)* (Stazione Celeste)
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Inconscio
Come Ri-Programmare la Mente
o
Essere più Intelligenti di Quando si Era Bambini
Il Bambino Crea la Credenza di Base
Questa è la storia di un gruppo di bambini che vivono dentro i loro adulti. Questi bambini hanno molto potere, perché la maggior parte degli adulti in cui vivono non sa che sono là. E, ciò che è peggio, non si rendono conto che sono stati i bambini a programmare la loro mente. Gli adulti pensano di averlo fatto loro.
Questi bambini hanno cercato di dire agli adulti che sono dentro di loro, ma gli adulti si rifiutano di ascoltare. Sono troppo “impegnati”. Be’, anche i bambini sono impegnati. Si devono assicurare che il programma che hanno scritto per sopravvivere a una situazione in cui non avevano NESSUN potere, continui a funzionare esattamente nel modo in cui ha funzionato per decine e decine di anni.
Questi bambini sono molto intelligenti. Hanno osservato il mondo in cui vivevano, hanno capito le regole della famiglia, anche quelle non dette, e stabilito un programma per proteggersi dai guai. In generale, questi programmi hanno funzionato molto bene, ma, a volte, i genitori continuavano a cambiare le regole. Allora, i bambini finivano comunque nei pasticci.
Questa è la ragione per cui alcuni bambini sono “cattivi”. I loro genitori erano troppo imprevedibili e il loro ambiente troppo mutevole. Ma anche se non riuscivano a restare lontani dai guai, e questo spesso accadeva perché il fatto che fossero “cattivi” era una regola della famiglia, di solito riuscivano a stabilire un programma per proteggersi.
Questi programmi funzionavano così bene che sono diventati credenze di base. Perciò, che cos’è una credenza di base? Una credenza di base è un programma che il bambino ha creato, che serviva a proteggerlo nella situazione in cui viveva. Non è un bene che i bambini che hanno creato la credenza di base non sanno che adesso la situazione è cambiata. Mi domando come mai i loro adulti non li hanno informati.
La risposta è semplice. Gli adulti non sanno neanche che i bambini vivono dentro di loro. Purtroppo, anche se l’adulto sa dell’esistenza del/della suo/a bambino/a, l’adulto tende a trattare il bambino interiore esattamente nello stesso modo in cui lo trattavano i genitori. Quindi, anche se l’adulto in cui vive il bambino ha cambiato la sua vita, l’ambiente del bambino è lo stesso. Questi bambini otterranno mai quello di cui hanno bisogno?
ESEMPI: (Sono stati utilizzati nomi diversi per proteggere la privacy delle persone)
Sam
Sam era stato adottato perché i suoi genitori non potevano avere figli. Tuttavia, poco dopo averlo adottato, sua madre rimase incinta e Sam ebbe una sorella. Sia che sua madre preferisse veramente sua sorella o che Sam lo credesse soltanto, per lui non faceva differenza. Sam sentiva di non poter avere l’amore di sua madre e stabilì di dover ottenere la sua attenzione. “Cercò” di essere bravo, ma gli sembrava di riuscire a ottenere la sua attenzione soltanto quando era “cattivo”. Quindi, Sam decise di essere cattivo!
Inoltre, la madre di Sam era una donna molto nervosa che non mostrava emozioni. Sam voleva salvare sua madre dalla sua difficile vita, ma non poteva neanche salvare se stesso perché aveva deciso di essere cattivo per ottenere la sua attenzione.
Parla Sam:
“Sento che la mia vita è una continua battaglia, perché sono solo e a nessuno importa di me. Sono disperato. Sono in libertà condizionata, sono un tossicodipendente e non ho niente a cui aspirare. Vivo in una “comunità di recupero” e ho poca libertà. Mi sembra di andare all’indietro.”
La Credenza di Base di Sam è:
“La vita è una battaglia”.
Sam vedeva che la vita di sua madre era una battaglia e non riusciva ad aiutarla o a renderla felice. Le uniche volte in cui sua madre sembrava si occupasse di lui era quando si trovava nei guai. Sam voleva l’amore di sua madre più degli incoraggiamenti positivi da parte degli altri. Quindi era SEMPRE nei guai.
Anche il padre di Sam gli prestava attenzione soltanto quando era nei guai e lo aiutava a tirarsene fuori. La realtà è che la vita di Sam era facile. Non doveva lavorare, pagare un affitto, o andare d’accordo con il suo capo. Il “conflitto” di Sam era cercare di NON essere cattivo. Allo stesso tempo, aveva paura di stare da solo e che nessuno si occupasse di lui. Rafforzava quella credenza, attaccando briga con chiunque cercasse di aiutarlo.
Sam non riusciva a lasciare andare la sua credenza di base. La sua dipendenza dalla cocaina l’aveva privato di TUTTO il suo potere personale. Ogni volta che cominciava a sperimentare dei successi, si sabotava da solo. Una volta con la bicicletta andò persino a sbattere contro un’automobile (un incidente). Infine era sempre nei guai affinché gli altri si occupassero di lui.
