)* (Stazione Celeste)
Multidimensions
Inconscio
Ritorno All'Innocenza
La maggior parte di noi non si volge al suo interno per farsi domande, fino a che non si è costretti a farlo a causa delle sensazioni di fallimento o esperienze di paura e di dolore nel mondo esterno. La nostra vita interiore può contenere dolore e tristezza, ma contiene anche gioia e bellezza. Il bambino che si trova dentro di noi, può provare emozioni pure senza le interazione dei “dovrei” e “non dovrei” mentali. Queste emozioni chiare ed oneste, sostengono la verità della nostra prima infanzia e il modo in cui quelle esperienze ci hanno modellato in ciò che siamo oggi.
Da bambini, abbiamo creato una realtà sicura con la nostra allora-attiva immaginazione. In quel mondo, eravamo importanti, potenti, belli e/o intelligenti. Eravamo chiunque e qualunque cosa desiderassimo essere. In altre parole, da bambini il velo fra la terza e la quarta dimensione era molto sottile e avevamo accesso al potere della manifestazione sul Piano Astrale. La realtà che creavamo per noi era reale, se non di più, quanto il mondo esterno in cui eravamo giovani, impotenti, disubbidienti e talvolta cattivi.
Rinchiuso nel mondo sicuro della nostra creazione si trova il segreto della persona che siamo veramente e della persona che abbiamo permesso a noi stessi di essere “dissuasa dall’essere” come adulti. Forse possiamo convincere il nostro bambino a condividere quel mondo con noi. Tuttavia, dobbiamo prima ottenere l’attenzione, il rispetto e l’amore del nostro sé bambino. Infine, se vogliamo ri-entrare in quel mondo, dobbiamo essere disposti a “ritornare ad essere bambini piccoli”.
L’Avventura di una Bambina nel Regno Fatato
Cara Susy,
Voglio ascoltare la tua storia. Mi dispiace averti ignorata per quasi cinquant’anni. So che hai dei misteri meravigliosi per me e ricordi della quarta dimensione che ho dimenticato, o represso.
Vedi, Susy, mi fa troppo male ricordare. Sono cresciuta. Mi sono sposata, due volte, ed ho due bambini miei. Non posso più strisciare nella “nicchia di un albero” e nasconderci la mente.
Per dirti la verità, mi sono persa. Prima che mi accorgessi di ciò che era accaduto, ero cresciuta e l’Immaginazione era diventata Responsabilità. Perciò ti ho estromessa dalla mia mente, come se fossi gelosa di te, non so. No, questa non è la verità. Per quanto ami i ricordi che tieni per me, sono contenta di non essere più una bambina.
Mi dispiace averti ignorata, proprio come le persone nella tua storia. Ho tenuto un tesoro per me per oltre cinquant’anni e non ti ho mai ringraziata per quel servizio. Voglio ringraziarti ora e ascoltare mentre mi racconti la tua storia.
Grazie Susy,
Con Amore
Il tuo Sé Adulto
* * * * * * * * * *
“Dove sono? Chi era quella voce?”
“Sono io, il tuo sé adulto.” Riesco a vedere la mia bambina interiore, ma ora non sembra in grado di vedermi.
“Credo che qualcuno stia cercando di parlarmi,” mormora fra sé e sé, “però la voce arriva da lontano, sopra di me e io sono in una caverna profonda e buia. Sì, quando mi guardo intorno, vedo che mi trovo in una caverna. Dovrei essere spaventata, ma non lo sono. Credo sia perché sono così felice di sentire qualcuno che vuole veramente saperne di me. Non so se posso fidarmi della voce o no. Molte volte la gente dice che mi vuole parlare. Poi, quando dico loro ciò che veramente voglio dire, ridono e mi carezzano la testa.
-Ma non è carina… Che immaginazione, dicono.
Non è la mia immaginazione, però. È la mia vita, il modo in cui la vedo. Nessun adulto vede la vita come la vedo io. Nessuno sente ciò che io sento o persino sembra sapere ciò che so. E, anche quando mi parlano, i colori intorno alla loro testa dicono una cosa e le loro bocche ne dicono un’altra. Non so ancora cosa credere. So solo che se i loro colori combaciano con le loro parole, STANNO dicendo la verità.
Beh, prima di preoccuparmi di chi sta cercando di parlare con me, devo scoprire dove sono. DOVE mi trovo? È abbastanza scuro e terrificante, però la luce arriva da un’apertura proprio là.
Ehi, che cosa è stato? Qualcosa è passato proprio davanti alla luce. Bene, è una persona. Va benissimo, credo. Spero che non sia un adulto. È meglio andare a vedere. Sì ci sono altre persone qui, ma non fanno a me, come sempre. Forse riesco a farmi dire dove mi trovo.
“Salve, mi chiamo Susy. Qualcuno sa dove ci troviamo?”
Nessuna risposta. Continuano a vagare nella caverna, ed hanno uno sguardo vuoto sul volto. Mi chiedo perché non mi rispondono. Oh, ora capisco. Sono tutti adulti.
“Salve. Come vi chiamate? Ricordate come siamo arrivati qui?”
Di nuovo, nessuna risposta.
“Ehi, perché non mi rispondete,” chiede Susy.
