New Age è straordinariamente abile nel lusingare i
sogni dell'uomo moderno» (Danneels, 1991, p. 422).
Una volta sgombrato il campo da ogni
possibile equivoco si potranno rilevare le possibili
convergenze fra alcuni contenuti del cristianesimo e le idee
veicolate dall’Età dell’Acquario (cosa che non dovrà
sorprendere, in quanto varie di esse — come avviene nel caso
di molti movimenti religiosi alternativi — derivano da
trasposizioni del messaggio cristiano). Andrebbe inoltre
precisato se il contesto di tale confronto debba essere
quello del dialogo interreligioso o meno, dati i caratteri
sincretisti e soggettivisti mostrati dal movimento che, per
questo, assume piuttosto il carattere di un’atmosfera
culturale di natura settaria, e solo in senso assai lato
quelli di una
religione. In ogni caso, si tratterebbe pur
sempre di un confronto e di un dialogo su valori comuni a
tutti gli “uomini di buona volontà”.
Un maggiore rispetto
per la natura, una saggia cura per la propria salute, il
desiderio di una spiritualità che non si limiti a formalismi
estrinseci o abitudinari, l’auspicio di un mondo privo di
conflitti ed in cui siano possibili pace, uguaglianza e
fratellanza, fatte le debite puntualizzazioni sull’origine e
la ragione ultima di tali aspirazioni, rappresentano pur
sempre un proficuo terreno di dialogo. Ma ancor più
importante è un’evangelizzazione capace di svelare
l’autentica origine antropologica, culturale e religiosa di
tali aspirazioni ed il loro compimento nel mistero del Verbo
incarnato, nei suoi rapporti con la vicenda storica ed
esistenziale di ogni essere umano e con il senso di tutto
l’universo.
Andrea Porcarelli
documento estratto dal
DIZIONARIO
INTERDISCIPLINARE DI SCIENZA E FEDE
(www.disf.org)
leggi anche:
Che
cos'e il New-Age"
secondo il Centro Studi Nuove Religioni
(
www.cesnur.org )
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