Sam aveva creato una credenza di base che era: “La vita è una battaglia”, così da ottenere attenzione e amore, ma la credenza di base negativa che gli faceva ottenere attenzione da bambino lo aveva privato della felicità nella sua vita da adulto.
Sandy
Sandy è la maggiore di due figlie. Durante la settimana il padre viaggiava per lavoro e Sandy stava da sola con la madre e la sorella minore. La madre di Sandy si ammalò e infine morì mentre Sandy si stava “occupando di lei”. Il padre di Sandy continuò a lavorare fuori città, anche dopo la morte della moglie e lasciò l’undicenne Sandy a casa da sola a occuparsi della sorella. Sandy viveva con la paura che le autorità scoprissero la situazione e portassero lei e la sorella in un orfanotrofio.
Parla Sandy:
“Se succede qualcosa di brutto, è colpa mia. Quando ero piccola, sentivo che tutto era colpa mia e mio padre non faceva che ricordarmi che era vero. Quindi, cercavo di fare tutto in modo perfetto. Mantenevo la casa in perfetto stato, avevo dei voti perfetti e a scuola ero una leader perfetta. Ma, non importa cosa, mio padre trovava sempre qualcosa di sbagliato in quello che facevo.”
La Credenza di Base di Sandy è:
“È tutta colpa mia.”
La credenza di base di Sandy la teneva costantemente all’erta affinché non dovesse lasciare la sua casa. Oggi, suo padre andrebbe in prigione per abbandono di minori, ma questo succedeva decine d’anni fa in un altro paese. Inoltre, la credenza di base di Sandy, la teneva occupata a lavorare, il che la proteggeva dalla paura segreta che la morte della madre era stata “colpa sua”.
Sandy aveva appreso la responsabilità molto giovane ed era riuscita ad avere una vita di successo, ma era troppo in controllo perché doveva assicurarsi che TUTTO fosse perfetto. Tuttavia, quando il suo adulto riuscì a consolare il suo sé di 11 anni e a dirle che la morte della Mamma NON era stata colpa sua, infine riuscì a lasciare andare la sua credenza di base. Adesso Sandy ha imparato a rilassarsi e a fare una vita più felice.
L’ADULTO VIVE E RI-VIVE GLI SCHEMI
Ma gli adulti si rendono conto che nella vita gli stessi schemi sembrano ripresentarsi continuamente? Be’, certamente. Ma non è colpa loro. Ce la stanno mettendo tutta! Se solo potessero parlare al loro bambino interiore. Potrebbero forse capire quando il problema si era presentato per la prima volta e quale programma mentale avesse creato il bambino per proteggersi. Gli adulti poi non sarebbe più vittime della loro vita. Se gli adulti parlassero al loro bambino, potrebbero ricordare in che modo tutto aveva avuto inizio. Poi potrebbero vedere come creano i veri schemi della vita che cercano attivamente di evitare.
Ora, perchè si vorrebbe creare un problema per se stessi? La risposta è: perchè non è veramente un problema. A dire il vero, ciò che accade è che una lezione di vita viene ripetuta continuamente, fino a quando non è risolta. Tuttavia, gli adulti non sono consapevoli di quale fosse stata la lezione originale ed è diventato più difficile discernere la lezione dopo che è stata ripetuta così tante volte. Come una fotocopia che è stata duplicata troppe volte, il messaggio originale diventa sempre più difficile da capire ogni volta che viene sviluppato.
Insieme a questo gruppo di bambini c’è un gruppo molto coraggioso di adulti che sono disposti ad ascoltare il bambino dentro di loro. Forse, riescono a scoprire come e perché hanno creato queste credenze di base. Queste credenze sono state l’“impronta originale” dei problemi che si sono ripetuti più volte di quanto desiderino contare. Sono ora disposti a riconoscere quanto fosse intelligente il loro bambino e a ringraziarlo per aver creato un problema che serviva da protezione.
Questi adulti coraggiosi sono ora disposti ad assumersi la responsabilità della creazione della vita in cui vivono. Sono pronti a comunicare con il loro bambino interiore per scoprire in che modo queste credenze di base sono state create e come hanno servito da fondamenta della creazione dei loro problemi di vita che sono ritornati, ripetutamente.
Una volta che si decide di comunicare con il nostro bambino, dobbiamo essere pazienti. Le vecchie credenze hanno servito come “meccanismi di sopravvivenza” e non vengono rilasciate facilmente.
Matt
Matt ha una malattia genetica degenerativa. Entrambi i suoi fratelli più grandi avevano questa stessa malattia e quando Matt aveva circa sette anni, anche lui cominciò ad avvertirne i sintomi. Tuttavia, nella sua grande famiglia tutti speravano che, se avessero ignorato il fatto che Matt avvertiva quei sintomi, forse i sintomi se ne sarebbero andati. Matt si sentiva come se loro volessero che lui se ne “andasse”. Aveva paura di aver deluso la sua famiglia prendendo quella malattia, così anche lui negava i sintomi.