Ancora, nessuna risposta.
Quelle persone non parleranno mai con me. Credo che non si siano neanche accorti che sono qui. Me ne vado da questo posto che fa venire i brividi.”
Guardo Susy mentre si allontana dalla caverna e sale sopra una piccola collina. Ciò che vede la ferma. Davanti a lei c’è una bellissima valle verde, con colori così brillanti che deve quasi farsi ombra agli occhi. Gli alberi sono grandissimi, i fiori sono grandi quanto lei e il cielo è blu profondo con vaporose nuvole bianche.
Emozionata, Susy corre nella valle, dimenticando le persone irreali e la mia stessa chiamata. Non cammina a lungo prima che si ritrovi ad una cascata. L’acqua salta allegramente in mezzo alle rocce che sono di ogni colore immaginabile, tranne che grigio. I fiori crescono a profusione, proprio sull’orlo dell’acqua. Centinaia di farfalle ed insetti visitano i loro boccioli.
Il viso di Susy si illumina davanti a questa visione, prima di correre a fare ricerche nella cascata. Poiché è una bambina, non riesce a resistere e immerge le mani nell’acqua increspata.
“Salve,” dice una voce che sembra arrivare da dentro la cascata.
“Chi lo ha detto?” chiede Susy facendo un salto all’indietro.
“Sono stata io,” dice la voce.
“Mi dispiace, non vedo nessuno. C’è una persona lì dentro? Per favore esci. Voglio parlare con te.”
“Oh no, non posso farlo. Sono l’acqua. Di fatto, sono la cascata”.
“Questo è molto strano,” dice Susy. “Qui la gente non parla, l’acqua sì però! Non ho mai parlato con una cascata. Ah, Signora Cascata, ti dispiace se ti chiedo come ci si sente ad essere una cascata? Voglio dire, una parte di te sta sempre venendo ed un’altra parte sta sempre andando. Senti la mancanza della parte di te che scende giù, lungo il fiume?”
“Mia cara,” dice la cascata, “ho paura di non aver capito la tua domanda. Sono acqua. Sono l’acqua prima della cascata e l’acqua dopo la cascata. Sono l’acqua che si unisce all’oceano e l’acqua che cade dal cielo. Non mi manca nulla, perché non mi separo mai.”
“Oh,” dice Susy con voce triste. “Io sono separata da tutti. Infatti, non so nemmeno dove mi trovo o come ci sono arrivata. Puoi dirmi dove si trova questo posto?”
“Certamente,” risponde la cascata, “questa è l’acqua.”
“No, voglio dire, dove si trova tutto questo posto, non solo l’acqua?”
“Mi dispiace, non ti capisco ancora. Io conosco solo l’acqua. Forse potresti chiedere all’albero. Sembra che sappia molte cose.”
“Molte grazie per il tuo aiuto, credo,” dice Susy mentre si allontana borbottando. “Chiedere all’albero? Immagino che anche l’albero parli. Questo posto è bizzarro. Beh, forse l’albero può dirmi dove mi trovo.”
Susy si avvicina all’albero vicino di cui la cascata doveva averle parlato. L’albero è grandissimo con un tronco nodoso e lunghi rami che toccano quasi per terra. Se fosse stata dell’umore per giocare, come quando si trovava nella casa della Nonna, si sarebbe arrampicata sull’albero. Però, ora, aveva degli affari seri cui badare.
“Salve, Signor Albero, puoi dirmi dove mi trovo?”
L’albero non risponde e Susy gli gira intorno diverse volte, chiedendo il suo aiuto. Alla fine, decide di bussare leggermente per avere la sua attenzione.
TOC TOC TOC
“Salve… Salve. Che tipo di albero sei? Sei un albero parlante?”
“Sono un albero a cui non piace essere colpito, grazie.”
“Mi dispiace, ma non mi rispondevi.”
“Beh, non pensavo che stavi parlando con me. Vedi gli umani non parlano molto qui.” “Sì, l’ho notato. Però, mi puoi aiutare?”
“Beh,” risponde l’albero, con una voce vecchia e saggia. “Si dice che ne so di più di chiunque altro di questo posto.”
“Bene. Mi puoi dire dove mi trovo?
“Certamente. Sei qui.”
“Aspetta, ho paura che questo non mi dà molte informazioni. Vedi, non so dove si trova ‘qui’.”
“Beh,” replica l’albero, con impazienza, “qui è dove ti trovi. Non posso essere più chiaro di così.”
“Se mi trovo ‘qui’ adesso, allora dov’ero mentre parlavo con la cascata?”
“Questo è facile. Allora eri ‘là’.”
“Grazie lo stesso, Signor Albero.”
Susy si allontana dall’albero delusa. Come avrebbe fatto a scoprire dove si trovava? Anche se l’acqua e gli alberi qui parlavano, non sembravano pensare allo stesso modo della gente. Aveva bisogno di trovare una persona che parlasse. In un piccolo prato assolato vede una grande roccia con intorno altre di quelle persone con lo sguardo vuoto.
“Salve, mi potete vedere?” dice Susy mentre corre verso di loro.
“Certamente, ti posso vedere,” dice una voce.
“Chi lo ha detto? Oh, finalmente una persona con cui posso parlare!”