Il rifiuto di tutti non funzionava. Durante l’adolescenza di Matt, i sintomi continuarono. Quando Matt cominciò a cadere regolarmente, sua madre non voleva che si facesse male o che a scuola fosse imbarazzato. Quindi, poiché lei sentiva che non c’erano altre opzioni, tenne Matt a casa da scuola dagli 11 fino ai 14 anni circa. La famiglia si trasferì poi a Los Angeles, dove erano disponibili servizi e un’educazione migliore, così Matt cominciò ad avere un po’ d’aiuto. Tuttavia, il bambino dentro di lui aveva già imparato a essere invisibile.
Credenza di base di Matt:
“Sono indegno.”
Parla Matt:
“Sono invisibile e non m’importa. È difficile dire perché credo di essere indegno. Sento di essere invisibile, perché nessuno voleva vedere che la mia anima urlava: Mi sento solo. Ho bisogno di voi. Che cosa mi sta succedendo? Che cosa ho fatto di sbagliato per meritare quello che mi succede? SARÒ BRAVO!”
Parla il Bambino:
“Mi sento emarginato. Per me è difficile credere di meritare qualcosa o di avere valore. Non credo di essere intelligente abbastanza o di meritare belle cose. Credo di non aspettarmi mai nulla e so che non ci si aspetta niente da me.”
Il Problema della Vita di Matt:
“Sono emarginato.”
Il Matt adulto si assume la responsabilità.
(Questi adulti sono disposti a vedere come hanno creato, accelerato, perpetuato e permesso questi problemi nella loro realtà per sopravvivere all’ambiente e per proteggere il bambino interiore.
Ø La maggior parte dei problemi vengono veramente creati durante l’infanzia e possono poi continuare fino a che la credenza di base negativa non viene sostituita con una credenza di base positiva.
Ø Mantenere la credenza di base sottostante inconscia, dove può influenzare il nostro comportamento, fa precipitare i problemi.
Ø Perpetuiamo quel problema, comportandoci continuamente nello stesso modo.
Ø Permettiamo che il comportamento e il problema continuino, perché sembra normale.)
Domanda: Matt, come hai creato il problema della tua vita?
Matt: La malattia genetica ha creato il problema. Sentivo di essere emarginato, perché la mia malattia mi rendeva diverso. E, a causa della malattia, mi sentivo indegno. Se non ci fosse stata la malattia, credo che non mi sarei ugualmente sentito inserito, ma non c’è modo di provare questa teoria.
Domanda: In che modo hai accelerato il problema della tua vita?
Matt: Dato che mi sentivo indegno, mi allontanavo dagli altri. Più mi allontanavo, più mi sentivo insicuro e impaurito. Poi respingevo la gente, e questo mi faceva sentire solo. Poi, dato che ero così solo, mi sentivo “emarginato”.
Domanda: In che modo hai perpetuato il problema della tua vita?
Matt: Sentivo che c’era qualcosa di sbagliato in me, mi sentivo a disagio con la mia condizione fisica. Questa faceva sì che anche le altre persone si sentissero a disagio. Quando facevo sentire a disagio gli altri, mi sentivo emarginato.
Domanda: In che modo hai permesso il problema della tua vita?
Matt: Ho ignorato l’Anima dentro di me. Quindi anche gli altri l’hanno ignorata. Poi mi sentivo come se nessuno mi conoscesse o mi capisse ed essere emarginato divenne normale.
Domanda: In che modo la tua credenza di essere indegno ti ha protetto quando eri un bambino e come adulto?
Risposta: Non mi sentivo degno abbastanza da uscire nel mondo perché sapevo di essere diverso e che sarei stato emarginato. Quindi mi proteggeva dalle avversità della vita. Dato che la mia famiglia negava che ci fosse un problema, allo stesso modo lo negavo io. Tuttavia, nel momento in cui cominciai ad avere sempre più sintomi, mi sentivo come una “merce difettosa”. Non riuscivo a controllare quello che stava succedendo al mio corpo, perciò come avrei potuto avere il controllo sulla mia vita? Finché credevo di essere indegno ed emarginato, non dovevo tentare di prendere il controllo della mia vita e di affrontare un possibile fallimento.
Matt, il tuo bambino non ha avuto nessuno a cui parlare. Vorresti parlargli ora?
Matt: Sì. Vedo il bambino di fronte a me. Ha sette od otto anni circa. È seduto su una sedia di fronte a me e indossa una camicia blu. ‘Io sono te, cresciuto,’ gli dico, mentre lo guardo profondamente negli occhi. Dalla mia sedia a rotelle siamo sullo stesso livello. ‘Sono entrato dentro di me oggi per trovarti e dirti che buon lavoro hai fatto prendendoti cura di me.’
Il mio bambino sta tranquillo per un lungo periodo di tempo. Aspetto pazientemente.