“Non sono una persona. Sono una roccia.”
“Oh no, altre cose parlanti. Mi chiedo se la roccia mi può dire dove mi trovo. Oh beh, tanto cos’ho da perdere? Possiamo anche fare la solita domanda.
Signor Sasso, puoi dirmi dove mi trovo?”
“Per favore, sono la Signorina Roccia. Non riesci a vedere la differenza?”
“Mi dispiace tanto. Mi puoi dire dove mi trovo, Signorina Roccia?”
“Certamente,” risponde. “Sei lì.”
“Sì, questo è quello che ha detto l’albero. Dovrei forse provare con una domanda diversa. Dimmi, Signorina Roccia, come mai nessuna delle persone qui parla?”
“Ma come, tu stai parlando, non è vero?”
“Certamente, ma gli altri?”
“Quali altri? Tu sei la prima persona che vedo dopo tantissimo tempo.”
“Ma cosa mi dici della gente proprio davanti a te?” Dice Susy con impazienza, indicando un piccolo gruppo riunito alla destra della roccia, “Non sono persone?”
“Oh Cielo, no! Sono forme-pensiero. Vorrei che le persone che vengono qua, si portassero via i loro pensieri quando partono, ma lo fanno raramente. Spero tu sarai più ordinata. Queste forme-pensiero sono così inutili. Sono sicura che se la gente avesse potuto vedere i propri pensieri, non li avrebbero lasciati in giro, perché altri li vedessero.”
“Sembrano proprio persone, però hai ragione, non sono niente di cui essere orgogliosi. Sembrano non avere vita in loro.”
“No,” risponde la roccia, “vedi, non hanno amore e quindi, non possono avere nessuna vita. Inoltre non hanno neanche le anime, così non hanno modo di ottenere l’amore che potrebbe liberarle.”
“Com’è triste. Credi che li possa aiutare?”
“Ne dubito. Non sanno neanche che esisti, non è vero?”
“Non lo sanno di certo. Le persone riconoscerebbero le proprie forme-pensiero se ritornassero qui?”
“Oh, quelle persone non torneranno mai più qui, vedi odiavano questo posto. A loro non piaceva che la Natura potesse parlare con loro. Avevano bisogno di sentire che erano le creature più potenti e gli unici che avevano vita e diritti. Sono sicura che siano ritornate sulla Terra, tirino calci alle rocce e abbattono gli alberi. Per fortuna, noi non faremo male alle loro forme-pensiero come loro fanno male a noi.”
“Sai come sono arrivate qui quelle persone e come se ne sono andate?” Chiede ansiosamente Susy, pensando di ottenere finalmente qualche risposta.
“Non sono sicura. Ma tutti parlavano di qualcosa chiamato ‘sogno’.”
“Mi domando se per caso sono addormentata.”
“No,” dice la roccia, “tu sei diversa. Voglio dire, non sono sicura di cosa sia il sonno, ma so che sei diversa dagli altri. nessuno di loro ha mai parlato con noi. Se noi parlavamo con loro si spaventavano e scappavano. Certo, se ci hanno sentiti.”
“Forse è per questo che le loro forme-pensiero sembrano così tristi.”
“Che cos’è triste?” chiede la roccia.
“E’ un’emozione. Le rocce e gli alberi hanno emozioni?”
“Spero di no,” risponde la Signorina Roccia. “Non vorrei mai avere il loro aspetto quando le hanno.”
“Però ci sono anche emozioni belle. C’è la felicità e l’amore. Parlavi d’amore, quella è un’emozione.”
“Non per noi. Per noi l’amore è un modo d’essere. Non sentiamo amore. SIAMO amore.”
“Sai, credo che voi – voglio dire, le cose – siate più intelligenti di noi. La gente sembra sempre che voglia aver Amore, ma raramente voglia essere Amore. Credo che mi piaccia questo posto. Farò un altro giro. Molte grazie, Signorina Roccia. Sei stata molto d’aiuto. Ci vediamo più tardi.”
“Sarò proprio qui,” risponde.
Susy lascia la Signorina Roccia e comincia la sua ricerca di altre forme di vita.
“Dovunque io sia, questo posto è più bello di casa mia. Preferirei stare con queste ‘cose’ anziché con la ‘gente’, ogni giorno,” mormora fra di sé mentre si guarda intorno in cerca della prossima avventura.
Accanto a lei c’è un grande cespuglio e qualcosa sembra muoversi dentro.
“Vedo qualcosa o qualcuno che si muove nel cespuglio. Finalmente, forse qualcosa che può camminare insieme a me e mostrarmi che cosa succede qui.”
“Salve,” dice rivolta al cespuglio. “Vedi qualcosa che si muove? So di apparire come una persona, però sono molto brava e non ho paura di te. Per favore esci e parlami. Ho davvero bisogno di qualcosa che mi stia accanto.”
Non succede niente.
O Susy aveva immaginato di vedere qualcosa, o questa si stava nascondendo da lei. Aspetta, eccola di nuovo. È molto piccola e sembra che voli.
“Per favore, esci allo scoperto dove posso vederti. Ti prometto che sarò gentile. Per favore esci. Aspetterò proprio qui e chiuderò gli occhi. Quando vuoi che li apra, chiamami.”
Susy si siede per terra e chiude bene gli occhi. Può solo aspettare e sperare che la piccola cosa volante si fidi di lei abbastanza da uscire dal suo nascondiglio. Susy è tranquillissima, aspetta e spera di poter trovare un amico.
“Ciao,” sente una vocina sottile che dice: “Puoi aprire gli occhi se vuoi.”
Susy apre gradualmente gli occhi ed è sorpresa nel vedere una piccola fata verde che vola proprio davanti a lei.
“Oh, ciao,” dice felice. “Sei una fata e sei verde.”
“Sì,” dice la fata, con una voce melodiosa. “Il mio nome è Lucille.”
“Io mi chiamo Susy. Sapevo che la mia immaginazione aveva ragione. Ho sempre creduto nelle fate. Quando giocavo nel giardino della nonna, le fate erano le mie migliori amiche. Erano solite nascondersi nei fiori e io cercavo di trovarle. Tuttavia, quando ho cominciato ha diventare grande non le ho più viste molto. Gli adulti mi dicevano che una cosa simile non esisteva. Credo di aver cominciato a credere negli adulti invece che in me stessa. Mi rendeva triste e sola essere senza fate. Sembrava che gli adulti facessero cose per rendermi triste e sola. Poi sono diventata un’adulta. Questa è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto. Essere adulti è veramente difficile. Sono contenta di essere venuta qui, ovunque sia, e di essere ritornata bambina. Ora posso avere amiche fate. Sono così felice. Non credo che me ne andrò mai via di qui.”
“Sì, lo farai. Ve ne andate tutti, prima o poi.”
“Perché?”
“Beh, innanzi tutto alla maggior parte della gente questo posto non piace, persino quelli che vengono qui da bambini cominciano a crescere. Poi se ne vanno anche loro. Dicono che ritorneranno per raccontare la verità al mondo. Però non li rivedo più. Perciò non so se hanno detto la verità al mondo o se ne sono dimenticati non appena lasciato il Regno Fatato. Bene, tu sei qui ora, mi dispiace essermi nascosta da te. Vedi, però, alcune persone sono molto cattive. Una di loro pensava fossi una cimice e ha cercato di colpirmi. Non so perché vogliono colpire una cimice. La maggior parte della gente è molto difficile da capire.”
“Sono sicuramente d’accordo con te su questo,” dice Susy. “Ehi, hai detto che siamo nel Regno Fatato. Avevo proprio ragione. Sapevo che esisteva un Regno Fatato. È così bello essere di nuovo una bambina. Non vorrei mai crescere ed andarmene. Non mi importa se il mondo ascolta la verità. da bambina non mi hanno ascoltata. Perché dovrebbero ascoltarmi da adulta?
“Perché non giochiamo? Qui non ci sono fiori in cui poterti nascondere, però, forse, conosci un altro gioco.”
“Mi dispiace,” dice Lucile, “ma non posso giocare adesso. Stavo andando al lavoro quando mi hai vista. Mi devo affrettare oppure sarò in ritardo.”
“Lavoro? Non sapevo che le fate lavorassero.”
“Certamente, dobbiamo insegnare ai fiori bambini a mantenere la loro forma. Al principio per loro è molto difficile. Se non trattengono dentro il loro essere un disegno perfetto, smetteranno di essere. È il nostro lavoro dare loro amore. Con il nostro amore possiamo mantenere meglio la loro forma.”
“Per favore, ti posso aiutare? Ho sempre amato i fiori, soprattutto quelli piccoli.”
“Beh, puoi provare. Però di solito la gente è troppo egoista, comincia a pensare come vorrebbero che i fiori fossero invece di amarli per come sono.”
“Oh, forse ti posso guardare ed imparare il modo in cui lo fai.”
“OK, ci dobbiamo affrettare però. Hanno bisogno di me ora. Sento che si stanno stancando.”
Susy e Lucille partono in tutta fretta verso una collina, Lucille volando e Susy correndo. Proprio in cima alla collina si trova un enorme giardino con ogni genere di fiore sparpagliato per tutta la campagna come un tappeto vivo che cresce. I fiori sono raggruppati in mazzi divisi per colore, ed ogni gruppo è più bello dell’altro.
La bellezza è così completa che Susy fatica a prender fiato. Mentre si trova in assoluto silenzio e stupore in cima alla collina, sente un suono che sembra un coro di persone che cantano diverse melodie. Sebbene ogni melodia sembri diversa, sembrano tutte mescolarsi in un magnifico coro.
“Che cos’è questa bellissima melodia?” Chiede a Lucille.
“Sono i fiori che parlano.”
Certo, se gli alberi, le rocce e le cascate potevano parlare, allora perché non un fiore? “Sbrigati, dobbiamo andare nella nursery."
Susy segue Lucille sopra un sentiero attraverso i fiori.
“Si farebbe più in fretta volando sopra i fiori, ma tu non puoi ancora volare e disturberesti i fiori nel loro letto,” dice Lucille.
“Che cosa intendi con ‘ancora’? Vuoi dire che qui posso imparare a volare?”
“Certamente! Te lo insegnerò dopo il lavoro.”
Seguono una pista che conduce sopra ad una piccola altura ed ad un’altra verdissima valle, con accenni di colore che sporgono dai germogli.