Il Bambino Risponde: Non so se posso credere a quest’uomo. Mi spaventa perché ha una sedia a rotelle come i miei fratelli più grandi. Credo che debba essere vero che dovrò averne una anch’io quando diventerò grande. Non voglio crescere! Rimarrò un bambino per sempre.
Matt: Puoi rimanere bambino per sempre. Io sarò quello sulla sedia a rotelle e tu puoi rimanere un bambino. Puoi ancora camminare e correre. Posso aiutarti a essere un bambino, assicurandomi che tu viva le esperienze infantili come giocare fuori con i tuoi amici. Non sono mai riuscito a farlo e mi sono sentito sempre solo. Non voglio che tu ti senta solo.
Il Bambino Risponde: Ma… e se cado?
Matt: I bambini cadono sempre. Va bene. Vai a giocare ora e io rimarrò qui seduto e ti guarderò giocare con i tuoi amici. Se ti spaventi, vieni da me e io ti darò un grosso abbraccio. Sei speciale e crescerai per essere un giovane uomo forte. Puoi fare tutto quello che vuoi. Non dimenticarlo. Io ti aiuterò!
Matt guarda il suo bambino giocare fino a che è il momento di cambiare le credenze di base. Poi Matt chiama il suo bambino e gli dà un abbraccio.
Matt: Mi prenderò cura di te e non dovrai più credere di essere indegno. Sento i tuoi richiami e voglio aiutarti.
Il bambino si allontana da me. Riesco a vedere che ha paura a fidarsi abbastanza di me da rinunciare a una convinzione che l’ha servito così bene. Ha paura che se non si sentirà più indegno, dovrà provare molte cose nuove ed essere ferito.
‘Matthew,’ gli dico, mentre lo avvicino di nuovo a me e gli do un caldo abbraccio. ‘Prendiamoci un periodo di prova. Ti fidi di me solo per un po’ e io ti controllerò sempre per vedere se stai bene. Va bene per te?’
Il Bambino Risponde: Ma io ho paura del cambiamento. Se cambio non saprò cosa succederà. Non conosco nessun altro modo d’essere.
Matt: ‘Prova solo per un mese – trenta giorni. Io ti controllerò ogni giorno e ti dirò che ti voglio bene e che sei importante nella mia vita. Prometto.’
Il bambino mi abbraccia e corre dai suoi amici. Ha deciso di fidarsi di me. Ora, però, io ho paura. Ho paura di deluderlo. Ricordo ora come ero solito insultarlo nella mia mente. Lo odiavo, perché odiavo la mia vita allora. Non mi meraviglia che sia stato così difficile per lui fidarsi di me.
Riuscirò a mantenere la parola? Riuscirò a perdonare me stesso per come l’ho trattato? Ricordo ora quando ero un adolescente e stavo cominciando a diventare adulto. Odiavo il mio corpo che si stava sviluppando. Se fossi diventato adulto, la mia malattia sarebbe peggiorata. Avevo ragione. Ma non era colpa del bambino, o dell’adolescente, o mia.
Adesso perdonerò me stesso per essere diventato grande, il mio bambino per essere rimasto giovane e il mio adolescente per essere in mezzo. Siamo, dopotutto, una persona. Assumo ora la mia nuova protezione. Questa protezione mi arriva ascoltando la mia Anima. La mia nuova protezione è SPIRITUALE. Con la mia protezione spirituale posso ascoltare la mia Anima. Non c’è niente di sbagliato nella mia Anima. La mia Anima continuerà a darmi il coraggio di sentirmi a mio agio con me stesso. Poi anche gli altri si sentiranno a loro agio con me. Poi non SARÒ più “emarginato”.
(Matt vive su una sedia a rotelle e non si può neanche “spostare” senza assistenza. Tuttavia, vive da solo in una casa, che è sua, e lavora full time. Paga un assistente che lo aiuti prima di lavorare e di andare a letto. A parte quello, vive una vita indipendente e di successo.)
Annie
(Annie ha ragioni molto diverse per avere la stessa credenza di base.)
Annie è una figlia “di mezzo”. La sorella maggiore era una “star” e il fratello minore carismatico, almeno da piccolo. Per lei la vita di casa e della sua infanzia era felice. Non aveva nessun motivo apparente per pensare di essere indegna, il che aumentava il suo senso di colpa.
Annie andò al college per intraprendere la professione dei genitori. Poi si sposò con un compagno di scuola ed ebbe due figli. Fu quando divorziò che cominciò ad affrontare il fatto di credere di “non essere degna”.
Parla Annie:
“Non sono una persona speciale. Non sono cattiva, ma non c’è davvero nulla di speciale, unico o attraente in me. Non attiro le persone e quando mi trovo in un ampio gruppo durante una festa o evento sociale, non mi sento a mio agio. Sono terribilmente imbarazzata a stare da sola, ma ho paura di incontrare la gente.