“Questa è la nursery,” dice con orgoglio Lucille. “Puoi vedere che alcuni dei bimbi stanno cominciando ad aprirsi.”
“Lucille,” chiede Susy, “posso andare a parlare con i fiori adulti? Ho sempre voluto parlare ad un fiore e, forse, se lo facessi, saprei come amarli meglio da bambini.”
“Mi sembra proprio un’ottima idea. Puoi tornare quando hai finito. Ricorda, però, non calpestare i loro letti. Questi fiori sono diversi da quelli che conosci e il terreno intorno a loro è molto speciale. Se viene disturbato dal tuo peso, può essere dannoso.”
“Ti prometto che starò molto attenta.”
Quando Susy ritorna alle aiole, i primi fiori che incontra sono i tulipani.
“Credo che mi avvicinerò a quelli gialli prima,” dice fra di sé.
“Salve, Sig. Tulipano, o sei una Signorina?” dice ricordando la roccia.
“Che cosa? Una persona che parla? Ehi ragazzi, guardate questo. Questa persona parla. Pensavamo che la gente andasse solamente in giro con facce che sembrano quelle dei morti. Non sapevamo che potete parlare.”
“Beh, credo di essere una delle poche che parlano davvero. Da dove vengo, tuttavia, i fiori non parlano – almeno alle persone. Ero solita parlare ai fiori in giardino, ma non li ho mai sentiti rispondermi come voi.”
“Devi venire da un posto molto insolito. Qui ogni cosa che ha vita può parlare a qualsiasi altra cosa. Vale a dire, naturalmente, tranne che alla maggior parte della gente. La gente non sembra neanche vederci, ancora meno parlarci,” si lamenta il tulipano.
“Sì, lo so, non hanno parlato neanche con me, ma la cascata, l’albero e la roccia lo hanno fatto. Poi ho incontrato Lucille, la fata, e lei mi ha portata qui.”
“Bene, come posso esserti d’aiuto, giovane persona parlante?”
“Voglio aiutare Lucille ad amare i fiori bambini e voglio chiederti come dovrei farlo.”
“Hmmm, non c’è nessun ‘dovrei’ in amore. E niente ti può dire come amare. L’amore c’è o non c’è. Se c’è il dubbio, allora non c’è.”
“Ma la gente spesso non sa se ama qualcuno o qualcosa.”
“Lo so,” risponde il tulipano. “Questo è esattamente il motivo per cui la gente ha difficoltà ad amare i fiori bambini per farli nascere. Vedi le fate conoscono solo l’amore. Non devono ‘fare’ niente. Semplicemente ‘sono’. Nell’essere se stesse, nella loro naturale purezza, possono formare un modello che i fiori bambini possono seguire. Ricordo la mia aiutante fata di tanto tempo fa, quando ero un bambino. Era perfetta come l’avevo sognata. Il suo colore combaciava esattamente con me e potevo mantenerlo solo guardandola. Era anche molto forte, come noi tulipani. Amava quando arrivava la primavera ed usciva molto prima della maggior parte della fate, tranne quelle del narciso e dell’asfodelo.
“Questo sembra meraviglioso,” dice Susy. “Vorrei amare come una fata.”
“Tu puoi! Infatti, sento che lo fai. Quando sono vicino a te, sei calda come il sole. Questo è una sensazione molto speciale da riuscire a donare.”
“Ma, grazie.” Susy è un po’ imbarazzata. “Mi sono proprio divertita a parlare con te. Credo che proseguirò e parlerò con le rose.”
“Ottima idea, ti piaceranno. Le rose e le persone sono sempre state molto vicine.”
Susy prosegue sul sentiero, ma è così intenta a salutare i tulipani, che quasi urta contra una bellissima rosa rosa. Il cespuglio di rose è molto grande ed il fiore è proprio al livello degli occhi. Susy rimane imbambolata, guardando direttamente nel volto della rosa.
“Scusa se ti fisso, ma sei la rosa più bella che io abbia mai visto.”
“Ma grazie,” dice con una bellissima voce melodiosa. Questa rosa è senza dubbio femminile.
“Mi sento come se tu potessi essere mia madre. Vorrei raggomitolarmi sul tuo grembo (se ne hai uno), ma le spine mi pungerebbero. Dimmi, Signorina Rosa, perché qualcosa di così bello come una rosa ha delle spine così pungenti?”
“Perché, mia cara,” risponde gentilmente la rosa, “la bellezza spesso ha bisogno di protezione.”
“Protezione da cosa?”
“Ma, protezione dalla distruzione. Vedi, gli altri vogliono la bellezza e possono danneggiare ciò che hanno paura di non poter avere.”
“Ma nessuno potrebbe farti male in questo luogo gentile,” risponde Susy.
“Questo è vero, mia cara, ma molti dei nostri fratelli e sorelle devono vivere nell’altro mondo, dove vive la gente. Manteniamo le protezioni qui per aiutarli. Vedi siamo una grande famiglia. Ciò che influenza una di noi, influenza tutte noi. Una vittoria per una è una vittoria per tutte ed una sfida per una è una sfida per tutte.”
“Questo è bello. Vorrei che fosse in questo modo anche per la gente.”
“Ma lo è,” canta la rosa, “purtroppo, la maggior parte della gente non lo sa. Cerchiamo di mostrare alla gente che anche se siamo una rosa separata ed individuale, siamo unite insieme dal cespuglio che ci dà nutrimento e forza.”
“Se le rose non si trovassero mai intorno alla gente, farebbero cadere le spine?”
“Mia cara, dobbiamo sempre trovarci intorno alla gente. È parte della nostra ragion d’essere. Possiamo ricordare agli umani la bellezza della Natura. Un giorno, la gente capirà che è meglio trovare la propria bellezza, anziché rubare quella di un altro. Poi forse, potremo far cadere le spine,” risponde tristemente la rosa.
“Mi hai fatto ricordare della bellezza ed anche come può essere meschina la gente. Credo che rimarrò qui per sempre. La fata mi ha detto che mi avrebbe insegnato a volare. Non è meraviglioso? Beh, è meglio che ritorni da lei. Si starà probabilmente domandando perché è da così tanto tempo che me ne sono andata. Arrivederci, cara Rosa. Grazie per la tua bellezza,” grida Susy mentre corre da Lucille.
“E grazie per la tua ammirazione. Talvolta ci si sente sole qui, senza gente che ci apprezzi. Sono molto felice che tu sia passata a trovarmi.”
“Non riesco ad immaginare nessuno che si sente solo perché non ci sono persone qui. Mi sto veramente godendo la libertà di non avere nessuno intorno. Tuttavia, ci sono alcune persone che mi sarebbe piaciuto portare qui. So che adorerebbero questo posto. Ci apprezziamo e ci amiamo nel modo descritto dalla rosa. Mi piacerebbe che tutta la gente fosse così. Poi, forse, tutti gli esseri della Natura ci parlerebbero là, come fanno qui,” disse Susy fra di sé.
Ecco Lucille più avanti sul sentiero, mentre aiuta una petunia a crescere. Susy corre fin là e vede che la sua amica fata ha quasi finito di lavorare.
“Sono sicura che ho imparato moltissimo sui fiori. Non vedo l’ora di dirlo a Lucille. Lucille, Lucille, dove sei?
“Mi chiedo dove sia andata. L’ho vista un minuto fa, in mezzo a queste petunie, ma ora non la vedo più da nessuna parte.
“Lucille, Lucille, dove sei andata?
“Spero di non averla persa. Ho finalmente trovato una vera amica e ora l’ho persa. Aspetta, c’è qualcosa che si muove fra le margherite. Correrò lì per vedere se è lei.
“Ciao, Lucille? Sei tu lì?
“No, non sono Lucille. Il mio nome è Jerome. Lucille è stata chiamata per un’emergenza. Posso aiutarti? Sei una persona che parla, non è vero? Non ne vedo molti in giro di questi tempi”.
“Sì, sono una persona reale che parla e sono molto contrariata del fatto che Lucille mi abbia lasciata bloccata qui. Credevo fosse mia amica,” dice Susy, quasi piangendo.
“Non piangere, piccola persona. Sono sicuro che Lucille non ti ha dimenticata. Arriverà fra poco. Sono contento di rimanere con te fino a che non ritorna lei,” la rassicura con una voce consolante.
“Non piangerò,” dice Susy sdegnata. “E’ solo che questo posto mi confonde così tanto e non so in che modo sono arrivata qui.”
“Io te lo posso dire.”
“Puoi? Oh, per favore, Jerome. Questo potrebbe aiutarmi così tanto.”
“Sei venuta qui,” dice con una voce molto calma, “perché eri pronta. Solo le persone che sono pronte possono venire qui.”
“Pronta per cosa?”
“Sei pronta a crescere, come cresce un fiore od un albero. Sei pronta ad ‘essere’ ciò che una roccia o una nuvola è. I bambini hanno questa capacità in modo naturale, però, quando diventano più grandi di solito la perdono.”
“E’ questo il motivo per cui sono ritornata bambina quando sono venuta qui?”
“Sì, questo è ciò che avviene spesso. Quando la gente cresce nuovamente e diventa adulta, ritorna sulla Terra.”
“Non io. Rimarrò qui per sempre. Lucille mi insegnerà a volare.”
“Non sai ancora volare? Mi ero dimenticato che di solito le persone non volano quando vengono qui. Naturalmente, tu puoi già volare. Sono solo i tuoi dubbi che ti trattengono. Devi soltanto liberare il tuo cuore e poi volerai automaticamente,” spiega Jerome.
“Non capisco che cosa vuoi dire con liberare il mio cuore. Come posso farlo?”
“Lo devi amare e lasciare libero,” dice, come se tutti sapessero cosa questo significasse.
“Mi dispiace, ma da dove vengo, le persone non amano le cose e le lasciano libere. Infatti, quando amano qualcosa, di solito la vogliono possedere.”
“Mia cara, non mi meraviglia che le persone che vengono qui siano così infelici. Sto iniziando a capire perché vuoi rimanere qui.”
“Sono così triste. Volevo proprio imparare a volare, ma non so davvero come amare il mio cuore e lasciarlo libero.”
“Forse puoi cominciare con qualcosa più facile del tuo cuore. Fammi pensare,” dice grattandosi il suo piccolo mento. “Che cosa c’è di facile da amare e lasciare libero?”