“A meno che non abbia un contesto: sono la sorella di qualcuno, sono un’educatrice professionale, o sono una madre, non mi sento a mio agio. Il peso è un grosso problema per me, sento di non essere fisicamente attraente e non riesco a immaginare che un’altra persona voglia trascorrere del tempo con me. La mia esperienza è sempre stata che le mie relazioni più positive si sono fondate sul far fronte ai bisogni degli altri. Non sempre so come far fronte ai miei bisogni e quando lo faccio, o chiedo agli altri di farlo, mi sento tremendamente colpevole. Sono certa di non meritare di chiedere ciò di cui ho bisogno o persino di ottenerlo da me stessa.
“Nella mia vita personale non riesco ad avere una relazione positiva con me stessa o con gli altri. Tuttavia ho una buona relazione con le persone con cui lavoro, con i miei figli e mia sorella. Ma in quel caso ho un contesto. Non devo essere me stessa, posso essere la persona che sono per loro. Chi è la persona che io sono per me stessa? Ho paura di essermi abbandonata per far sì che gli altri mi amassero!”
La Credenza di Base di Annie:
“Non sono degna”
Parla la Bambina:
Questa bambina non vuole parlare.
L’Annie Adulta si assume la responsabilità:
Il Problema della Vita di Annie:
“Non posso avere relazioni felici.”
Domanda: Sai come hai creato il problema della tua vita?
Annie: Ho un dialogo interiore così negativo, che non riesco ad avere una relazione con me stessa. Non mi fido e non rispetto le mie sensazioni abbastanza da credere che i miei pensieri sono degni quanto quelli degli altri. Ho pensieri negativi anche riguardo agli altri.
A causa della mia negatività, non ho mai scelto di avere una relazione, ma ho sempre sentito di dover aspettare che qualcuno mi scegliesse. Quindi, do via il controllo di chi sono. Se non riesco neanche a scegliere con chi avere una relazione, come potrò fare in modo che ai miei bisogni sia fatto fronte ed essere veramente felice?
Domanda: In che modo hai accelerato il problema della tua vita?
Annie: Nel far iniziare una relazione, io sono la parte passiva. Mi abbandono a troppe attività passive, quali guardare la TV o leggere e non perseguo un rapporto con me stessa. Quindi vivo indirettamente attraverso libri, film, i miei bambini o mia sorella.”
Domanda: In che modo perpetui il problema della tua vita?
Annie: Ho paura di essere respinta, perciò mi tengo lontana dalla gente. Poi sono sempre sola, e quando sono sola sento che lo sono perchè non posso avere un rapporto felice.”
Domanda: In che modo hai permesso il problema della tua vita?
Annie: Non impegno il mio guerriero affinché combatta le mie paure e faccia il tifo per me. E dato che non lotto per me stessa, nessuno sa chi sono o di che cosa ho bisogno. Quindi, nessuno può farmi sentire di essere in un rapporto felice.”
Domanda: In che modo le tue credenze ti hanno protetto quando eri piccola?
Annie: Ero in mezzo a Wonder Girl e Super Figlio. Se non mi sentivo degna allora non avrei dovuto entrare in competizione con loro. Quindi, non potevo perdere. Se non partecipi al gioco, non perdi. La mia esperienza era che, quando veniva fuori il mio vero sé, mi aprivo troppo e diventavo troppo attiva, o decisa, allora non piacevo agli altri.
Quindi, credevo che nessuno avrebbe visto tutto di me. Dovevo controllare una parte di me perché se ero libera e aperta non sarei piaciuta alla gente. Dentro in profondità, credevo di non aver alcun valore e avevo paura di farlo sapere agli altri. Perciò mi trattenevo e diventavo passiva finché le persone presenti nella mia vita non mi dicevano quello che LORO volevano. Poi non mi sarei sentita indegna.”
Domanda: C’è un altro modo per proteggerti?
Annie: Posso lasciare che la mia bambina provi le sue vere emozioni con una persona che è affettuosa e sicura, come me. Posso lasciare che la bambina abbia i suoi sogni e i suoi desideri e io riesca a mantenere una sacra fiducia in lei. Non divulgherò i suoi segreti a nessuno fino a quando non saprò che gli altri mi saranno di supporto.”
Domanda: Annie, vorresti parlare con la tua bambina?
Annie: Sì, ma so che dovrò cercarla in modo energico. In realtà, quando vado dentro di me, vedo due bambine. Una ha circa tre anni. Sembra felice e aperta. L’altra bambina è più grande, forse ha 6 anni e indossa un morbido vestito fluente. Ha un aspetto più dolce e spesso nasconde il viso nelle ombre o nelle linee dei capelli, quando, guardando in basso, le ricadono davanti. Entrambe guardano avanti diritto, osservandomi dall’angolo degli occhi, ma occasionalmente la più giovane incontra il mio sguardo in modo diretto. La più grande si dondola inquieta sulle gambe. Nessuna delle due si fida di me, ma non vogliono neanche che me ne vada.
La bambina di tre anni sembra rappresentare quelle poche volte che sono stata spontanea e aperta. Sembra uscire quando sono arrabbiata o leggermente ubriaca. La maggior parte del tempo, tuttavia, sono più come la bambina più grande, timida e vulnerabile. Mostro al mondo e, di solito scelgo anche di esserlo, la bambina più grande perché è più sicuro. La bambina più piccola esce come esplosioni di fuoco. Ma quando il fumo si dirada, solitamente mi sento più a mio agio con l’approccio della bambina più grande.