“Lo so,” grida Susy. “Cosa ne dici di una farfalla. Credo che potrei imparare ad amare una farfalla e a lasciarla libera. Voglio dire, nessuno potrebbe mai possedere una farfalla, e tutti amano la sua bellezza e il suo volo.”
“Buona idea. Di solito vicino agli alberi di eucalipto ci sono molte farfalle Monarca. Seguimi.”
“Aspetta, se me ne vado di qui, Lucille non saprà dove sono.”
“Nessun problema. Noi fate possiamo comunicare a grandi distanze. Inviamo messaggi sopra un raggio d’amore.”
Jerome si siede e sembra si stia concentrando moltissimo. Tuttavia, il suo viso rimane amabile e tranquillo.
“Fatto,” dice. “Lucille è quasi pronta e presto ci verrà incontro là. È molto felice che ti insegni a volare.”
Jerome e Susy viaggiano su piccole colline, Susy camminando e Jerome volando. Presto arrivano ad un boschetto di alberi d’eucalipto, dove migliaia di meravigliose farfalle Monarca sono appese alle loro foglie. Tuttavia, una piccola farfalla è seduta su uno stelo d’erba. Jerome corre verso di lei e la trattiene per una delle sue minuscole zampette. La farfalla lotta, ma anche se Jerome non è così tanto più grande della farfalla, la sua presa la tiene prigioniera.
“Per favore, non farlo,” dice Susy. “La farfalla deve avere la libertà, così può volare.”
Jerome lascia andare e la farfalla vola via felicemente.
“Molto bene. Ora, non è stato facile?”
“Ma non ho fatto nulla. Tutto quello che ho fatto è stato affermare i diritti naturali della farfalla.”
“Questo è tutto quello che bisogna fare. Ora proviamo con qualcosa di un po’ più difficile.”
Proprio mentre lo sta dicendo, un piccolo gnomo con un rigido cappello rosso si avvicina.
“Ehi ciao, Samuel,” chiama Jerome.
“Salve, Jerome. Che cosa? Quella che è con te è davvero una persona bambina reale?” “Sì. Si chiama – oh – non so il tuo nome.”
“È Susy.”
“Bene allora Susy, ti presento Samuel.”
“Ciao Samuel. Sto cercando di imparare come amare le cose e lasciarle libere. Credo di averlo fatto con una farfalla, ma non capisco come l’ho fatto.”
“Noi gnomi siamo molto bravi in questo. Infatti, sto andando a liberare un cerbiatto che è intrappolato in un burrone. Noi gnomi siamo molto occupati in queste faccende. Vuoi unirti a me?”
“Oh, sì,” esclama Susy “Jerome, puoi dire a Lucille cosa sta succedendo?”
Tuttavia, non appena pronuncia le parole, Lucille vola verso di loro.
“Ciao, ciao,” dice allegramente. “Che giornata avventurosa. Bene, Susy, vedo che hai nuovi amici. Dove state andando ora?”
“Stiamo andando a liberare un cerbiatto.”
Con questo, partono tutti, attraversando un campo e dirigendosi verso un burrone profondo. Abbastanza sicuramente, in fondo al burrone c’è un piccolo cerbiatto spaventato.
“Oh poverino, sembra così spaventato. Vado giù per stargli vicino,” dice Susy mentre scivola lungo il pendio per arrivare al cerbiatto.
“Caro, hai proprio bisogno d’amore,” dice mentre carezza la testa del cerbiatto impaurito per consolarlo. Il cerbiatto la guarda con i suoi grandi occhi marroni e le dà un colpetto come per dirle grazie. Cerca anche di alzarsi ma non ci riesce. Susy vede che ha la gamba ferita.
“Povero cerbiatto,” dice mentre tocca con amore la gamba ferita del cerbiatto.
Con sua grande sorpresa, la gamba improvvisamente ritorna normale e il cerbiatto fa un balzo verso il ripido pendio dove sua madre lo sta aspettando. Prima di capire cosa sta accadendo, Susy sente battere le mani e delle risa dall’alto. Con un volto felice e raggiante e un cuore palpitante risale correndo lungo un pendio del burrone, sorpresa da quanto facilmente riesca ad arrampicarsi sul pendio scosceso.
“Molto bene,” dicono tutti all’unisono. “Sei quasi pronta,” dice Jerome. “Prima, però, hai bisogno di una pausa da tutte le tue lezioni. Vieni, andiamo tutti al Laghetto della Gentilezza per una breve nuotata.”
Allegramente si avviano attraverso un grande prato, Susy e Samuel camminando, Lucille e Jerome volando. I piedi di Susy a malapena toccano il terreno, e anche se corre veloce come il vento, non rivela alcuna fatica. Brevemente, arrivano ad un bellissimo e trasparente laghetto e rimangono sulla sua riva per vedere i loro riflessi.
“Guardate,” grida Susy emozionata, “il riflesso di Lucille ha i raggi delle stelle che provengono dai piedi, Jerome ha piccoli diamanti che circondano la testa e Samuel piccoli croci blu che fluiscono dalle mani.”
“Guarda il tuo riflesso, Susy,” dicono tutti all’unisono.