Parlerò a quella di 6 anni, perché è lei che ha più bisogno di me. “Ciao. Io sono te diventata adulta.”
La Bambina non risponde.
Annie: So che ti ho spaventata e riesco a capire che vuoi che me ne vada, ma io voglio stare con te. Posso rimanere e parlarti?”
La Bambina non risponde.
Annie: Be’, è un buon segno che non te ne vai. Voglio conoscerti meglio. Voglio parlarti delle tue paure. Voglio toccarti e proteggerti. Posso restare con te?”
La Bambina non risponde.
Annie: Va bene lo stesso se non vuoi parlare. Parlerò io, se vuoi. Voglio che tu sappia, però, quanto sei speciale per me. So che hai paura di parlarmi, ma spero che presto ti fiderai di me. Niente di quello che mi dirai sarà brutto. Per me sarebbe una gioia sapere tutto di te, anche cose che ti fanno paura, arrabbiare o ti fanno male. Sento che hai molto da dire e molto da dare. Aspetterò finché non sarai pronta.”
La Bambina non risponde.
Annie: Non andrò via. Non ti lascerò. Non resterò in silenzio o ti farò sentire male a causa di quello che dici o fai. Più mi darai, più ti amerò. Il mio amore crescerà con il peso dei doni che mi farai. Tutte le tue idee, i tuoi pensieri, le tue sensazioni e azioni sono come boccate d’aria pulita. Le inspirerò e mi colmerò dell’amore che mi doni. Tutto ciò che mi doni è amore. Puoi farlo? Non deve avvenire tutto in una volta. Può giungere lentamente o velocemente. Dona quello puoi, perché io sarò sempre qui e riceverò tutto ciò che hai da dare con amore, apprezzamento e gratitudine. Ti voglio bene.”
La Bambina risponde:
Voglio fare quello che dici. Voglio fidarmi di te, ma non so se posso. Dici che mi amerai, ma io riesco a sentire quando non lo fai. Potresti anche non dire niente di brutto, ma io lo sentirò. Lo vedrò scritto sul tuo volto. Mi odierai, ti annoierai o sarai insoddisfatta. Non vorrei mai che tu mi odiassi.”
Annie: Capisco. Sei quello che hai sperimentato e hai sperimentato la delusione dell’odio degli altri. So che hai il diritto diffidare di me, ma non sono come gli altri. Non porto quello che gli altri portano. Sono te! Sono quello che puoi essere quando sei libera di aprirti alla tua verità. Vedi che hai realizzato una parte di te stessa molto piccola.
Riesco a vederne di più della tua luce. È nascosta, però, e hai dovuto proteggerla dal mondo. Questo è il motivo per cui sono qui. Voglio essere qui per te. Voglio vedere tutta la tua luce (la luce bianca e nera) e abbracciarla per le sue virtù. Perché è te, è preziosa. Posso aiutarti essendoti amica. Per favore condividi te stessa con me.
In cambio della protezione che ottieni credendo di non essere “degna”, posso offrirti la mia amicizia, così da poter avere un rapporto con te. Sei disposta a fare questo scambio?
La Bambina risponde:
Non lo so. Come posso fidarmi di te? Perchè dovrei fidarmi di te? Come posso andare contro tutto quello che ho imparato, contro tutte le mie credenze?
Annie: Di che cosa hai bisogno da parte mia, affinché tu ti possa fidare?
La Bambina risponde:
Ho bisogno di tempo e di prove. Ho bisogno di un cambiamento dell’esperienza e della tua pazienza. Se te ne do un po’, devo aspettare e vedere cosa succede. Poi, forse, te ne darò ancora un po’. Non lo so. Non voglio soltanto chiudere gli occhi e lanciarmi senza una rete. Forse non riesci a prendermi. Perciò dovrà essere una cosa lenta.
Annie: Ti darò tutto quello che chiedi.
Mentre pronuncio queste parole, vedo delle immagini di lei che mi mettono alla prova. Cade all’indietro e guarda per vedere se ci sono. Continua a cadere o saltare da alti scogli per vedere se la prenderò. Continuo a prenderla e lei continua a saltare. Non è convinta.
Cara bambina dentro di me, voglio che tu sappia che riconosco quanto tu sia coraggiosa ad assumerti certi rischi e quanto tu sia attenta nel prendere un impegno. Utilizzerò quelle tue parti nella mia vita adulta.
La bambina risponde con uno sguardo timido, ma si trattiene.
Annie: è un buon primo passo. La bambina è contenta che io sia qui e di condividere quello che ha passato – quello che anche io ho passato. Si sente meglio adesso che ho riconosciuto la sua forza e capacità di assumersi dei rischi. Mi domando se da parte mia vuole altro.”
La Bambina risponde:
Sì, voglio quello che hai promesso. Voglio attenzione, accettazione, supporto e amore incondizionato. Voglio che tu riconosca che per te io sono preziosa. Voglio TUTTO questo.
Annie: Sì, lo avrai. E, ancora meglio, avrai una nuova credenza di base. Questa credenza è: NON IMPORTA COSA, IO SONO SEMPRE PREZIOSA – PER ME STESSA E PER GLI ALTRI.
(Adesso Annie è felicemente sposata. Lei e suo marito hanno un rapporto intimo e comunicativo. Tra tutti e due hanno cinque bambini.)
Lilly
(Quando crediamo di dover ignorare la parte di noi che ci piace di più, NON ci sentiamo “bravi abbastanza”.)
Lilly è cresciuta in un piccola città di campagna. Era stata un “incidente” e per “averla” sua madre era andata via e voleva darla in adozione. Quando Lilly nacque, sua madre ritornò a casa e lasciò Lilly in un orfanotrofio. Nessuno l’aveva adottata. Poi sua nonna la portò a casa. La madre di Lilly sposò un uomo (che non era suo padre) affinché si occupasse di lei e della sua bambina. Purtroppo, Lilly aveva già trascorso i suoi primi pochi mesi vitali da sola e non amata.
La madre di Lilly non era felice e infranse molte regole di comportamento. La città osservava Lilly MOLTO attentamente, per vedere se sarebbe diventata come la madre. Lilly era la più grande di molti fratelli e sorelle. Suo padre era affettuoso e gentile con tutti loro, ma non era in grado di procurare molto denaro per la grande famiglia. Lilly si assunse molta della responsabilità dei fratelli più giovani, mentre era determinata a dimostrare alla città di essere “brava abbastanza”.
La Credenza di Base di Lilly:
“Non sono brava abbastanza.”
Parla Lilly:
“Devo sacrificarmi affinché gli altri possano avere ciò di cui hanno bisogno. Ero solita credere di essere indegna, ma adesso credo di essere degna, solo che non sono abbastanza brava da procurarmi ciò di cui ho bisogno. Sono cresciuta in una grande famiglia Battista del Sud a “Podunck”, in una parte rurale degli USA. Credere di avere la LUCE, era un “peccato” in quel posto.
Quando ero piccola ho sperimentato molte volte una grande luce bianca che veniva da me. Quando descrivevo queste esperienze ad altre persone, queste mi ridicolizzavano. Poco alla volta ho cominciato a temere i momenti in cui la luce bianca arrivava da me, perché questo mi faceva sentire troppo diversa. Quindi, quando la luce bianca arrivava, cominciai a tapparmi le orecchie e a chiudere gli occhi, così da non sentire il rumore forte o vedere la luce brillante.
Pensavo che se il rumore si fosse fermato e non vedevo la luce bianca, avrei potuto essere accettata da tutti. Un’altra parte di me, però, era arrabbiata per aver fermato la luce e io inveivo contro gli altri e me stessa. Il conflitto di queste due parti in me (la parte che aveva fermato la luce e la parte arrabbiata perché l’avevo fermata) generò una mia terza parte: quella “non sono brava abbastanza”. Poi la mia parte arrabbiata si è arrabbiata veramente e ha detto: “Non voglio essere brava abbastanza”.
La mia prima parte voleva soltanto che tutti quelli presenti nella testa si calmassero! “Non puoi avere tutto”, disse la voce. “Se inviti la luce bianca nella tua vita sarai diversa e nessuno ti vorrà.”
Tuttavia, quando escludevo la luce bianca mi arrabbiavo davvero MOLTO e neanche in questo caso nessuno mi voleva. Perciò, dovevo tener fuori la luce bianca e non dovevo permettermi di sentire quanto questa cosa mi facesse arrabbiare. Ho imparato che se accontentavo me stessa, scontentavo gli altri. Poi, certamente, credevo che se fossi stata “brava abbastanza” come prima cosa non avrei avuto quel conflitto.”
Il Problema della Vita di Lilly:
“Non posso avere quello che voglio.”
Perciò Lilly cercava così tanto l’accettazione e l’amore delle persone presenti nella sua vita, da essere disposta a sacrificare la parte più importante di se stessa per averli. Tuttavia, una volta sacrificata la sua parte più importante, non aveva potere a sufficienza per ottenere ciò che voleva.
Lilly parla alla sua bambina:
Lilly: Come ti senti a proposito della luce bianca? Non come si sentono gli altri, ma tu come ti senti?
La Bambina Risponde:
La luce bianca mi porta in viaggio. Ci sono bellissimi esseri d’amore a bordo e lì mi sento a mio agio e accettata. Mi sento intelligente e creativa nella luce bianca. Mi sento forte, bellissima e anche potente. Nella luce bianca sento di avere uno scopo per l’esistenza. Il mio scopo è la gioia e l’essere amica di tutto quello che è vita. È una tale sensazione di libertà e sicurezza.”
Lilly: Hai abbandonato lo scopo della tua vita, quando hai escluso la luce?