“Mah, ho una strana luce che viene dal cuore. La luce è di un bianco intenso e luccica con tutti i colori dell’arcobaleno, ed altri.”
La luce ipnotizza Susy. Quando fissa la luce, questa si espande e i colori danzano sulla superficie del laghetto diventando sempre più splendenti quando incontrano i raggi del sole. Susy fa degli esperimenti inviando i colori a diverse aree intorno al laghetto e ai molti pesci e piante che si trovano nell’acqua. Susy guarda mentre ogni pesce e pianta accetta i colori in un modo diverso e le fanno un cenno col capo per ringraziarla.
All’improvviso, Susy pensa alle povere forme pensiero. Ricorda come la Signorina Roccia aveva detto che erano prive di vita e di anima perché non avevano amore.
“Forse posso dare un po’ di questi colori alle forme pensiero,” pensa a voce alta Susy. “Potrebbero veramente usarli.”
Susy si concentra su come dare alle forme pensiero la luce colorata e non nota che i suoi piedi si stanno sollevando da terra.
“Guarda c’è una forma pensiero dall’altro lato del laghetto.”
La forma pensiero proietta una vaga immagine nel laghetto quando il sole vi splende attraverso. Susy invia un raggio di luce colorata nel riflesso. Il debole riflesso diventa sempre più chiaro fino a che sembra avere un colore proprio.
“Grazie,” dice a Susy. “Oh, grazie. Mi chiedevo se non avrei mai trovato qualcuno che mi avesse amato per poi lasciarmi libero da quella terribile prigione di vacuità. Adesso corro e vado a vedere se riesco a passare questo ad un'altra delle forme prive di vita.”
Susy non si accorge che i suoi piedi sono molto al di sopra del terreno, fino a quando non sente che i suoi amici la chiamano.
“Ehi, Susy,” dicono insieme, “andiamo a volare.”
Susy è così eccitata quando si rende conto che sta fluttuando in aria che quasi cade nel laghetto. Invece, comincia a volare.
Samuel grida da terra: “Buon lavoro, giovane persona. Ti lascerò ora con i tuoi amici fatati. Noi gnomi non abbiamo tempo per volare. Il nostro lavoro deve essere svolto qui, sul terreno e nella terra.”
Fanno ciao a Samuel tutti insieme. Lucille, Jerome e Susy partono, e volano tutti. In lontananza vedono un gruppo di forme pensiero insieme all’amico multicolore di Susy che condivide la sua luce con loro. Non appena una nuova forma pensiero senza vita risponde a quella multicolore, questa comincia ad assumere il suo aspetto multicolore. Non appena l’amico di Susy dona una quantità crescente della sua luce, lui stesso diventa più colorato. Susy sorride, mentre vola velocemente sopra il gruppo. Presto non sono più in vista.
“Credo di non aver mai provato niente di così bello come volare, durante tutta la mia vita. Muoversi in linea retta, e poi su e giù è delizioso. È come nuotare, tranne che l’aria è molto più leggera dell’acqua e non devo mai trattenere il respiro,” dice Susy ai suoi amici fatati.
In risposta cinguettano e volano anche più velocemente, ma Susy non ha nessun problema a star loro dietro. Sperimenta diversi movimenti per spostarsi nell’aria, vola in alto – poi in basso, si ferma a mezz’aria e fa persino giri della morte. Sì, volare è la cosa più bella che Susy abbia mai sperimentato.
Infine, anche una bambina eccitata e due agili fate hanno bisogno di riposare, perciò cercano un posto per sedersi.
“Guardate,” dice Susy, “ecco il Signor Albero. Ho parlato con lui prima. Sarà molto felice di vedere che riesco a volare. Possiamo riposarci là?”
“Certamente,” rispondono i suoi amici.
Scendono tutti insieme e si siedono sopra un alto ramo.
“Bene, persona parlante,” dice il Signor Albero. “Vedo che ora puoi volare.”
“Sì, posso volare ovunque voglia, ma penso che la cosa migliore sia mantenere la mente calma e seguire il cuore.”
“Sei una giovane molto intelligente,” risponde l’albero che sa tutto. “L’amore è la forza trainante qui nel Regno Fatato.”
“Perché l’amore non è la forza trainante da dove vengo?” chiede Susy con una faccia molto triste.
“Oh, cara,” si intromette Lucille. “E’ che gli adulti che si trovano là, hanno dimenticato.”
“Beh, io NON tornerò indietro per far loro ricordare.”
“Non devi ritornare Susy. Sei già là come adulto.”
“Vuoi dire che anch’io sono un adulto?”
“Sì, e il tuo adulto è anche un bambino. Ora che hai imparato ad amare te stessa liberamente, forse puoi aiutare il tuo adulto a far lo stesso.”
“Sì, Susy, per favore aiutami!”
Invoco nell’oscura caverna, fuori attraverso l’apertura e nella Luce del Regno Fatato.
“Aiutami ad amare me stessa liberamente e a ricordare ciò che ho sempre saputo, ma che ho dimenticato.”
Continua: "Notte nel Regno Fatato"
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Originale in inglese: http://www.multidimensions.com/Unconscious/uncon_emotions_innocence.html
Tradotto da Susanna Angela per Stazione Celeste