La Bambina Risponde:
Lentamente, ma l’ho fatto. Quando sono diventata più grande, mi stendevo tra le file del granoturco piantato nella nostra fattoria, e guardavo le nuvole. In quel modo riuscivo a provare le stesse sensazioni di quando mi trovavo nella luce bianca. Anche le creature della natura mi davano gioia. Dopo essere diventata adulta, però, ho smesso di trascorrere così tanto tempo nella natura. Mi sono sposata e ho sentito che dovevo sacrificare me stessa per rendere felice mio marito.
Lilly: Mia cara, sei consapevole del fatto che la luce bianca sceglie persone molto speciali che nel cuore hanno un grandissimo amore? Queste sono persone buone inclini a vivere una vita equilibrata. Non pensi, allora, che essere scelti dalla luce bianca è non solo un onore ma un segno di massimo rispetto?”
La Bambina non Risponde.
Lilly: So che hai rinunciato alla luce bianca perché pensavi di doverlo fare per essere “brava abbastanza “ per gli altri che ti avrebbero giudicato. Hai pensato che ti stavi proteggendo da altri abbandoni e critiche. Forse, però, era la luce bianca che ti confortava quando eri da sola nell’orfanotrofio. Forse hai ricordato la luce bianca più a lungo degli altri intorno a te, perché quando eri piccola era il tuo unico conforto.
La Bambina non Risponde.
Guarda il pavimento e gioca con il suo vestito.
Lilly fa avvicinare la bambina a lei e gentilmente volge il viso così può guardarla negli occhi.
Lilly: Cara, la luce bianca pensa che sei brava abbastanza?
La Bambina Risponde:
Nella luce bianca, non mi importa di quello che pensano gli altri.”
L’Adulto si assume la Responsabilità.
Parla l’Adulto:
Io ho CREATO il problema della mia vita che è quello di non ottenere ciò che voglio, perché non credevo di essere brava abbastanza da ottenerlo e di rendere anche gli altri felici. L’ho imparato da mia madre. Aveva dovuto sacrificare ciò che voleva per far felice mia nonna e me. Inoltre, a causa del mio precoce abbandono, avevo paura di avere ciò che volevo perché temevo di perderlo. Dopo essermi avvicinata a un uomo, mi tiravo indietro perché credevo di non essere “brava abbastanza”. Credevo di dover sacrificare me stessa affinché gli altri potessero ottenere quello di cui “loro” avevano bisogno.
Ho ACCELERATO il problema della mia vita, perché volevo un uomo che si prendesse cura di me finanziariamente. Credo che volevo così tanto perché mio padre non si occupava di mia madre finanziariamente. Poi però mi sentivo in colpa a volere una cosa simile, perché amavo moltissimo mio padre. Perciò, potevo avere un uomo che amavo – OPPURE – potevo avere un uomo che forniva denaro. Avrei dovuto sacrificare ancora qualcosa per ottenere ciò che volevo. Non meritavo di averli entrambi perché non ero brava abbastanza.
Ho PERPETUATO il problema scegliendo ripetutamente uomini che mi facevano sentire male riguardo a me stessa. Poi nella mia carriera mi sarei trattenuta per “renderlo felice”. Quindi non riuscivo ad avere successo o denaro a sufficienza nella mia carriera perché mi trattenevo. Sono diventata poi una disillusa. Dato che avevo sacrificato la luce bianca affinché “loro” non mi giudicassero, mi sentivo un fallimento. Poi sceglievo un uomo che era d’accordo con la mia opinione di me stessa.
Ho PERMESSO che questo processo proseguisse perché quando avevo rinunciato alla luce bianca avevo perso il mio potere e quindi non potevo cambiare la mia situazione.
La Bambina Risponde:
Stai dicendo che sono brava abbastanza da avere l’amore, la carriera e avere una vita spirituale creativa per me stessa?
Parla l’Adulto:
Sì. Puoi avere una relazione matura, ma prima dovrai amare chi sei e anche ciò che fai. Attrai la protezione della luce bianca. Poi non avrai bisogno della protezione del credere di “non essere brava abbastanza”. Quella credenza non ti ha mai protetta. La luce bianca ti aiuterà a ricordare il tuo potere. Poi potrai avere amore, denaro, una carriera e una vita spirituale. Di fatto, è la tua vita spirituale che cambierà la tua credenza di base. Ti piacerebbe scegliere un’altra credenza di base?
La Bambina Risponde:
Sì! Scelgo questa credenza: SONO BRAVA ABBASTANZA DA MERITARE LA LUCE BIANCA E TUTTO QUELLO CHE MI PORTA.
Lilly adesso è innamorata di un uomo della sua città natale da cui era scappata. Amandolo, sta imparando ad amare la parte di se stessa che credeva non fosse “brava abbastanza”.
Continua: "La Bella Risvegliata"
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Originale in inglese: http://www.multidimensions.com/Unconscious/uncon_thoughts_program.html
Tradotto da Susanna Angela per Stazione Celeste